Robot rigidi, duri e metallici. Il futuro non sarà questo. Grazie alla stampa 3D avremo degli umanoidi sempre più simili anche a noi e in grado di possedere un corpo flessibile e morbido. Tutto accorciando i tempi di produzione e abbattendo i costi dei materiali.
Grazie ad un progetto finanziato dalla National Science Foundation ricercatori di università americane, giapponesi e coreane sono al lavoro per sviluppare muscoli artificiali stampati in 3D. Tessuti sintetici e flessibili da utilizzare per creare componenti robotiche “morbide”, i cosiddetti soft robot.
Avete presente il film di Tim Burton “Edward mani di forbice”? Il protagonista è un essere umano artificiale creato da un inventore, che prima di morire non fa in tempo a completarlo lasciandogli delle forbici acuminate al posto delle mani. Nonostante la diffidenza di tutti nei suoi confronti, Edward riesce a conquistarsi degli amici, ma rischia di far loro del male anche nelle situazioni più spensierate per colpa delle sue lame.
I nuovi robot, più morbidi e flessibili
I robot attuali, magari meno pericolosi, condividono con Edward un difetto non indifferente: sono rigidi. Il loro corpo metallico è duro, mani e braccia sono spesso pinze incapaci di adattarsi alle superfici. Il nostro essere morbidi e flessibili è un dettaglio dato per scontato ma essenziale alla vita come siamo abituati a conoscerla. Maneggiamo strumenti di varia natura usando mani adattabili nella forma. Riusciamo a scalare una montagna perché ci aggrappiamo aderendo alle irregolarità della roccia. Corriamo e saltiamo con agilità perché nel nostro corpo muscoli e tendini cambiano in base ai movimenti. Per quanto definita, la nostra anatomia è dinamica.
La natura ha scelto la flessibilità e la morbidezza come presupposto per l’adattamento.
I robot soffrono ancora dei limiti imposti dalla fabbrica madre, chiusi in una forma geometrica che esplora il mondo secondo regole matematiche e che non conosce la saggezza di una carezza, con cui riusciamo a carpire e comunicare una miriade di informazioni. Ecco perché Kwang Kim, professore dell’Università del Nevada (Las Vegas), ha deciso di lanciare un progetto che faciliti la realizzazione di soft robot di nuova generazione.
Il contributo della Stampa 3D
Le ricerche in questo campo sono attive da anni ma il limite principale sono le modalità di manifattura dei componenti morbidi. Secondo Kim, la stampa 3D potrebbe cambiare le carte in tavola, accorciando i tempi e riducendo le spese ma soprattutto aprendo nuove possibilità di sperimentazione per forma e materiali.
Kim e il suo team sono andati alla ricerca di un materiale abbastanza resistente e al contempo elastico, proprio come una fibra muscolare, in grado di essere controllato con l’elettricità. Lo studio si è focalizzato su alcuni polimeri elettroattivi, materiali compositi derivati dal mix tra metalli e polimeri ionici sintetici (detti IPMC). Strutturalmente il polimero, come il Nafion o il Flemion, viene ricoperto da metalli quali il platino o l’oro. La presenza della componente metallica permette di collegare la struttura al sistema robotico e di controllarne la forma sottoponendola a voltaggio elettrico, ma anche di captare impulsi dall’esterno usandolo come sistema sensoriale.
In quanto polimero, invece, si presta benissimo a essere stampato in 3D, permettendo di progettare forme precise e adatte alle più svariate esigenze.
Il futuro (molto) prossimo
Cosa ci potremo fare con materiali simili? Sicuramente robot più versatili, in grado di muoversi con maggiore disinvoltura in ambienti altamente variabili. Basti pensare ad applicazioni in caso di catastrofi o emergenze che prevedono terreni disastrati. Ma potremo realizzare anche protesi più verosimili e naturali, impianti medicali che accompagnano il nostro corpo invece che invaderlo con la loro innaturale rigidità. Il futuro della robotica sarà soft e la stampa 3D svolgerà probabilmente un ruolo chiave in questa evoluzione.