Zernike Meta Ventures racconta il suo 2015 con un buon numero di investimenti, qui il loro report
Tempo di bilancio anche a casa di Zernike Meta Ventures che chiude l’anno con un numero d’investimenti consistente: solo in Italia cinque nuovi imprese finanziate e due “follow-on” nelle imprese biotecnologiche del portafoglio emiliano-romagnolo.
L’attività d’investimento della joint venture italo olandese è stata frenetica, non solo in vista della scadenza dei periodo d’investimento dei fondi in gestione, ma anche per un rinnovato e crescente interesse degli investitori privati nelle imprese early stage, con particolare riferimento a quelle innovative.
«Le startup, ma non solo quelle più innovative, rappresentano in Italia una grande ricchezza (il terzo trimestre del 2015 segna un +10,8% rispetto alla fine di giugno, di cui più del 3% di startup iscritte sono innovative), non solo dal punto di vista del valore tecnologico che esse possiedono, ma anche in virtù della capacità di generare utili, contribuendo in maniera decisiva alla crescita del Paese. Tale contributo è per Zernike Meta Ventures» dichiara Francesca Natali CEO dell’azienda «particolarmente significativo perché, quando decidiamo d’investire, valutiamo non solo la reddittività prospettica dell’investimento, ma anche l’impatto sociale ed economico che quell’impresa è in grado di generare nel territorio in cui vive ed opera».
Fino a poco tempo fa ci si chiedeva se l’Europa sarebbe mai riuscita a dare vita a un numero significativo di nuove imprese, se sarebbe riuscita a produrre abbastanza laureati qualificati, se sarebbe stata in grado di superare le sue barriere culturali e muovere l’economia mondiale. Oggi sembra che si possa rispondere di sì. Anche nell’hi-tech, e non solo, l’Europa sa tener testa alle grandi potenze mondiali, con un numero sempre crescente (se ne contano almeno 5000) di Business Angel che si assumono i rischi dell’investimento, a volte individualmente, ma più spesso in partnership con altri investitori. Questi signori, insieme ai fondi specializzati nella finanza di “semina”, sono una risorsa fondamentale per l’intera filiera del venture capital perché contribuiscono a creare quel bacino da cui, più tardi, gli operatori del private equity andranno a pescare le opportunità più promettenti e ambite.
Sebbene l’ecosistema italiano sia più indietro rispetto a quello di altri paesi europei come la Spagna e la Francia, sia per quantità di capitali raccolti ed investiti che per numero di nuove imprese create, la percezione è che il nostro Paese possa tornare ad essere motore e leva della crescita del Vecchio Continente, soprattutto se torna ad investire sul talento che proviene dai settori da sempre poli di eccellenza della tradizione italica. Per questo, lo spazio e gli strumenti che si possono mettere a disposizione dell’ecosistema imprenditoriale italiano ed europeo per sostenere tale processo, sono ancora molti.
«I nostri investimenti più promettenti provengono dai settori d’eccellenza delle economie regionali: il biomedicale ed i materiali ceramici in Emilia Romagna ma anche il food e l’agrofood, da cui registriamo provenire le opportunità d’investimento più interessanti”, racconta Francesca Natali. «Questi investimenti sono stati possibili grazie ad un mix di finanza pubblico-privata che ha riconosciuto e premiato iniziative imprenditoriali anche in settori tradizionali in cui la capacità d’innovare dell’imprenditore ha giocato un ruolo determinate. Secondo me – continua Francesca – la nuova rivoluzione hi-tech passerà anche dall’agricoltura sostenibile. Se visitate il sito della Savage River Farms, una startup del Maryland, vedrete una forchetta che infila un boccone di pollo alla griglia: “vi aiuteremo a ridurre i vostri consumi di carne senza rinunciare al sapore e alla consistenza della vera carne”, recita la réclame. Perché sembra pollo, è in realtà soia: c’è il gusto, ci sono solo proteine, ma i consumi di acqua per produrlo sono una frazione: non c’è da far crescere il cibo per far crescere le galline. In questo stesso ambito sta muovendo i primi passi Joy, una nuova azienda, in cui abbiamo da poco investito, insieme ad un partner industriale umbro. Joy punta alla produzione di un prodotto innovativo per il mercato vegetariano con l’obiettivo di non far rimpiangere ai suoi consumatori il sapore della bistecca. Tutto questo è possibile grazie alla produzione di un analogo della carne a base esclusivamente vegetale che, a differenza delle carni di soia attualmente prodotte, ha lo stesso gusto e presenta la stessa fibra (il “mordito”) proprio della carne. Dunque un po’ più di soia e meno polli (ma soprattutto meno ruminanti): potrebbe essere davvero una bella idea, non solo sostenibile da un punto di vista sociale ed ambientale ma anche in grado di generare valore per gli investitori, in un mercato che, essendo ancora molto tradizionale, presenta spazi assai ampi per innovare.
