Pubblichiamo un intervento di Giovanni De Caro, investitore e consulente della finanziaria regionale abruzzese Fira, che risponde alle polemiche di questi giorni sui soldi pubblici investiti nelle startup. Con i numeri
Start Up Start Hope è un fondo di rotazione a valere sul POR FESR 2007-2013. Questo è l’incipit della pagina “Che cos’è” del sito di Start Hope, il fondo di seed capital gestito da FiRA – Finanziaria Regionale Abruzzese, una società posseduta al 51% dalla regione Abruzzo e al 49% da un pool di banche.
Le startup in cui Fira ha investito oltre 14 milioni in 15 mesi
Il fondo ha realizzato ventidue investimenti per quasi quattordici milioni in quindici mesi, il primo ad aprile 2014, l’ultimo a luglio 2015. Le startup in cui Start Hope ha investito sono per lo più piattaforme web, dalle app all’e-commerce, perché sono quelle che “scalano” più velocemente, come Foodscovery, Piscor, Apptripper, Cyber Dyne, AD2014 e SkipassGo. Ma dentro il fondo c’è anche una forte componente “industrial”, con Quick, un’eccellenza mondiale nel mercato delle mini-moto di alta gamma, Parsek Lab, un gioiello dell’elettronica, gemmata da Mark Bass, leader mondiale nella produzione di amplificatori per basso di alta gamma, Eatness, tutta abruzzese, spinoff nel nutraceutico del leader regionale nella produzione di olio extravergine di qualità, e Sun City, leader nelle tecnologie per il fotovoltaico, fondata da un gruppo di manager con un curriculum lungo quanto un lenzuolo, con una crescita a doppia cifra che non accenna a rallentare.
Start Hope ha investito anche in Oncoxx, che ha sviluppato e brevettato due anticorpi monoclonali per la terapia dei tumori solidi e che, grazie all’investimento di Fira, ha quasi completato la fase pre-clinica.
Molti di questi investimenti seguono o accompagnano quelli realizzati nelle stesse startup da parte di alcuni fra i principali fondi italiani e da investitori privati, italiani e stranieri, con Start Hope in molti casi nel ruolo di lead investor. E’ il caso di Goal Shouter, AD2014, Milky Way, Madai, Mangatar e TiAssisto24. Mentre Qube-Os e Apptripper hanno stretto accordi con colossi come Telecom Italia, Cisco e Samsung.
Il mio back ground e il senso degli investimenti di Start Hope
Io vengo da uno dei più blasonati fondi italiani, con un team e un track record da Silicon Valley, ma che, come spesso succede, ha visto fallire le più deboli del portafoglio prima di cominciare a guadagnare con le più forti. Invece ancora nessuna delle startup in cui Start Hope ha investito è fallita; succederà inevitabilmente, parliamo di seed capital, rischio alle stelle, ma intanto una partecipata di Start Hope ha chiuso un secondo round a un prezzo pari al doppio di quello pagato da Start Hope solo un anno fa. L’operazione è ancora top secret perché uno dei nuovi investitori è una società quotata.
Non sembrare un centro di spesa si soldi pubblici
Dopo aver chiuso la ventiduesima operazione di Start Hope, FiRA ha aperto FiRA Station, un incubatore o spazio di co-working, come vi piace chiamarlo, all’interno della stazione di Pescara, mettendo le startup dove prima c’erano solo barboni e incuria. Nell’incubatore sono venuti manager, investitori e imprenditori a incontrare le startup e sono nate partnership importanti. Quasi tutti ci dicono la stessa cosa: “non sembrate un centro di spesa di soldi pubblici”. Perché? Mi chiedo, i soldi pubblici si devono per forza spendere male?
Dove ha preso i soldi Fira per finanziare le startup
FiRA ha utilizzato una manciata di euro di fondi comunitari per la ristrutturazione e l’allestimento dei 400 m2, ma non beneficia di contributi per il pagamento delle spese di gestione, che non sono poche e sono interamente a carico delle startup incubate.
Dopo l’apertura di FiRA Station, la Regione ha deciso di rifinanziare Start Hope con altri sei milioni e qui è successo l’incredibile: sono arrivate in due mesi centoquaranta application per totali settanta milioni, quasi dodici volte i fondi disponibili. Praticamente tutte le migliori operazioni che FiRA sta selezionando fra queste centoquaranta sono co-finanziate da business angels e fondi di seed e venture capital, anche fondi stranieri, quasi sempre con FiRA nel ruolo di lead investor.
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Cosa è successo ad un polo dell’innovazione italiana
Si tratta di investimenti ad alto rischio, con un tasso di successo statisticamente pari in media al 10% secondo Forbes, ma in Abruzzo ci sono tutte le premesse per fare meglio.
FiRA ha espresso un membro nel CdA della maggior parte delle partecipate, esattamente come fanno tutti i fondi che operano da lead investor, per assicurare il rispetto dei patti parasociali e il controllo sull’utilizzo dei fondi. FiRA ha imposto a tutte le partecipate un sistema di reportistica periodica che informi i soci dell’andamento della società e degli eventuali scostamenti rispetto al budget.
In questo post mi sono sforzato di raccontare fatti, non opinioni
Tutto questo FiRA lo ha fatto ottenendo dalla regione una remunerazione inferiore di un ordine di grandezza a quella mediamente incassata dalle SGR private e senza che al team fosse possibile riconoscere il cosiddetto “carried interest”, una sorta di superbonus parametrato al rendimento degli investimenti, sempre riconosciuto ai gestori di fondi privati.
Questi sono fatti, non opinioni. Ricapitolando:
- Ventidue investimenti per quasi quattordici milioni in quindici mesi; nessuno lo dice, ma fra il 2014 e il 2015 FiRA è stato il maggior investitore italiano in operazioni di seed capital.
- Forte e crescente presenza di coinvestitori privati, con FiRA quasi sempre nel ruolo di lead investor.
- Prime affermazioni delle partecipate di Start Hope, attraverso partnership industriali e nuovi round di investimento.
- Apertura di un incubatore dentro la stazione dove le startup pagano e pure tanto, perché non abbiamo sponsor.
- Sei milioni di rifinanziamento contro settanta milioni di richieste: pare che le startup si siano passate la voce e che né loro, né i tanti coinvestitori che stiamo coinvolgendo siano spaventati più di tanto dalla provenienza pubblica di quei soldi.
- Un modello di governance e di monitoraggio del portafoglio partecipazioni da fare invidia ai migliori fondi privati.
- Citata a pag. 7 del White Paper di Digital Magics per le startup presentato al Governo, come “esempio recente che ha ottenuto risultati non comuni”.
- Tutto questo fatto con un costo a carico del contribuente di cui nessun gestore privato si sarebbe mai accontentato.
Ciò detto, in Abruzzo c’è un giornalista male informato o spinto da un patologico impulso diffamante il quale da qualche tempo non perde occasione per insultare Start Hope e le sue partecipate, FiRA e il suo management. Ma questo ci sta: FiRA è una società di diritto privato che in Abruzzo sta portando la rivoluzione, è controllata dalla regione che ne esprime il management, ma con un meccanismo di governance che la rende immune da pressioni politiche, grazie al filtro di una commissione di valutazione formata da professionisti indipendenti, in parte esperti di settore e in parte espressione delle banche socie; è inevitabile che ci sia qualche nemico che usa il web in modo poco trasparente, probabilmente sobillato da altri che hanno provato a fare pressione senza ottenere nulla.
In questo post mi sono sforzato di raccontare fatti, non opinioni.
Giovanni De Caro
(Nota della redazione. L’autore è consulente di Fira)