L’azienda sudcoreana punta a diventare il principale fornitore di semiconduttori e servizi IoT. E intanto si compra Joyent, specializzata in servizi in cloud
Non ci sarà un’auto targata Samsung, come invece ci sarà di Apple o Google. Ma non vuol dire che la casa coreana non stia guardando all’automotive. Tutt’altro. Seguirà la propria strada: non appoggerà le quattro ruote sull’asfalto ma punta a diventare il principale fornitore di semiconduttori e servizi IoT in movimento.
La strada di Apple e Google
Apple e Google vogliono mettere un’auto su strada. Mountain View, già da tempo, sta sperimentando i suoi veicoli a guida autonoma. Lo scorso maggio ha chiuso un accordo con Fca per realizzare 100 minivan Chrysler Pacifica equipaggiati con la propria tecnologia di guida autonoma. Non è un’esclusiva: l’ad di Fca Sergio Marchionne ci ha tenuto a precisarlo per tenere la mani libere, magari guardando ad Apple.
La Mela ha cercato di tenere riservato il più a lungo possibile il progetto Titan, una divisione dedicata all’auto connessa, ma di segreto non c’è più nulla. Lo ha confermato anche Elon Musk, il ceo di Tesla, indicando il 2020 come data del lancio. Non ci sono ancora foto o prove su strada. Ma non è possibile ignorare l’arrivo di Chris Porritt, uno dei veterani di Tesla, per sostituire l’ex capo di Titan Steve Zadesky. E neppure la conferma che Apple starebbe cercando in Silicon Valley un’area di 75 mila metri quadri che servirà per nuove produzioni.
La scelta di Samsung
Samsung non guarda a questo mercato. I concorrenti non saranno Tesla, Google e Apple ma, più che altro, LG o Panasonic. Lo scorso dicembre, ha ufficializzato il varo di una divisione dedicato alle auto connesse e a guida autonoma. Niente a che vedere, però, con Titan. La casa sud-coreana non mira al pacchetto completo ma alla componentistica.
Per Apple e Samsung l’automotive rappresenta un’opportunità per differenziare il business e affrancarsi da un mercato che si annuncia stagnante come quello del mobile. Apple ha già pagato lo scotto nell’ultimo trimestre: gli iPhone hanno deluso e il fatturato della Mela è calato per la prima volta dopo 13 anni. Samsung sta incassando i buoni risultati degli ultimi Galaxy, ma dovrà fare i conti con le vendite di smartphone e con la concorrenza (di Xiaomi su tutti). Ha, però, una carta in più da giocare, quella dei semiconduttori.
Basta guardare i conti del primo trimestre 2016. Il mobile resta la principale voce del fatturato, con 27,60 trilioni di won e un risultato operativo di 3,89 trilioni. I semiconduttori hanno generato 11,15 trilioni di fatturato (cui si aggiungono i 6,04 milioni dalla divisione display) e 2,63 trilioni di won di risultato operativo. Il mobile pesa quindi per il 55,4% del fatturato e per il 58,2% del risultato operativo. I semiconduttori valgono il 22,4% del fatturato ma il 39,4% del risultato operativo. Tradotto: vendono (per ora) meno degli smartphone ma hanno una redditività maggiore. Un dato che si sposa con una stima di Gartner: il marcato dei semiconduttori nell’automotive varrà 32,7 miliardi di dollari nel 2016, 1,5 dei quali deriva dalle memorie, presidio principe di Samsung.
Le mosse per salire a bordo
Il 15 giugno Samsung ha acquisito Joyent. La società, con base a San Francisco, è specializzata nei servizi in cloud e colma una storica lacuna del gruppo coreano. Tornerà utile in tutti i comparti, ma indica una grande attenzione all’IoT, dalla smart home alle auto connesse. Sempre nell’ottica di offrire componenti e servizi a partner specializzati.
Lo scorso febbraio, Samsung si è presentato al Mobile World Congress di Barcellona. La presentazione dei Galaxy S7 ha rubato la scena a un’altra novità: Connect Auto, una sorta di chiavetta che si collega alla vettura e la rende più intelligente. Ne registra i dati, monitora il suo stato di salute, offre una connessione wi-fi in viaggio e la propria posizione via gps. È stato uno dei primi risultati di quella unità dedicata al settore automobilistico che Samsung ha inaugurato lo scorso dicembre.
L’attenzione per il settore non è certo nata alla fine del 2015. Già nel 2009, Samsung e Magneti Marelli avevano siglato un accordo “di cooperazione per lo sviluppo di nuove generazioni di prodotti basati sui display, rivolti al settore dell’automotive nell’ambito dei quadri di bordo, dei dispositivi per la navigazione e l’infomobilità”.
