Abbiamo riassunto 4 cose da fare quando vengono pubblicati online, senza permesso, materiali che ci riguardano.
Tiziana Cantone, 31 anni, si è suicidata a causa di alcuni filmati a luci rosse che sono stati diffusi online senza il suo permesso. Parliamo, purtroppo, di una pratica sempre più diffusa e che coinvolge anche i più giovani. Pensate, per fare un altro esempio, alla 17enne di Rimini, violentata nel bagno di una discoteca, le cui immagini sono state diffuse via whatsapp da alcune sue coetanee. Eppure la legge stabilisce chiaramente come si possano pubblicare immagini e video soltanto quando chi vi è ritratto abbia dato il proprio consenso.
Cosa fare, dunque, quando questo non avviene? Qui abbiamo riassunto le prime 4 pratiche da seguire.
1) Entrare in contatto con i social network
È la prima cosa da fare. Il modo più veloce per cercare di rimuovere post, video o altro materiale indesiderato, soprattutto in caso di contenuti degradanti o umilianti. Alcuni di questi, come Facebook e Youtube, hanno preparato direttamente dei moduli online per la segnalazione e la rimozione. Un’ulteriore testimonianza di quanto questa pratica sia diffusa.
2) Blog o siti: rivolgersi alla Polizia Postale
Non sempre però questi materiali girano esclusivamente sui social. I video e le immagini incriminate possono diventare oggetto di articoli ed essere ospitati all’interno di realtà come i siti d’informazione o i blog personali. L’utente, in questo caso, dovrà rivolgersi, tramite denuncia, alla Polizia Postale o alla magistratura. E i tempi si accorciano: la rimozione d’urgenza avviene in un arco di tempo che va dalle 24 alle 48 ore.
3) Il (famoso) Garante della Privacy
Non sempre la rimozione avviene in maniera semplice. Può capitare, ad esempio, che i social network si rifiutino di togliere un post o un video. A quel punto la strada da percorrere è diversa: ci si può rivolgere, oltre che alla magistratura, al Garante per la Privacy perché faccia istanza contro le aziende con sede all’estero e ottenere, forzatamente, la rimozione.
4) Google e il diritto all’oblio
Ultimo capitolo: il famoso diritto all’oblio. Parliamo della famosa sentenza della Corte di giustizia europea che è divenuta realtà nel 2014: ogni utente può chiedere a Google, compilando un modulo online, di non apparire nell’indicizzazione del motore di ricerca di Mountain View. Diventare fantasmi, scomparire e non essere trovati da chi fa delle ricerche online. Un servizio che, per quanto riguarda l’Italia stenta a decollare, visto che Google ha accolto per ora solo il 30% delle 30mila richieste pervenute dal nostro Paese.