Adriano Meloni è l’assessore scelto a Roma per lo sviluppo economico, con delega alle startup. Ci ha raccontato le sue idee per l’ecosistema e per il turismo della Capitale nel suo primo intervento pubblico
Roma ha un assessore alle startup che fino al giorno prima faceva lo startupper. E che prima ancora ha guidato per otto anni Expedia, uno delle grandi piattaforme digitali di viaggi e turismo. Si chiama Adriano Meloni, è spuntato a sorpresa nella giunta di Virginia Raggi dove già brillava il nome di Flavia Marzano a Semplificazione e Smart City. E oggi ha pubblicamente debuttato partecipando alla tappa romana dell’Open Summit Tour che StartupItalia! sta conducendo con Intesa San Paolo in giro per l’Italia da quattro mesi. Tutto l’ecosistema romano delle startup si era riunito per fare il punto con noi: Meloni è arrivato all’inizio, ha ascoltato tutti gli interventi e le domande che ciascuno gli ha posto, e alla fine ha risposto con una intervista che potete vedere nel video e che qui di seguito trovate sintetizzata ed editata con alcune cose che mi ha spiegato a parte. Ci sono molti spunti interessanti.
Iniziamo dalla fine. Da quello che hai visto stamattina a Roma. Un ecosistema vivacissimo. Te lo aspettavi, ti ha sorpreso?
“L’inaugurazione dei 5 mila metri quadrati di LUISS Enlabs l’altro giorno e appuntamenti come questo mettono in evidenza come a Roma pulluli l’ecosistema delle startup. Sii vede la passione e la grande energia dei ragazzi che hanno presentato i progetti. Vorremmo fare “contamination”. E fare in modo che questa “malattia” sia più pervasiva, in modo che anche le grandi aziende siano più ricettive anche in termini di finanziamento delle idee. Le grandi aziende, hanno bisogno di idee ed energia”.
Sei nato a Roma, ma, dopo vari giri nel mondo, da anni vivevi a Milano. Finalmente a casa.
“Sono nato a Montesacro, i miei genitori si sono incontrati proprio a piazza Bologna”.
Hai fatto le scuole in America. Hai iniziato a lavorare in Spagna e sei tornato in Italia per guidare Expedia nel 2001. Era un anno particolare, era appena esplosa la bolla della new economy. Arrivi in un momento in cui da Internet scappavano tutti. Come è andata?
“Negli Stati Uniti avevo assimilato una cultura aperta e dinamica. Prima che scoppiasse la bolla, ero già coinvolto nella new economy. Avevo fondato un sito di organizzazione di matrimoni che si chiamava allafollia.com. Una vera startup. In quel periodo bastava chiamarsi in qualunque modo puntocom e ti tiravano dentro. Era un’azienda che aveva addirittura ricevuto troppi fondi. L’ho lasciata quando mi hanno proposto di lanciare Expedia in Italia nel 2001”.
Quando sei Expedia, intercetti anche la storia di Venere, la startup romana di grande successo della prima ondata degli anni Novanta che proprio Expedia ha comprato nel 2008. Che cosa è accaduto esattamente tra Expedia e Venere?
“Sono passati quasi 15 anni e forse certe cose si possono raccontare. Nel 2002/3 Venere era in vendita e non andava tanto bene. Dopo l’esplosione della bolla, i venture capital che stavano dietro Venere erano alla ricerca di partner ed erano disposti a uscire al prezzo al quale erano entrati. I vertici di Expedia ci chiesero di non comprare Venere in quel momento e fecero una offerta simbolica che venne respinta: qualche milione di euro. Dopo 6 anni hanno effettivamente comprato per 40 volte di più. Venere aveva dentro dei ragazzi molto svegli…”
…Che sono usciti con 250 milioni di euro. Una exit strepitosa. Ma non è un peccato che i grandi player del turismo mondiale non siano italiani?
“Sì, è un po’ un peccato che Venere sia stata comprata. Prima qui si parlava di talent. Quello che ho visto io in prima persona è che c’è una fortissima carenza di qualità professionale. Confrontandomi con altre aziende, con multinazionali che cercano ruoli molto specifici nel digitale, ci si rende conto che non si trovano questi ruoli. Se non ci sono l’unico modo è formarli in-house. Il valore di avere aziende come Venere in Italia è che possono essere un centro di formazione. Che creano zone di competenze, dei distretti, come gli occhiali a Belluno”.
