Stalking online, cyberbullismo, furto e sostituzione d’identità, “revenge porn”: sono sempre più frequenti in rete i comportamenti perseguibili dalla legge
Quello che diciamo e pubblichiamo su Internet e i social media è destinato a rimanere. Nonostante in molti paesi esistano delle leggi che obbligano i gestori di siti e social a cancellare post sconvenienti tutto quello che abbiamo condiviso in rete non è destinato all’oblio. E questo nonostante le leggi sulla privacy, quelle sull’hate speech o sul cyberbullismo.
Per questo motivo Sophos, azienda multinazionale che si occupa di sicurezza informatica, ha voluto ricordare sul blog aziendale tre cose da non fare mai in rete se non si vuole essere denunciati e subire le conseguenza legali della leggerezza di certi comportamenti.
1) Far finta di essere qualcun altro
Cercare di indovinare la password di qualcun altro, usare le sue foto o far finta di essere un’altra persona è un comportamento legalmente perseguibile.
Il furto di password è molto frequente: nonostante gli utenti o le aziende continuino spesso ad utilizzare password banali come “Password” o “12345” non è una buona scusa per entrare su questi account. Si rischiano anche accuse di spionaggio industriale.
Il furto d’identità è un comportamento grave anche se si fa per gioco. Il motivo principale sta nel fatto che dietro questo comportamento prospera l’ndustria criminale del phishing, una tecnica che punta a sottrarre i dati personali delle vittime con l’inganno, spesso spacciandosi per un conoscente che nelle email invita a cliccare documenti o siti in grado di installare dei virus nel proprio computer per condurre altre attività criminali.
Anche solo creare un account fasullo su Facebook è illegale. Per prima cosa si violano le condizioni di Facebook, ma usare una foto di un’altra persona, magari presa da Google o direttamente dal suo profilo, può essere considerato come una falsificazione della propria identità, furto di proprietà intellettuale e furto d’identità.
2) Cyberbullismo e trolling
Le parole, come i recenti fatti di cronaca confermano, fanno molto più male delle mani. Sono diversi i casi di ragazzi e ragazze indotti al suicidio da atti di stalking e bullismo online. In Italia il cyberbullismo è un fenomeno vasto. Nel 2014 il 52,7% dei ragazzi è stato preso di mira almeno una volta dai bulli. Le più colpite sono le ragazze.
Facebook ha attivato un modulo di segnalazione proprio per cercare di arginare le conseguenze, spesso tragiche, di questo fenomeno. Anche le istituzioni stanno agendo. Nelle scorse settimane è stata approvata alla Camera dei Deputati una legge piuttosto dura per perseguire i reati di cyberbullismo ma non è ancora stata esaminata dal Senato e quindi non è ancora una legge dello stato.
3) Revenge porn
È molto attuale anche la questione relativa al cosiddetto “Revenge porn”, ossia le immagini o video di nudi messe in rete senza il consenso della vittima, spesso per vendicarsi alla fine di una relazione o per screditare una persona dal punto di vista professionale. Si tratta di atti per cui le accuse possono essere molteplici, dal mancato rispetto delle leggi sul copyright all’accusa di molestie sessuali.
Oltre a perseguire chi pubblica online foto non autorizzate che ledono la dignità e la privacy dei soggetti coinvolti, anche le piattaforme che ospitano questi contenuti sono ritenute responsabili. É di questi giorni la decisione del tribunale di Napoli che ha censurato il comportamento di Facebook per non aver rimosso prontamente le immagini e i video hot di Tiziana Cantone, la trentunenne suicidatasi a causa della gogna mediatica a cui è stata sottoposta dopo la diffusione dei materiali erotici che la riguardavano.