Una mostra in programma al Colosseo dal 7 ottobre con le opere ricostruite in digitale: Francesco Rutelli presenta Rinascere dalle distruzioni
E’ passato quasi un anno dalla presentazione del progetto. All’Università La Sapienza di Roma erano i giorni della Maker Faire 2015. Il 18 ottobre per l’esattezza e Francesco Rutelli, presidente dell’Associazione Incontro di Civiltà, disse in quell’occasione: «Utilizzeremo la stampa 3D per ridare al popolo siriano i tesori archeologici distrutti dalla follia criminale dell’ISIS». Si partirà dalle immagini e dagli studi fatti dalla comunità scientifica. QUI il racconto della giornata.
Si costruiranno file in 3D da inviare alle stampanti che ricreeranno esattamente quello che è stato distrutto. Saranno copie. Dei falsi. Ma ridaranno la percezione e la sensazione di quello che significavano quei capolavori. Si disse. Dopo quasi un anno, il progetto è diventato reale, concreto. Tre le opere ricostruite: il toro androcefalo alato, l’archivio di Stato di Ebla, il soffitto del Tempio di Bel a Palmira, in Siria. Tre opere che non esistono più o che sono gravemente danneggiate, ricostruite da tre aziende italiane di Ravenna, Roma e Firenze: sono la Ditta Nicola Savioli, Arte Idea e Tryeco 2.0.
Test tecnico scientifico
Le opere saranno protagoniste di Rinascere dalle distruzioni, mostra in allestimento al Colosseo, dal 7 ottobre all’11 dicembre (il 6 l’inaugurazione alla presenza del presidente della Repubblica). Nell’organizzazione della mostra, oltre a Francesco Rutelli e all’Associazione Incontro di Civiltà, anche il Comitato Scientifico presieduto dall’archeologo Paolo Matthiae (che ha portato alla luce la civiltà di Ebla) e la Fondazione Terzo Pilastro. «È una mostra “di comunicazione”, un test tecnico scientifico – spiega Rutelli – vogliamo dire che non ci rassegniamo alla furia iconoclasta e che i distruttori prevalgano». Un progetto che guarda soprattutto al futuro «quando ci saranno le condizioni il lavoro di restauro sul posto non partirà da zero».
Stampa in 3D e materiale plastico in polvere di pietra
A entrare nel dettaglio della ricostruzione delle opere Frances Pinnok, docente alla Sapienza di Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico, che insieme a Cristina Acidini, storica dell’arte e scrittrice italiana, ha curato i dettagli della “rinascita” delle opere e il lavoro delle aziende. «Abbiamo scelto tre procedure diverse – ha spiegato Pinnok – in cui la stampa 3D è un elemento intermedio. Il primo elemento è stato un accurato studio scientifico. Abbiamo fornito a tutti e tre i laboratori piante, disegni, fotografie. Dopo questa prima ricostruzione si è proceduto all’elaborazione del modello 3D».
Passare da una miniatura alla stampa in dimensioni reali è stato complesso. «Le dimensioni contano – sottolinea Pinnok – e la precisione deve essere massima. Per capirsi, bisogna elaborare il modello 3D con un misura immane di punti». La base delle opere è in plastica, in polistirolo. «Per il luogo in cui vengono esposte, per ragioni legate ai costi. Mentre la base stampata in 3D viene anche ricoperta con materiale plastico mescolato a polvere di pietra».
I tecnici «sono andati a cercare le pietre più simili possibili a quelle originarie. Come l’arenaria di Palmira e il marmo di Nimrud. Il risultato? La copertura, come l’anticatura, è estremamente realistica. A toccarla sembra pietra». Diversa la tecnica per quanto riguarda l’Archivio di Ebla «dove bisognava riprodurre mattoni crudi e nessuna stampante 3D poteva riprodurre lo sbriciolamento dei mattoni. In quel caso è stato necessario lavoro manuale».
Il Toro di Nimrud e le altre opere
Della ricostruzione del toro di Nimrud si è occupata la Ditta Nicola Salvioli. Nicola Salvioli si è specializzato alla Scuola di Alta Formazione dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze. Arte Idea è l’azienda che lavora a Roma e che ha preso in cura la ricostruzione dell’Archivio di Ebla.
Arte Idea è specializzata nella progettazione e realizzazione di elementi decorativi in gesso e vetroresina. Ha sede a Ravenna invece Tryeco 2.0, la società che si è occupata della ricostruzione del soffitto del Tempio di Bel.Tryeco 2.0 ama definirsi una creativemaker farm che unisce tradizione artigianale a nuove tecnologie.