In questa stessa direzione va anche l’ultimo investimento, in senso temporale, di ZMV: Taste Italy, startup Modenese con uno stabilimento nel Bolognese. Taste produce e distribuisce con un proprio marchio, GustaMente, un ampio assortimento di alimenti dietetici “gluten free”, secondo le classiche ricette della tradizione emiliano-romagnola, reinterpretate in chiave salutistica. Taste nasce dall’idea di valorizzare lo straordinario patrimonio culinario Italiano rispondendo alle nuove esigenze del mercato. L’Emilia-Romagna, unica per la sua storia, cultura, materie prime, sapere, distretti industriali, capacità imprenditoriali e maestranze competenti, non poteva non adeguarsi ai cambiamenti in atto. A 113 anni dallo “sbarco” del Tortellino in America, avvenuto con la presentazione del prodotto di un’azienda Bolognese all’Esposizione Universale di San Francisco, inizia l’avventura industriale di Taste. Attenta a valori come la sostenibilità ambientale, l’azienda ha deciso di recuperare uno storico pastifico dedicato alla produzione di pasta ripiena che era destinato alla chiusura. Dopo un faticoso percorso di ristrutturazione, lo stabilimento è stato riconvertito totalmente ad una produzione senza glutine. Gli investimenti in ricerca ed innovazione hanno fatto il resto, ovvero anno permesso di mettere a punto il primo tortellino industriale al mondo, a temperatura ambiente, senza glutine.
E per finire non posso non ricordare l’investimento in Greenbone, startup medicale che ha ricevuto quest’anno un finanziamento da 3 milioni di euro da Zernike Meta Ventures, Italian Angels for Growth ed alcuni investitori privati, italiani e stranieri».
GreenBone è una startup innovativa che sta sviluppando una tecnologia rivoluzionaria in ambito ortopedico-traumatologico per la realizzazione di impianti ossei derivati da strutture naturali come il legno, dotati di straordinarie proprietà rigenerative e particolarmente adatti per affrontare la perdita di porzioni considerevoli delle ossa lunghe in seguito a traumi o tumori e altre situazioni critiche dell’apparato scheletrico. L’elevata incidenza di tali danni spesso porta a significative menomazioni. Grazie alla tecnologia messa a punto da GreenBone, il corpo riconosce l’impianto come proprio, sostituendolo con vero tessuto osseo.
L’idea è stata concepita e sviluppata da un gruppo di ricerca dell’ISTEC-CNR di Faenza. La tecnologia prevede la trasformazione di alcuni particolari tipi di legno in un impianto con la stessa composizione chimica dell’osso, conservando la capacità del legno stesso di portare peso. Il risultato di tale approccio ispirato alla natura, è un dispositivo in grado di rigenerare l’osso naturale avendo contemporaneamente la portanza di carico e quindi la possibilità di migliorare tempi e qualità di guarigione del paziente. La tecnologia è attualmente in fase di studio preclinico con la prospettiva di passare in tempi rapidi alla fase clinica che verrà realizzata coinvolgendo centri di traumatologia-ortopedia italiani ed internazionali.
«L’investimento in GreenBone è anche e soprattutto un investimento in un team di prima qualità che coinvolge talenti brillanti con un forte legame con il polo dei materiali ceramici di Faenza. Per la regione Emilia Romagna e per il pool d’investitori privati coinvolti siamo certi possa essere una grande occasione sia per valorizzare la conoscenza prodotta in loco ma anche per generare ritorni interessanti e creare ricchezza che possa essere nuovamente investita in altre iniziative imprenditoriali» conclude Francesca.
GreenBone, è anche l’unica azienda italiana chiamata dal MISE a rappresentare l’Italia nella SME Assembly. Lo scorso novembre in Lussemburgo la start up di faenza è stata scelta tra le migliori dieci “Ideas for Europe 2015” che parteciperanno alla finalissima di Marzo 2016 in Olanda, all’interno di un grande evento promosso dalla Commissione Europea.
«I segnali che abbiamo registrato nell’ultimo anno ci portano dunque a ben sperare e a credere che la crescita della nostra economia e del nostro Paese passi anche attraverso un azione mirata a sostenere la nascita di nuove imprese non solo quelle digitali. Per fare questo è necessario coinvolgere in modo più efficace sia gli investitori pubblici sia gli investitori privati che tipicamente non guardano a questo segmento del mercato perché lo ritengono troppo piccolo e troppo rischioso. E non posso quindi che auspicare che si continui a mettere a disposizione dell’ecosistema italiano strumenti finanziari pubblico-privati che, attenti a salvaguardare l’impatto economico e sociale degli investimenti, premino le eccellenze, anche nei primi momenti della loro vita, e sopportino il rischio legato al possibile insuccesso, secondo le regole del mercato. Tali strumenti, per poter fungere da volano per gli investitori privati, devono essere orientati al profitto e garantire a questi ultimi un allineamento adeguato dei propri interessi con quello del gestore. Nonostante tutti gli sforzi fatti e i buoni risultati già raggiunti, c’è ancora spazio per migliorare. Ed i modelli ed i buoni esempi che possiamo seguire ci sono ed aspettano solo di essere adattati al contesto italiano».
di Francesca Natali