Alice Zantedeschi, laurea al Politecnico di Milano, ha ideato una membrana di marmo che può essere accostata a tutti i materiali per creare impermeabili e coprispalla
Alice Zantedeschi ha 26 anni, viene da Verona e si è laurata in design della moda al Politecnico di Milano. La sua è stata una tesi di laurea sperimentale che l’ha portata a creare una membra in marmo veneto, Veromarmo, – di colore rosa – che si può accoppiare a ogni tipo di tessuto, dalla lana all’organza. Da un anno Alice lavora per un brand di abbigliamento e accessori da uomo, e da qualche anno con un’amica ha fondato Fili Pari per la consulenza creativa, lo styling a l’allestimeto di fiere, negozi e eventi. Abbiamo intervistato Alice Zantedeschi.
Come è nata l’idea di una membrana fatta con il marmo?
«Veromarmo è nato come progetto di tesi di laurea magistrale. Volevo che il progetto fosse legato alla mia città di origine e soprattutto cercare un nuovo modo di comunicare questo territorio attraverso la moda. Dopo una analisi oggettiva e qualitativa della città, sotto aspetti vari come geografia, popolazione, stili di vita e sistema economico, mi sono accorta che gli elementi che caratterizzavano maggiormente la città erano Romeo e Giulietta, la lirica, il vino e il marmo. Quest’ultimo è il meno immediato quando si pensa alla città, e per questa ragione ho iniziato a percorrere proprio questa strada».
Quali sono i materiali su cui Veromarmo si adatta meglio?
«La membrana che si ottiene mescolando la polvere con il suo materiale di supporto ha la capacità di accoppiarsi direttamente al termine del ciclo produttivo con ogni tipo di tessuto. Nei miei prototipi – ne ho realizzati cinque – ho sperimentato diversi materiali come organza, lycra, neoprene e lana: mi piaceva l’idea di trasformare il concetto classico di marmo rigido e freddo verso qualcosa di leggero e caldo. La membrana, a prescindere dalla polvere, è impermeabile, traspirante e antivento e si presta benissimo proprio per capispalla e impermeabili. Nulla vieta di poter confezionare abiti, gonne, o altre tipologie di capi. La polvere riesce a donare alla membrana una particolare estetica: il colore naturale della tipologia di marmo che viene usata (nei miei prototipi Rosa del Garda) e una mano morbida e particolare a livello tattile».
Che costo avrebbe la tua membrana per una produzione di ampia scala?
«La vera variabile è la tipologia di tessuto che si decide di accoppiare. Il costo della membrana non è alto, la polvere di marmo incide di poco e vorrei portare avanti anche prove più ecosostenibili con la polvere di scarto. Sarebbe un ottimo modo per inserire nuovamente questo materiale in un ciclo produttivo differente, creando una più profonda sinergia tra i settori della moda e della pietra».
Quante prove hai fatto prima di ottenere il risultato che speravi?
«La strada per arrivare ad un risultato soddisfacente è stata lunga, ho fatto molta ricerca per capire la giusta tipologia di materiale di supporto abbinata alla corretta dimensione della pietra. Le primissime prove le ho fatte a casa, stendevo resine sui tavoli della cucina.. ho fatto divertire e impazzire le mie coinquiline! Lo sviluppo della tesi è stato un periodo lungo e intenso. Ero sempre tra Verona, Brescia e Milano, per non parlare di tutte le altre aziende che ho incontrato in fase di sperimentazione per riuscire ad arrivare al giusto risultato. Ho viaggiato per mesi con sacchi di polvere di marmo nel baule della macchina, i miei genitori e amici mi credevano pazza! Poi con il passare del tempo si sono appassionati tutti al progetto e mi hanno sempre supportato».
Con quanti e quali materiali diversi hai fatto esperimenti?
«Ho fatto esperimenti prima con resine epossidiche e poi con altre tipologie di mescole. Andare a bussare alla porta di aziende come Vagotex di Verona e Ferrari di Brescia mi ha permesso di trovare la giusta soluzione grazie ad uffici tecnici veramente molto competenti. È importantissimo che le aziende si aprano a nuovi progetti, hanno un bagaglio culturale e tecnico prezioso, io sono stata molto fortunata».
C’è uno/a stilista che consideri tua fonte di ispirazione?
«Il mio è uno stile molto pulito e minimal, dalle forme ampie e destrutturate, come per esempio molti stilisti giapponesi o Armani».
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi? Hai già ricevuto proposte di lavoro importanti?
«I prossimi obiettivi hanno ancora a che fare con la ricerca sul tessuto, per verificarne ulteriori possibili performance tecniche. Purtroppo il tessuto non è ancora commercializzabile. E in futuro spero di poter portare avanti un mio brand, anche se la strada è ancora lunga e so di avere ancora molta esperienza da fare».
In Italia secondo te c’è spazio per chi – come te – ha passione per la moda?
«Voglio credere di si. In Italia abbiamo molte risorse date dalle piccole medie imprese, specializzate in diversi settori. sarebbe un peccato non farne tesoro. So che la situazione per noi giovani ora è molto difficile, ma spero di poter continuare tutti i miei progetti qui, dove sono nata».