Pochi giorni fa alcune indiscrezioni riportate da Reuters hanno avvicinato Samsung a Tesla: il gruppo coreano sarebbe stato in trattative per fornire batterie all’attesa Model 3. Il ceo di Tesla Elon Musk ha smentito via Twitter, confermando però che Samsung potrebbe diventare fornitore di Tesla Energy (la divisione che si occupa dello stoccaggio), lasciando a Panasonic il posto a bordo. Per ora.
Il principe ereditario e la campagna d’Europa
La rete di accordi è stata spinta anche da una campagna con un protagonista illustre. A maggio, ha fatto un giro in Europa per incontrare partner automobilistici (attuali e potenziali) Lee Jae Yong, vice presidente di Samsung e figlio del grande capo, Lee Kun-hee. Il suo tour è partito dalla casa con la quale ha rapporti più diretti, Fca (che vuol dire Fiat, Alfa Romeo, Maserati, Lancia, Jeep, Chrysler, Dodge). Perché Lee Jae Yong siede, dal 2012, nel consiglio di amministrazione di Exor, la holding di casa Agnelli (della quale John Elkann è presidente e Sergio Marchionne vice) che detiene il 30% di Fiat Chrysler Automobiles.
È stato poi il turno di summit con Audi e Bmw. Con la prima, Samsung ha già chiuso un accordo, lo scorso novembre. Il presidente della divisione semiconduttori, Kinam Kim, era volato a Francoforte per siglare la fornitura delle auto tedesche. “È entusiasmante – ha affermato al momento della firma Kim – offrire i nostri prodotti per abbracciare la rapida crescita nell’industria automobilistica. Grazie a questa partnership Samsung porterà benefici e una migliore user experience al mercato globale”. Con Bmw ci sarebbe in ballo un altro accordo, per sviluppare tecnologie per auto intelligenti e a guida autonoma.
Le sante alleanze tra auto e tecnologia
Il mercato è giovane, liquido. E tessere la propria rete è fondamentale. Sono nate in questi anni alcune associazioni, promosse da tech company, case automobilistiche e fornitori di componenti. Con molte intersezioni e tre poli: Samsung (e Microsoft), Google ed Apple.
Da una parte c’è il Car Connectivity Consortium. L’organizzazione è nata per sviluppare MirrorLink, uno standard globale pensato per far dialogare le auto (di qualsiasi marca) con gli smartphone (di qualsiasi marca). Samsung siede nel consiglio di amministrazione, assieme a Hyundai, Toyota, Honda, Psa (Peugeot Citroen), Volkswagen, Nokia, General Motors, Htc, Alpine, Daimpler, LG e Panasonic. Nella lista dei soci c’è Microsoft ma non Google. Nessuna sorpresa: Big G ha optato per la sua associazione, la Open Automotive Alliance. Attiva dal 2015, mira a integrare Android nelle auto. Al contrario del Car Connectivity Consortium, che punta su uno standard condiviso, Google vuole che un suo prodotto diventi lo standard. L’elenco dei membri è corposo, ma non c’è Samsung.
Apple è fuori da entrambe le organizzazioni. Anche qui, nessuna sorpresa: la Mela ha il suo protocollo, CarPlay, e non può certo collaborare allo sviluppo dei concorrenti (Android e MirrorLink).
Automotive tra conflitti e collaborazione
Arriveranno prime le auto capaci di essere (anche) smartphone o gli smartphone con le ruote? La domanda non è poi così paradossale. Il tasso di tecnologia richiesto nelle vetture del futuro (prossimo), tra connettività, sicurezza e alimentazione elettrica, è tale da rivoluzionare il mercato.
Apple e Google sono convinte che le tech company possano fornire un pacchetto completo in grado di sfidare le case automobilistiche tradizionali. Anche queste ultime, però, tra accordi e soluzioni interne, si stanno muovendo. Senza dimenticare i mercati emergenti e Tesla (una nativa automobilistica di nuova generazione).
Il cambiamento è certo. Ma in un mercato dalle alleanze mobili, non è ancora chiaro se i nuovi arrivati avranno la forza di competere su larga scala o se prevarrà la collaborazione con le case automobilistiche. Samsung ha scelto, da subito, questa seconda opzione. Una strategia forse meno suggestiva rispetto a un’auto fatta e finita ma, in potenza, non meno proficua.
Paolo Fiore
@paolofiore