Sviluppata dalla pordenonese Alea, la tecnologia permette alle aziende di sostituire le radiotrasmittenti tradizionali. È già stata adottata da servizi di sicurezza e operatori telefonici come Vodafone e Tim.
Arriva da Pordenone Talkway, l’app professionale Push To Talk pensata per le aziende, che è in grado di sostituire le radiotrasmittenti tradizionali con dei semplici smartphone. Sviluppata da Alea, la tecnologia trasforma un moderno telefonino in un walkie-talkie. Unico in italia, il servizio offre agli utilizzatori la possibilità di comunicare emulando la modalità dei tradizionali sistemi ricetrasmittenti, ma superando i limiti di distanza geografica tra i componenti del gruppo grazie all’utilizzo della rete dati.
Le aziende comunicano con la forza lavoro
«Talkway è stata progettata per agevolare la comunicazione tra le aziende di ogni dimensione e le risorse distribuite sul territorio», spiega Giuseppe Merlino, a.d. di Alea. In pratica, sfrutta le funzionalità dei moderni smartphone e la tecnologia internet per mettere in contatto l’azienda con la propria forza lavoro dislocata sul territorio, assicurando così la comunicazione tra diversi utenti. «Talkway permette lo scambio istantaneo di contenuti – continua Merlino – garantisce la geolocalizzazione e offre una piattaforma web per l’attività di supervisione e di monitoraggio da parte della centrale operativa». Una funzione, quest’ultima, particolarmente apprezzata dalle aziende. Sarà possibile parlare in simultanea con tutto il gruppo di lavoro e vedere in tempo reale la posizione di ogni componente e il livello della batteria del suo device. Si può scrivere, inviare file e foto al gruppo o a un singolo utente senza smettere di parlare. L’utente con priorità maggiore inoltre, può sempre interrompere la conversazione di un utente che ha priorità inferiore.
Semplicità d’uso a costi ridotti
Per trasformare il nostro smartphone in un moderno walkie-talkie sarà sufficiente scaricare l’app e attivare la localizzazione. «Una volta installata, permette al centro di controllo di localizzare tutti i dispositivi dell’organizzazione collegati in quel momento al servizio e di avviare una comunicazione con uno o più di loro», spiega ancora l’a.d. «Inoltre garantisce un servizio che non necessita di alcun costo di infrastruttura, si basa sulla rete di telefonia cellulare esistente e non ha bisogno dell’acquisto di server o hardware dedicati». Da questo punto di vista, i costi di un’applicazione come Talkway sono enormemente inferiori a quelle delle radio ricetrasmittenti classiche. La possibilità di utilizzare lo smartphone poi «è gradita all’utente, in quanto si tratta di un oggetto familiare e non lo costringe a portare con sé un altro apparecchio e preoccuparsi della sua gestione».
L’interesse dei big della telefonia mobile
La campagna di finanziamento lanciata sulla piattaforma CrowdFundMe ha raggiunto da tempo la quota di 150mila euro richiesta ed è andata in overfunding. Tutti i fondi raccolti serviranno per sviluppare le attività di ricerca e sviluppo «e in particolare per apportare migliorie e integrazioni richieste dagli operatori che già utilizzano il servizio». Alea sta anche lavorando allo sviluppo del prodotto MCPTT (Mission Critical Push To Talk), che potrà esser adottato in tempi brevi da enti e corpi dei vari stati che operano nel settore della pubblica sicurezza. «Considerato l’interesse di molti operatori per tale prodotto il business della nostra società è destinato ad essere trainato dalla versione MCPTT di Talkway», conclude Merlino. Intanto, già oggi la piattaforma è stata adottata, tra gli altri, dal servizi di vigilanza privata, Midland (accessori motociclistici), Protezione civile della Regione Friuli Venezia Giulia. Non solo. Anche due colossi della telefonia mobile hanno puntato i loro occhi su Talkway: da maggio Alea è diventata ufficialmente fornitore Tim, mentre Vodafone da qualche mese distribuisce l’app sotto il brand Push and Talk.