Hack.Developers, il code sprint del Team di Diego Piacentini, è il primo esempio di un modo nuovo di mettere in relazione cittadini e Stato. Attraverso la partecipazione e l’impegno civico
Come si effettua un hack sulla Pubblica Amministrazione? Ero curioso di comprendere come si può hackerare l’Italia e migliorarla: così sabato ho fatto un salto all’hackathon organizzato dal Governo italiano per mezzo del Team per la Trasformazione Digitale di Diego Piacentini alla Fabbrica del Vapore (Milano era solo una delle numerosi città che ospitava l’evento). In un edificio industriale perfettamente ristrutturato, al rumore dei macchinari ottocenteschi si sostituisce il delicato “click” delle tastiere.
A inaugurare l’evento erano presenti l’assessore Roberta Cocco, per il Comune di Milano, e con lei ospiti affascinati dal progetto erano Enrico Cereda, CEO di IBM in Italia, Silvia Candiani nuova Country manager di Microsoft e naturalmente Diego Piacentini, commissario straordinario del Team per la Trasformazione Digitale.
Il tema caldo è sempre uno. Fare di più con meno risorse. Che la PA sia un vulnus per lo Stato italiano (invero di una buona parte degli stati europei) non è certo un segreto. La sfida è come rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione sia in termini di gestione di risorse (leggasi anche risparmio), che di velocità ed efficienza nella gestione della Res Publica: in tal senso si muove il progetto di Piacentini (in aspettativa da Amazon) che gestisce il tema.
Il progetto Hack.Developers, iniziato sabato, è solo il primo passo per integrare la società civile all’interno di un’ evoluzione della PA dove i singoli cittadini (quanto meno coloro che abbiano le capacità adatte e il tempo da dedicarvi) possano davvero contribuire. Per approfondire il tema ne ho discusso con alcuni tra organizzatori e partner che hanno sviluppato l’evento.
Gli obiettivi di Hack.Developers
Quale esito prevedete per questo progetto?, mi sono domandato. “Il nostro obbiettivo è dare inizio ad un processo – mi ha risposto Federico Ferdoldi, del Team per la Trasformazione Digitale – Questo è un Hackathon di 36 ore: la maggior parte dei progetti che vogliamo stimolare ovviamente non si concludono in 36 ore. Il nostro obbiettivo è aprirci, come PA, mostrare alla società civile come funziona il sistema e permettere a chi ne ha le doti (in termini di programmazione si intende) di poter essere parte del processo evolutivo”.
Il percorso non è dissimile da quello che succede nel mondo privato. Le grandi aziende di informatica aprono i loro software permettendo a programmatori da tutto il mondo di poter partecipare. È un processo evolutivo continuo di scambio di conoscenza.
Quali sono i vantaggi per la società civile?, è stata la domanda successiva. “Spesso una critica mossa alla PA è la sua impenetrabilità. I cittadini subiscono una serie di processi e di operazioni decise dall’alto – continua Ferdoldi – dalla politica. In questo caso invece noi vogliamo stimolare una partecipazione continua: l’italia ha un vantaggio in più rispetto, per esempio, agli USA. Là le comunità di programmatori sono raccolte in grappoli (cluster) intorno a specifiche aree geografiche. In italia invece le comunità sono sparse, presenti in molti centri urbani medio grandi. Ne è dimostrazione questo hackathon. Non è stato organizzato solo a Milano e Roma ma in molti centri urbani regionali e provinciali”.