L’ex responsabile economico del Partito Democratico illustra il programma di Liberi e Uguali con particolare attenzione al mondo delle startup. Ecco la sua ricetta per tornare a essere competitivi
Classe 1966, nato a Roma, cresciuto a Nettuno. Una lunga militanza nel PCI, un trascorso al Fondo Monetario Internazionale, quindi la chiamata di Bersani che lo vuole per stendere il programma elettorale del 2006 del centrosinistra che, all’epoca, si chiamava ancora Unione. Stefano Fassina è stato responsabile economico del Partito Democratico, ha ricoperto il ruolo di Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze nel Governo Letta quindi, nel giugno 2015, nelle stesse ore in cui l’esecutivo chiedeva la fiducia sul ddl “buona scuola”, l’addio al partito, dovuto a contrasti ormai insanabili con il premier dell’epoca, Matteo Renzi: «È arrivato per me – dichiarò Fassina – il momento di prendere atto che non ci sono più le condizioni per andare avanti. Insieme a tanti e tante proveremo a costruire altri percorsi non per fare una testimonianza minoritaria ma per fare una sinistra di governo ma su una agenda alternativa». Quindi la militanza in Sinistra Italiana, la corsa a sindaco di Roma e, oggi, la nuova avventura con Pietro Grasso e la formazione Liberi e Uguali.
Per essere sempre aggiornati sulle novità della politica, Italia2018 – La campagna elettorale vista dai social. Troverete le analisi del traffico social della propaganda politica dei maggiori esponenti in corsa per le elezioni del 4 marzo, il social wall con il flusso in costante aggiornamento dei loro tweet e dei post su Facebook, i programmi dei partiti e le biografie dei candidati.
Quali sono i punti fondamentali del programma per sostenere l’ecosistema delle startup e delle imprese innovative italiane? Inoltre, Fassina, quali sono le sue ambizioni per il futuro del nostro Paese?
Innanzitutto, va ricondotto il fenomeno alla corretta dimensione: una startup non è frutto di improvvisazione e di una generica “buona idea”. È necessario un contesto generale e specifico di sostegno. Sul piano generale, va snellita la procedura e il costo di apertura di una società. Per farvi un esempio, in Gran Bretagna con 15 Sterline e l’allacciamento a Internet è possibile completare l’apertura di una Llc. In Italia, sono necessarie una molteplicità di autorizzazioni e almeno 3000 euro. Inoltre, in tante zone del nostro Paese, Internet ad alta velocità non è ancora disponibile. Sul piano specifico, vanno moltiplicati i lab di selezione e sostegno finanziario, manageriale e logistico. Le ambizioni di Liberi e Uguali sono, in materia di startup, almeno il raggiungimento degli standard UK.
Scusi Fassina, ha parlato di cifre che si aggirano attorno ai 3000 euro per l’avviamento di una impresa, può specificare meglio?
Attualmente, si deve pagare un diritto annuale di 130 euro, un’imposta di registro di 200 euro, una denuncia di inizio attività di 30 euro, poi una tassa di concessione governativa di 310 euro, 29 euro di bolli libro giornale e, soprattutto, oltre 3000 euro di contribuzione Inps e INAIL indipendentemente dal fatturato. Il contributo obbligatorio Inps per una startup è un non senso.
Su che cosa dovrebbe puntare l’Italia per tornare a crescere e farlo con un ritmo sostenuto?
Dovrebbe puntare sulla domanda interna. Un grande Paese non può andare avanti soltanto con le esportazioni. Sono una componente fondamentale, ma parziale. In Italia, costituiscono il 25% del Pil. Si può alimentare la domanda interna attraverso il soddisfacimento di bisogni essenziali come la messa in sicurezza del territorio, delle scuole, degli ospedali e il potenziamento della mobilità sostenibile, innanzitutto su ferro. Insomma, il “Piano Verde” di investimenti pubblici, un punto d Pil all’anno per un triennio, in piccole opere che proponiamo da anni in Parlamento.
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Molti analisti sostengono che le imprese italiane non saranno mai realmente competitive se proseguirà l’approvvigionamento dall’estero dell’energia. In che cosa consiste il vostro Piano Energia?
Consiste, innanzitutto, nell’innovazione per il risparmio energetico sia sul versante delle famiglie che delle imprese. Poi, un meccanismo fiscale premiale per la transizione energetica: Carbon tax per le fonti fossili e sgravi per le fonti rinnovabili di energia.
Innovazione significa anche lavoro e turismo. Che cosa proponete su questo punto?
Certo, il turismo è un settore decisivo per il nostro Paese, ma in nome delle nostre bellezze artistiche, archeologiche, paesaggistiche viene lasciato soltanto alla spontaneità dell’iniziativa privata e a una molteplicità di enti promozionali di scarsissima efficacia. È fondamentale una strategia “industriale” per il turismo che preveda in primo luogo la centralizzazione della promozione all’estero, poi il sostegno anche fiscale al miglioramento e alla diversificazione della nostra capacità ricettiva. Il turismo va declinato al plurale per intercettare i diversi segmenti di domanda, dal turista low cost al turista di lusso.
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Flessibilità e tutele nel mondo del lavoro: come si può ottenere un equilibrio che non trasformi i diritti di tutti in privilegi per pochi?
Privilegi nel mondo del lavoro ne vedo pochi. Si estende invece lo sfruttamento del lavoro. Siamo arrivati all’assurdo del lavoro gratuito in nome di promesse, regolarmente disattese, di occupazione futura. Siamo arrivati a impieghi nei call center a 33centesimi l’ora. Il Jobs Act ha aggravato la precarizzazione del lavoro, mentre l’ “equo compenso” per le attività professionali è stato un passo positivo che abbiamo contribuito a realizzare. Il lavoro si crea innalzando, attraverso gli investimenti pubblici, il livello dell’attività produttiva e quindi gli investimenti delle imprese del settore privato. Per noi, rimane imprescindibile l’obiettivo della buona e piena occupazione. In tale contesto, va aperto il cantiere della redistribuzione dei tempi di lavoro senza taglio della retribuzione. È una complicata ma ineludibili prospettiva strategica.
All’interno del nostro progetto, Italia2018, stiamo analizzando da oltre un mese il traffico social di questa campagna elettorale e ci siamo resi conto che il tema dell’occupazione giovanile è stato pressoché ignorato, eppure è una emergenza nazionale: Fassina, da Liberi e Uguali cosa proponete in merito?
Quanto ho ricordato poc’anzi, ossia investimenti pubblici in piccole opere, la revisione della legge Fornero in campo pensionistico per liberare posizioni lavorative, lo sblocco del turn-over nelle pubbliche amministrazioni sono passaggi decisivi per l’occupazione giovanile. È rilevante anche il miglioramento dell’ecosistema per le startup.
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Onorevole Fassina, cosa vorrebbe vedere realizzato nei primi 100 giorni dal suo futuro governo su temi dell’innovazione, della tecnologia e della sostenibilità?
L’idea dei 100 giorni rischia di essere pericolosa perché porta a privilegiare misure appariscenti di breve periodo senza aggredire i nodi strutturali. Comunque, mi concentrerei sul pacchetto startup innovative in tutti i settori, dal turismo all’agricoltura di qualità.