L’esperimento in un istituto comprensivo toscano. Abbiamo intervistato l’ideatore del progetto
C’è un maestro e giornalista trevisano che da 35 anni si è messo in testa di cambiare la scuola per cambiare il mondo. Chiunque di noi lo definirebbe un utopista, un sognatore, forse un folle ma lui, Valentino Giacomin, da oltre tre decenni va dritto come un treno e ora il suo “metodo” (se così possiamo chiamarlo) ha messo le radici all’istituto comprensivo statale di Barberino e Tavarnelle (in provincia di Firenze). Il progetto si chiama “Alice” ed è capace di creare un ponte tra Occidente e Oriente. In aula non si insegnano più solo italiano, matematica, storia, geografia ed inglese ma anche filosofia, yoga, medicina ayurvedica e poi si fa educazione alla spiritualità, si medita e si pratica l’agricoltura. Un approccio che punta a sviluppare una maggiore capacità di attenzione, una buona memoria ma anche una maggiore tolleranza verso i compagni, ingrediente necessario per prevenire il fenomeno del bullismo. Giacomin lo ha testato anche in India dove ha sperimentato “Alice” fin dal 1986. Siamo entrati nel cuore del progetto andando direttamente a parlare con il maestro giornalista.
L’intervista
Dove nasce il metodo Alice?
Nacque negli anni Ottanta, in Italia, grazie ad una sperimentazione didattico-educativa, durata circa 7 anni, realizzata nella scuola pubblica elementare di due Circoli didattici (allora si chiamavano così) nella provincia di Treviso.
Perchè l’India ci può essere maestra nell’affrontare il fenomeno del bullismo?
L’India, purtroppo, non è immune dal fenomeno del bullismo, che non viene preso seriamente in considerazione dalle autorità scolastiche. Uno studente su tre, secondo le statistiche, sarebbe vittima di atti di bullismo. Oltre le forme di bullismo “classico”, qui si aggiunge la violenza fondata sulla discriminazione delle caste e delle classi sociali (ricchi e poveri). L’India era “maestra di valori e rispetto”, quando il paradigma educativo era fondato sull’etica, sulla spiritualità, sull’autoconoscenza. Questo tradizionale sistema venne distrutto dal colonialismo degli inglesi che imposero la loro visione educativa che è la causa principale della crisi delle scuole non solo indiane ma di altri Paesi. Il Progetto Alice, da 24 anni, sta cercando di far rivivere – in un contesto “moderno” – l’antica pedagogia indiana delle cosiddette scuole di pensiero non dualistiche, ottenendo risultati molto incoraggianti sia dal punto di vista accademico che formativo.
Quali sono i punti di forza di questo metodo?
Non è facile spiegare in poche righe la nostra filosofia. Diciamo, molto genericamente, che cerchiamo di dire sempre la verità ai nostri studenti, fin dalla scuola materna. Bisogna ricordare che iniziammo la sperimentazione circa 35 anni fa, partendo da una constatazione: i nuovi alunni che iniziavano a frequentare la scuola presentavano delle “variabili” (in negativo) rispetto al batch precedente. Sembravano più agitati, con minor capacità di attenzione, una memoria ridotta, più insofferenti alle regole. Allora erano sintomi che riguardano un numero limitato di bambini. Ma noi prendemmo sul serio quei sintomi, leggendoli come segnali di un eventuale disagio. Ci domandammo: si tratta di una tendenza passeggera, oppure di un “movimento” in evoluzione? Se così fosse, che cosa potrebbe accadere tra 5, 10, 20, 30 anni? Inutile spiegare che cosa, purtroppo, è veramente successo dopo 30 anni. Siamo arrivati all’estremo della violenza degli studenti e genitori contro gli stessi insegnanti! In America (il termometro della febbre che contagerà presto tutti gli altri Paesi) studenti o ex studenti sparano facendo stragi…
Così, non ci fermammo all’analisi o alle ipotesi circa il futuro, ma cercammo di individuare le cause del disagio, del trend in negativo. Mentre i colleghi insistevano nel proporre metodologie e didattiche diverse, più coinvolgenti, interessanti, noi pensammo che la reazione degli studenti fosse in relazione a qualcosa di più profondo del disinteresse e della noia. Secondo noi, si trattava (e si tratta) di un disagio esistenziale, causato da una fame di valori, di conoscenze riguardanti la psiche, il cuore degli studenti stessi. Citando Gardner, possiamo dire che la scuola si prende cura solo di alcuni tipi di intelligenza (linguistica, logico-matematica, spaziale, corporeo-cinestesica, musicale), trascurando forme di intelligenza che interessano i “piani alti” della coscienza: intelligenza interpersonale, intrapersonale (riguarda la capacità di sapersi immedesimare in ruoli e sentimenti diversi dai propri), naturalistica ed esistenziale.
Dove l’avete sperimentato e con quali risultati?
La sperimentazione, come già accennato, è stata realizzata 35 anni fa in Italia. Poi, abbiamo deciso di andare all’Alma Mater della filosofia che ha stimolato la nostra ricerca: l’India, la sorgente dell’ispirazione. I risultati, fin dalla sperimentazione in Italia, ci incoraggiarono a continuare l’esperienza. Capimmo che, forse, avevamo trovato una via per uscire dalla crisi dell’educazione del nostro tempo. Abbiamo chiesto aiuto al professor Sharma, psicologo clinico dell’Università B.H.U di Benares, per la valutazione, al fine di verificare se ci fossero significative differenze tra i nostri studenti e quelli che frequentavano scuole con curriculi tradizionali. I risultati erano (e sono) davvero straordinari. Sono state riscontrate differenze profonde soprattutto in merito all’attenzione, alla memoria, alla consapevolezza, alla tolleranza, alla disciplina e alla socializzazione. Il bullismo è quasi assente.
Cos’è il bullismo secondo lei?
Noi di Alice, fin dall’inizio della ricerca in India, ci siamo posti il problema del bullismo che, oggi, è la peste delle scuole, la metastasi di un tumore troppo a lungo ignorato o, comunque, curato in modo inappropriato. La nostra ipotesi è che si tratti, soprattutto, di un’espressione distorta della libido, intesa sia in senso freudiano ( pulsione di natura puramente sessuale dell’uomo) che junghiano ( “spinta vitale” non limitata esclusivamente all’ambito sessuale). Stiamo facendo delle ricerche, da alcuni anni, per verificare se esiste una correlazione tra disturbi dell’ orientamento sessuale, della sessualità e la violenza, il sadismo del bullo che prova un piacere male orientato e distruttivo. Tale piacere trova spesso nutrimento anche nella pornografia alimentata da innumerevoli siti su internet che abbiamo cercato di analizzare nei loro contenuti e significati da un punto di vista psicodiagnostico. Un piacere che soddisfa pulsioni a livello di coscienza istintiva che il bullo non riesce a riconoscere, prima di tutto, e poi ad integrare (senza repressione, ovviamente) portando l’energia della libido a livelli superiori di coscienza (al cuore, ad esempio, trasformando un pugno in… carezza, oppure in un delicato massaggio tra compagni, come fanno gli studenti di Alice fin dalla scuola materna).