Saranno 100 le scuole superiori che potranno partecipare alla sperimentazione del percorso di studi in 4 anni, in linea con molti paesi europei. I progetti saranno valutati da una Commissione tecnica
C’è tempo fino al 13 novembre per presentare le candidature da parte delle scuole secondarie di secondo grado per partecipare alla sperimentazione dei percorsi di studi in quattro anni, avviata con il decreto firmato lo scorso agosto. Il Piano nazionale coinvolgerà 100 classi dei licei e degli istituti tecnici a partire dall’anno scolastico 2018/ 2019. Il MIUR ha pubblicato nei giorni scorsi l’avviso pubblico.
Le linee guida della sperimentazione per il diploma in 4 anni
Fino a ora sono state 12 in tutta Italia le scuole che hanno sperimentato percorsi quadriennali sulla base di progetti di istituto autorizzati di volta in volta dal Ministero. Ora però c’è il bando nazionale con criteri comuni per la presentazione dei progetti. Al termine della sperimentazione, nel 2023, i risultati dovranno essere discussi con tutti i rappresentanti del mondo della scuola e della politica.
I requisiti
I requisiti sono espressi in modo chiaro nell’avviso pubblico del Ministero. “Il corso di studi dovrà garantire, attraverso il ricorso alla flessibilità didattica e organizzativa consentita dall’autonomia scolastica, alla didattica laboratoriale e all’utilizzo di ogni risorsa professionale e strumentale disponibile, l’insegnamento di tutte le discipline previste dall’indirizzo di studi di riferimento, entro il termine del quarto anno, in modo da assicurare agli studenti il raggiungimento delle competenze e degli obiettivi specifici di apprendimento previsti per il quinto anno di corso, nel pieno rispetto delle Indicazioni Nazionali e Linee Guida”.
Ciascuna istituzione scolastica potrà presentare il progetto per una sola sezione a partire dalla classe prima e per un solo indirizzo di studio. La candidatura potrà essere presentata solo dopo aver ottenuto il consenso degli organi collegiali e dovrà essere in linea con gli orientamenti già presentanti anche alle famiglie nel Piano triennale dell’offerta formativa.
Dovrà essere presentato un progetto di sperimentazione con caratteristiche ben precise. Un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande pervenute. Nel corso del quadriennio, un Comitato scientifico nazionale valuterà l’andamento nazionale del Piano di innovazione e predisporrà annualmente una relazione che sarà trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. A livello regionale, invece, saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale.
I progetti dovranno distinguersi per innovazione
Le proposte dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione, in particolare per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera) a partire dal terzo anno di corso, per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l’università e i percorsi terziari non accademici.
Nel progetto dovranno essere definiti i quadri orari annuali e settimanali per ciascuna disciplina di studio e per ogni anno di corso; inoltre, dovrà indicare i criteri di priorità deliberati dal Consiglio di istituto da applicare in caso di eccedenza di richieste di iscrizione. Non possono essere accolte iscrizioni di studenti che hanno già fruito di abbreviazioni del percorso scolastico e, nel corso dei quattro anni di sperimentazione, di studenti provenienti da percorsi di istruzione secondaria di secondo grado di cinque anni. Per quanto riguarda l’esame di Stato, non potranno essere assegnati alla classe candidati esterni e non è consentita l’ammissione all’esame con abbreviazione di un anno per merito. Una precisazione anche per i docenti: nel progetto dovrà essere dichiarata la disponibilità a partecipare ad attività formative per gli insegnanti e a monitoraggi qualitativi regionali e nazionali.
Diploma in 4 anni: la discussione
La sperimentazione sta facendo discutere genitori, studenti e docenti già dalla firma del decreto. A suo tempo aveva preso posizione fra gli altri la Rete degli Studenti MEDI, che in una nota aveva espresso pubblicamente il suo pensiero: “Riformare i cicli scolastici non significa semplicemente tagliare gli anni di scuola, ma mettere in discussione tutto il percorso scolastico di uno studente, ripensando i programmi e l’offerta formativa. È necessario smettere di affrontare la scuola a compartimenti stagni e affrontare i provvedimenti a essa connessi come migliorativi inseriti all’interno di un’idea che abbia una direzione ideologica definita e che coinvolga il sistema tutto”. Una riforma complessiva, insomma, quella auspicata e con una precisa logica. Del resto, c’è da dire che i criteri di partecipazione proposti dal MIUR sono chiari: sarà poi la singola scuola che dovrà dimostrare di essere in grado di poter affrontare un cambiamento di questa portata dal punto di vista didattico. Non bisogna dimenticare che la maggioranza dei paesi europei gli studenti terminano il percorso superiore un anno prima rispetto ai ragazzi italiani e che ora la società italiana è profondamente cambiata.
La Ministra Fedeli: “Innovazione per affrontare le sfide di oggi e domani”
Dei cambiamenti in atto nella società italiana il MIUR è consapevole: “Partiamo da un dato su cui immagino tutti concordiamo: la società italiana e le relazioni internazionali, al pari del rapporto tra formazione e diffusione di nuove tecnologie, sono in costante e accelerata evoluzione – aveva dichiarato dopo il decreto la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli – Inoltre, è sempre più evidente la connessione tra l’acquisizione di competenze di alto livello e la possibilità per le nostre ragazze e i nostri ragazzi di inserirsi nel mondo del lavoro in modo qualificato e anche appagante. La scuola ha bisogno di essere accompagnata e sostenuta di fronte ai profondi cambiamenti in atto.
Ed è in quest’ottica che si inserisce la sperimentazione delle scuole superiori in quattro anni. Siamo di fronte a un investimento e a una innovazione che possono aiutare le nuove generazioni ad affrontare con successo le sfide di oggi e di domani. Al termine della sperimentazione, nel 2023, i risultati dovranno essere discussi con tutti i rappresentanti del mondo della scuola e con i decisori politici per realizzare il massimo di consenso possibile. Proprio perché non devono mai esserci sulla scuola improvvisazione, decisionismo senza coinvolgimento, discriminazioni o scelte astratte e ideologiche. Se la valutazione avrà esito positivo, sempre nell’ottica di un maggior investimento sulla formazione delle nuove generazioni, si potrà recuperare l’intera riforma dei cicli e, contestualmente, anche portare l’obbligo scolastico fino al termine dei tre cicli, ovvero fino al diciottesimo anno di età”.
La storia
Il progetto della sperimentazione quadriennale prende le mosse dalla riforma dei cicli scolastici messa a punto dal Ministro Luigi Berlinguer nel 2000. La riforma era stata poi bloccata dalla riforma dell’ex Ministra dell’Istruzione, Letizia Moratti. È stata ripresa nel 2013 dalla commissione di studio istituita dal ministro Francesco Profumo (Governo Monti) e incaricata di elaborare delle proposte per abbreviare il percorso scolastico con lo scopo di far conseguire il diploma entro il diciottesimo anno di età. La Ministra Maria Chiara Carrozza (Governo Letta), nell’anno scolastico 2013/2014, autorizzò due progetti sperimentali proposti da due scuole che già avevano caratteristiche di forte internazionalizzazione: il San Carlo di Milano e il Guido Carli di Brescia. Da allora sono sempre state le scuole a fare richiesta a ‘sportello’ di sperimentazione quadriennale. Ora si procederà, appunto, con una sperimentazione a livello nazionale.