Dai 4,3 miliardi nel 2015, gli investimenti sono calati a 2,8 miliardi. Tra le cause, la Brexit, ma anche una diversa strategia dei venture
I venture in Europa chiudono i cordoni della borsa e investono molto di meno quest’anno rispetto allo scorso anno. Questo almeno secondo una ricerca di Pitchbook, società di consulenza americana, secondo cui gli investimenti sulle startup sono calati di ben 1,5 miliardi di dollari. Lo studio si concentra su numeri che aiutano a capire come l’atteggiamento dei venture verso gli investimenti stia profondamente cambiando. I finanziamenti subiscono un calo dai 4,3 miliardi, registrati nel secondo trimestre del 2015, fino ai 2,8 miliardi del 2016, spiega Business Insider.
La Brexit frena gli investimenti nelle startup del Continente
Dei 2,8 miliardi di finanziamenti, la fetta più consistente va alle startup britanniche che hanno raccolto ben 994 milioni di dollari. I casi di maggiore successo più recenti sono Thread, e-commerce che vende abiti e che ha raccolto 4 milioni. La stessa cifra che è andata a supportare Lost My Name, startup che realizza libri per bambini. Ma la Brexit potrebbe mutare il quadro. Anzi, secondo alcuni venture inglesi, come Malcom Moss di Beringea, il referendum che ha sancito la volontà del popolo britannico di uscire dalla Ue, potrebbe contribuire al declino degli investimenti nel Continente: «La Brexit è la causa del clima di incertezza che ha finito per frenare gli investitori. Eppure questo è il momento giusto per investire, perché le valutazioni si abbassano e si possono realizzare dei buoni affari» spiega Moss a Business Insider.
Ma la strategia è investire su progetti solidi
Secondo Christian Miele, vice presidente della società di investimenti, e.ventures, il calo di investimenti ha in realtà altre motivazioni alla base e mostra la nuova strategia che i venture europei adotteranno per tutto il 2016: «Rispetto all’eccessiva dose di soldi immessi nel mercato delle startup lo scorso anno, i venture oggi sono pronti a sostenere solo quelle startup che pensano siano più robuste, con maggiore potenziale» spiega Miele. Insomma, un atteggiamento più guardingo, anche per evitare catastrofi e cattive valutazioni che hanno colpito soprattutto il Regno Unito.
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Nel mondo + 20% di investimento, ma su meno startup
Pitchbook passa poi in rassegna la situazione degli investimenti a livello mondiale. Due sono le riflessioni che emergono. Da una parte, i venture capitalist hanno investito 40 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre, il che significa un + 20% rispetto allo stesso lasso di tempo nello scorso anno. Eppure questa cifra è sbilanciata e poche startup ne hanno beneficiato: solo Uber ha raccolto un round di 3,5 miliardi da un fondo situato in Arabia Saudita. Quindi, ed è qui l’altra riflessione possibile, i soldi sono aumentati, ma solo per i soliti noti in un quadro in cui il numero di startup finanziate è calato del 47%. Che poi si spiega con lo stesso atteggiamento guardingo e “difensivo” dei venture in Europa: investimenti anche importanti ma su poche aziende selezionate.
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Più round early stage, meno late stage
Il report fa notare poi come gli investimenti nelle startup più mature (quelle cioè che si sono affermate già sul mercato e hanno un buon flusso di cassa) sono diminuiti da 2,8 miliardi del secondo trimestre del 2015 agli 1.2 miliardi avvenuti quest’anno, prendendo sempre in considerazione lo stesso lasso di tempo. A un calo dei “late stage investment” risponde un aumento degli investimenti in fase “early stage” (in una fase cioè di sviluppo iniziale della startup). Questi ultimi sono cresciuti, anche se di poco, da 351 milioni di dollari a 398 milioni di quest’anno.