Un’indagine italiana su alcuni prodotti diffusi nella GDO aveva individuato una concentrazione superiore alle soglie EFSA in alcuni snack
Articolo aggiornato il 13 ottobre 2017 alle ore 16:00
Lo studio Abr, gruppo italiano di biologici che si occupa di divulgazione scientifica e di servizi di consulenza sulla igiene e sicurezza degli alimenti, nel corso del 2016 aveva condotto un’indagine sulle patatine in busta nella grande distribuzione, uno dei più profondi e sempreverdi punti deboli direi del genere umano, se non degli italiani. Peccato che in alcuni casi potrebbero contenere una sostanza potenzialmente tossica: l’acrilammide.
L’analisi
La scelta di Abr si è basata sull’analisi di 6 campioni di patatine fritte a base di patate confezionate (scelte in maniera casuale) appartenenti ad aziende più note e meno note del territorio, a marchio e commerciali. Ovviamente le confezioni acquistate erano integre e in perfetta shelf-life rispetto alla data di scadenza e sono state portate in laboratorio.
Che cos’è l’acrilammide
Prima di passare ai risultati occorre capire di cosa si tratti. L’acrilammide si forma alle alte temperature, per esempio durante i processi di frittura, cottura al forno o alla griglia come “conseguenza di specifiche reazioni chimiche che coinvolgono gli zuccheri e gli amminoacidi, i mattoni delle proteine (principalmente l’asparagina libera), all’interno delle complesse ed ancora in parte poco conosciute reazioni di Maillard” si legge nella ricerca.
Secondo alcune indagini l’acrilammide e il suo prodotto metabolico principale, la glicidammide, possono avere carattere neurotossico, genotossico e cancerogeno. Può insomma risentirne il sistema nervoso oltre allo stato di salute complessivo. L’International Agency for Research on Cancer aveva inserito la sostanza nel gruppo A2, “probabile cancerogeno”.
Le soglie consigliate
Nell’organismo, una volta ingeriti i cibi che la contengano (secondo il Joint Fao/Who Expert Committee on Food Additives soprattutto patate fritte a bastoncino, patatine fritte chips a base di patate, caffè, biscotti e pasticcini, pane bianco, panini e crostini fra gli altri) l’acrilammide e i suoi metaboliti vengono assimilati nel tratto gastrointestinale e si distribuiscono nei tessuti. Alcuni Paesi hanno legiferato in autonomia. E’ il caso della Danimarca che, nel caso delle patatine fritte confezionate, impone un tetto massimo di 750 mcg/kg. Più severo, vedremo, di quello europeo.
I risultati
Su sei marche messe sotto la lente dall’indagine di Abr a dicembre 2016, tre presentavano concentrazioni superiori ai valori consigliati dalle linee guida dell’Efsa, l’agenzia alimentare europea, che al tema aveva dedicato un rapporto ricordato dal Fatto Alimentare. Le normative nazionali e continentali non impongono tetti specifici come per altre tipologie di rischio microbiologico e chimico, anche se l’Efsa segnala che sarebbe consigliato non superare 1.000 mcg/kg. Fra i marchi testati figuravano Amica Chips Eldorada, Crocchias classiche terranica, Carrefour classiche, Lays, Patasnack, San Carlo 1936.
In merito alla presenza di acrilammide e al rispetto dei parametri EFSA relativi nelle patatine Amica Chips oggetto dello studio del Laboratorio ABR, la stessa società ha informato StartupItalia! sugli esiti di altri analisi compiute a dicembre 2016 e in fasi successive: tutte dimostrano il rispetto dei parametri EFSA per il tipo di prodotto in questione.