Alla guida di Expedia Italia fino al 2008. E dal 2008 al 2016, fino all’altro giorno, che cosa hai fatto?
“Ho lasciato Expedia per mettermi in proprio. Expedia mi ha dato molta visibilità e sono stato molto ricercato per servizi di consulenza. Poi ho messo su un paio di startup nel mondo del travel”.
Come è successo che sei entrato nella Giunta Raggi? Te l’aspettavi? Era un tuo obiettivo?
“Non ho mai preso in considerazione la politica. Ero a Milano nel mio ufficio. Mi hanno chiamato dall’ufficio del sindaco e mi hanno chiesto se volevo incontrare il sindaco. In Campidoglio mi hanno spiegato che per la giunta non cercavano politici ma persone specializzate e con certe competenze e mi hanno chiesto se volevo accettare questo ruolo. Assessore allo Sviluppo economico, al commercio e al turismo. Ho accettato subito”.
Quanto ci hai pensato?
“0,16 nanosecondi”.
Hai conosciuto Gianroberto Casaleggio nella tua e sua versione professionale e non politica quando eri a Expedia. Ci racconti questo momento?
“Era il 2005, ero in un momento simile a questo, in cui si cercava di evangelizzare le startup. Mi ero reso conto che l’Italia era indietro in termini di ecommerce. Ho avuto l’opportunità di incontrare Casaleggio, una mente veramente illuminata. Era molto gradevole parlare con lui, anche prima che si occupasse di politica. Ci siamo chiesti: come fare in modo che l’ecommerce si sviluppi in Italia come negli altri paesi? Discutendo, abbiamo pensato ad un evento dove portare delle best pratice facendo vedere che anche in Italia si può fare”.
Di fatto hai finanziato l’evento annuale sull’ecommerce della Casaleggio Associati?
“Abbiamo lanciato l’evento insieme. L’ho lasciato a Expedia, che poi ha deciso di non investire più in questa iniziativa, che comunque va avanti dal 2006”.
Hai una delega difficile e importante per Roma: commercio, sviluppo e turismo. Con il digitale si può fare molto per i Beni Culturali.
“E’ sicuramente un modo per valorizzare e raccontare meglio la storia nostra città”.
Hai una formazione molto digitale, americana, di innovazione, molto aperta. Ma la tua delega ti porterà a occuparti anche di argomenti molto “terra terra”: bancarelle, occupazione di suolo pubblico. Sei preparato?
“Ci sono elementi di sicurezza, ma anche di concorrenza sleale, evasione. E’ importante e doveroso occuparsene. Anche se non sarà facile”.
Commercio e sviluppo economico: le prime 4 cose che vorresti fare, anche alla luce di quello che hai visto stamattina in tema di startup, makers.
“Per ora ho fatto appena in tempo a fare il giro degli assessorati. Sono realtà molto burocratiche. Io porto una visione privatista. Qual è la nostra missione? Come facciamo a portare i turisti da 8 a 12 milioni? Com’è possibile che Roma è la città più bella del mondo e solo la 14^ più visitata? Ovviamente ci scontreremo con problemi di budget e occorrerà essere creativi. Cercheremo di lavorare anche con ex provincia e Regione per coordinare gli sforzi”.
Immagini di collaborare anche con il presidente Zingaretti, che sulle startup in questi anni si è speso molto.
“E’ fondamentale. Non si può più andare da soli. Il budget non c’è, e quindi si condividono le competenze”.
Sei all’inizio del mandato e hai davanti alcuni anni di lavoro intenso. Come ti piacerebbe essere ricordato?
“I numeri che contano di più per me sono quelli dei flussi turistici”.
Il turismo è il tuo core.
“Sì, in questo settore stiamo sottoperformando. Quindi l’obiettivo è aumento del numero dei turisti e della qualità del turismo. Cercando anche di rendere la città più vivibile”.
Roma può diventare la capitale delle startup?
“I romani hanno molto da esprimere. Hanno molte idee. Come capitale umano siamo imbattibili. Cercheremo di favorire tutto questo”.