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Talento, progetti innovativi, investitori? In Europa non manca nulla di tutto ciò, eppure il numero delle startup da “un miliardo di dollari” è più basso che in Cina e Usa. StartupItalia! Open Summit 2017 si è chiesta il perché in un workshop
Che l’America sia la “terra delle opportunità” è una massima nota quasi a tutti. E ciò sembra essere ancor più vero in materia di startup, soprattutto per quelle che sognano un giorno di trasformarsi in mitici “unicorn”. Eppure all’ecosistema europeo dell’innovazione non manca nulla di ciò che si può trovare negli States.
Eppure all’ecosistema europeo dell’innovazione non manca nulla di ciò che si può trovare negli States. Talento, investimenti, un mercato pronto ad accogliere i progetti più innovativi: in Europa c’è tutto. Ma i risultati attesi ancora non si vedono. Perché?
A questa domanda hanno provato a dare una risposta gli speaker del workshop “European Valley – The Land of Opportunities”. Un nutrito gruppo di manager e professionisti attivi sul mercato dell’innovazione, tra i quali spiccavano i nomi di Joerg Rheinboldt, CEO di Axel Springer Plug & Play Accelerator, e Mike Butcher, editor di TechCrunch.
Come nasce un “unicorn”?
Il termine viene usato per la prima volta nel 2013 da Aileen Lee, fondatrice della società di venture capital Cowboy Ventures, che nello zoo della finanza utilizza questa parola per far riferimento a quelle imprese innovative non quotate ma valutate almeno un miliardo di dollari. Società rare come le creature mitologiche dalle quali prendono il nome.
Nel 2013, almeno. Perché, secondo CB Insights, oggi le startup che corrispondono ad una simile descrizione sono ormai 222. In cima alla classifica c’è Uber, valutata ben 68 miliardi. E la top ten se la spartiscono equamente società americane e cinesi. Con l’unica eccezione di Pinterest in posizione no°10.
The Land of Opportunities
“Le differenze ci sono, ma non sono insormontabili” questo l’esordio di Mike Butcher al workshop di StartupItalia! Open Summit. “Prendiamo gli States: hanno un solo mercato e tutti parlano la stessa lingua. Mentre in Europa è molto diverso. Un buon punto di partenza sarebbe creare un mercato europeo digitale dotato di una sola legislazione. Sarebbe un mercato enorme con infinite possibilità perché ci sono garanzie, talento e anche investitori interessati. Basta cercarli”.
Vero, in Europa al momento non ci sono molti “unicorn”. Ma sono, invece, molte le realtà che potrebbero diventare tali in futuro. L’Europa si trova schiacciata tra due blocchi economici contrapposti: da un lato quello americano, dall’altro quello cinese. È una posizione in cui si rischia il soffocamento, pertanto serve un cambiamento culturale.
Serve una nuova mentalità che permetta di attirare non solo investitori, ma anche startup di talento dall’estero grazie ad un ecosistema adatto. Gli States sono il mercato di riferimento per il digitale anche perché sanno attirare talento dall’estero. E se molti ritengono che il vero problema sia la mancanza di fondiIl denaro per realizzare una grande startup una realtà multiculturale come l’Europa offre grandi possibilità. Gli States sono il mercato di riferimento per le startup anche perché sanno attirare talento dall’estero.
L’esempio di Londra
“Non tutta Europa è Paese”, così si potrebbe sintetizzare il pensiero di Marcello Mari, SinguarityNET. “L’Italia oggi rappresenta un caso particolare. A Londra, o Berlino, ci sono diversi esempi di giovani e talentuose startup italiane che hanno trovato appoggio e un ecosistema più confortevole per sviluppare i propri progetti per lanciarli poi sul mercato”.