Aveva vinto una borsa a Trento ma dopo 18 mesi di incomprensioni con il dipartimento ha deciso di rinunciare. E ha scelto la libertà di ricerca, con l’aiuto di Indiegogo
Andarsene, lasciare l’Italia, perché il progetto di dottorato per il quale hai vinto la borsa di studio non è quello che hanno in mente la direttrice del dipartimento in cui lavori né il tuo supervisor, che nel frattempo è suo marito. E allora tu non riesci a lavorarci più, a quel progetto, e non puoi far altro che scegliere: o cambiare progetto, o dimetterti, perdendo per sempre il diritto alla borsa di studio (in Italia, infatti, un ricercatore ha diritto ad una sola borsa di studio in tutta la vita). È quello che è successo a Mario Trifuoggi, 29enne napoletano che nel 2013 ha vinto un dottorato alla Scuola di scienze sociali di Trento presentando il suo “Le quattro giornate di Napoli – Reloaded”, un’inchiesta sugli spazi contesi tra Stato e criminalità mettendo al centro l’orgoglio e la capacità di reazione della città. Per realizzare questo progetto, Mario ha fatto un’application alla Goldsmiths University di Londra, dove è stato accettato ma senza borsa di studio e quindi ha deciso di avviare una campagna di crowdfunding su Indiegogo. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua storia.
Cominciamo dall’inizio: cosa è successo a Trento?
«Ho cominciato il dottorato a Trento nel 2013, dopo una laurea in scienze politiche nel 2011 alla Luiss di Roma e un master alla London School of Economics. Per entrare a Trento, oltre alla valutazione dei titoli, ho sostenuto un esame scritto e la presentazione del progetto di ricerca. Il mio, nel caso specifico, è stato anche avvalorato dalla pubblicazione scientifica su una rivista internazionale. Ma quello che è successo nei 18 mesi che sono rimasto a Trento è stato semplicemente scoraggiare la mia ricerca, che era basata su metodi qualitativi, come ad esempio l’etnografia. Invece sia la direttrice del dipartimento che il mio supervisor – che io non avevo scelto, ma che mi era stato assegnato – erano più orientati a uno studio e una ricerca con metodi quantitativi: argomenti nobili che a Trento trattano molto bene, ma per me è stato spiazzante perché mi aspettavo di curare i miei interessi. La situazione poi era complicata da due fattori: intanto, io ero un semplice ricercatore e quindi in posizione di debolezza rispetto ai miei superiori, quindi più che mediare non potevo fare, e poi il fatto che supervisor e direttrice fossero marito e moglie, il che significa che, anche oltre la loro volontà, questa cosa ha creato delle difficoltà. Soprattutto perché mi era negata la possibilità di relazionarmi ad altre persone del dipartimento, era difficile divincolarsi, e io ho avuto la peggio. Dovevo scegliere tra dimettermi, e perdere per sempre la borsa di studio, o realizzare questo progetto altrove».
E hai scelto di farlo a Londra. Il crowdfunding su Indiegogo è il modo per coprire le spese. Che obiettivo hai?
«Ho chiesto di raccogliere 22mila pound (cioè 30mila euro circa), che coprirebbero le tasse universitarie previste per i tre anni alla Goldsmiths University e poi due anni di studentato universitario – il più economico a cui potevo accedere – mentre ho escluso l’anno di lavoro sul campo che svolgerei a Napoli. Ho scelto però, per questo obiettivo, la formula di crowdfunding “raccolgo quello che raccolgo”, e finora la campagna sta andando bene (Mario ad oggi ha raccolto 1745 pound, e restano 40 giorni, nda). Durerà 60 giorni (dall’1 settembre al 31 ottobre) e la tempistica coincide con la necessità di pagare la prima tranche di tasse universitarie: 4mila pound. Nel frattempo, fortunatamente, ho molti amici che mi stanno ospitando e anche una famiglia che, seppur non navigando nell’oro, ha contribuito con una donazione al crowdfunding e mi sostiene moralmente moltissimo. Il fatto è che non hanno più risorse per sostenere i miei studi e il fatto che io abbia perso definitivamente la borsa di studio ha complicato enormemente le cose».
Non c’erano altre opzioni? Per esempio, i prestiti d’onore: come mai hai scelto proprio il crowdfunding?
«Ho cercato borse di studio che premiassero studi sulla mafia ma non ne ho trovate. Mi sono anche informato sui prestiti d’onore, ma non è un’opzione praticabile se vuoi studiare all’estero, senza contare che nel nostro paese sono davvero usati pochissimo. Ma essendo uno studente europeo non avevo accesso né alle borse di studio né ai prestiti d’onore. Il crowdfunding è stata l’ultima spiaggia, una soluzione maturata in circostanze di necessità. Ma è un mezzo che ha molte virtù, come ad esempio il concetto dell’azione collettiva che si sposa benissimo con il lavoro che faccio sulla mafia, che è un tema molto vicino alle persone: laddove le istituzioni e gli apparati non funzionano, i cittadini si attivano come è successo nel caso dei beni confiscati alle mafie. La campagna non serve solo a finanziare il mio progetto, ma è il modo di partecipare a due battaglie: una è quella di una conoscenza più approfondita del fenomeno mafioso e di come i cittadini lo combattono, mentre l’altra è un modo di usare l’azione collettiva per difendere l’autonomia di ricerca che nei miei confronti è stata forzata e inusuale. Infatti alle donazioni non hanno partecipato finora solo amici e parenti, ma anche tante altre persone che non mi conoscono: dai cittadini ai ricercatori precari, che vivono la mia stessa condizione. E chissà che il sistema del crowdfunding non diventi un modo per finanziarsi i progetti di ricerca quando non si ottiene la borsa di studio».