L’Europa che non riesce a farsi carico di 49 migranti ignora le possibilità di crescita collegate a questo fenomeno epocale. Che restano così inespresse
Recentemente i flussi migratori sono stati via via sempre più presenti nei quotidiani e telegiornali e, ancor di più, nella nostra vita reale, con molte persone che giungono nelle nostre città da nazioni tra le più diverse. Questo fenomeno ha prodotto un impatto in numerosi Paesi in Europa, suscitando molte domande e problemi ancora alla ricerca di soluzioni o metodi innovativi per migliorare le relazioni tra i cittadini di diverse origini. Quando si parla di integrazione dei migranti, sorgono una serie di domande: le diverse abitudini e tradizioni possono coesistere? Le persone in arrivo parlano la lingua del paese che li riceve? Possono trovare una casa e possono trovare un lavoro, passo fondamentale verso l’integrazione?
Molti aspetti diversi, non tutti di facile comprensione o risoluzione, con molti punti di vista differenti che dovrebbero convivere. Identificare il modo migliore per gestire tali flussi può rappresentare un’opportunità concreta per i Paesi di accoglienza, che risulterebbero arricchiti da nuove e differenti culture, tradizioni, mentalità che possono portare a nuovi stili di vita. Non saremo forse d’accordo con alcuni di questi approcci, ma vedo ancora l’incontro di culture diverse soprattutto come un’opportunità.
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Ciò è ancora più vero quando i nuovi arrivati hanno una mentalità imprenditoriale e possono trasformare le loro competenze ed esperienze in una nuova impresa, o comunque dare un contributo significativo a un’impresa esistente.
Come aiutare l’imprenditorialità dei migranti
Anche per questo negli ultimi anni è nata un’area specifica di ricerca e sperimentazione, finalizzata a coltivare e promuovere possibili percorsi di supporto all’imprenditorialità dei migranti, grazie anche a programmi specifici dell’UE, che ha iniziato a finanziare progetti in tal senso. Questo naturalmente è di interesse anche per InnoVits, l’associazione di cui faccio parte, che ha come Mission quella di contribuire allo sviluppo dell’ecosistema di startup.
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Esistono, sul tema, molti studi e articoli che analizzano e dibattono sul fatto che i migranti abbiano o meno uno spirito imprenditoriale più forte di quello che i residenti hanno, in Europa e nel mondo. Non c’è ad oggi, ritengo, una prova chiara di ciò o dei dati che diano una risposta definitiva, e ci sono in effetti troppe variabili che potrebbero avere un impatto sull’analisi:
• i migranti sono già un campione del loro paese di origine, senza essere necessariamente rilevanti da un punto di vista statistico;
• potrebbero essersi spostati per una serie di motivi non dipendenti dalla loro volontà (e quindi non necessariamente avere una personalità incline al rischio);
• il successo o il fallimento di una startup o di un’azienda in generale dipende anche dalla combinazione specifica che si verifica tra l’imprenditore migrante e le condizioni esistenti nei paesi di destinazione (leggi specifiche, fase economica, condizioni del mercato del lavoro, ecc.).
Detto questo, ciò che mi appassiona in generale è la volontà di lanciare nuove imprese e iniziative, e le capacità imprenditoriali di persone migranti non fa eccezione.
Dopo il dibattito generale in Europa, e anche grazie ai programmi finanziati dall’Unione europea, sono sorti in Italia alcuni esperimenti pilota, alcuni solo in fase di avvio, anche se nessuno di questi ha ancora una portata molto ampia. Solo pochissime, tra le iniziative volte a migliorare le possibilità per i migranti di accedere a opportunità di lavoro, hanno avuto un vero focus sull’imprenditorialità, e, anche nella selezione di obiettivi, ci sono state molte scelte diverse nella progettazione (su quale età dovremmo concentrarci? Qual è il livello minimo delle capacità linguistiche? Dovremmo lavorare con i migranti in generale o con i rifugiati?).
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Anche se ci sono molte organizzazioni che hanno dato attenzione al tema dei migranti, al fine di portare un contributo ad alcune delle tematiche di cui sopra, ho trovato interessante conoscere maggiormente alcuni dei progetti esistenti ad oggi in Italia. Anche se alcuni di essi possono essere considerati più come un progetto pilota o prototipo piuttosto che riferimenti reali con un track record consistente, credo che abbiano in sé alcune buone pratiche e rappresentino un seme per lo sviluppo futuro.
Alcune esperienze italiane
Di nuovo: questo non vuole essere un elenco completo delle maggiori esperienze in Italia, ma più una visione di alcune delle esperienze incontrate, e qualsiasi suggerimento o riferimento aggiuntivo è il benvenuto. Ecco i progetti più significativi incontrati:
- Croce Rossa Italiana (sede di Milano) è nota soprattutto per il suo lavoro in ambito medico, ma gestisce anche progetti sociali come Esiras, finanziato anche dall’UE, attivo in alcuni paesi europei. Il progetto dura 18 mesi, terminerà nel giugno 2019 e porterà almeno 60 persone a ricevere una formazione professionale completa con l’attivazione di almeno 20 stage. Sebbene lo scopo del progetto non sia quello di creare o gestire nuove iniziative, molti tirocinanti mostrano un atteggiamento particolarmente propositivo che li rende ideali candidati a sviluppare nuovi progetti imprenditoriali. Croce Rossa Italiana si occupa principalmente dell’empowerment dei candidati, in termini di competenze trasversali e di alcune competenze chiave, e successivamente alcuni partner locali finalizzano la formazione su aree tecniche specifiche (formazione professionale).
- Make a cube è un incubatore di startup focalizzato su tematiche sociali, che collabora abitualmente con molteplici attori della società civile e del comune. Hanno gestito il progetto MEnt (Migrant Entrepreneurship – finanziato dall’AMIF), con due call per presentare idee e ricevere formazione, con l’obiettivo di attirare migranti e rifugiati per sviluppare un’attività nuova o per far parte di un team di imprenditori esistente. Il progetto è stato implementato in parallelo in 5 paesi dell’UE (Italia, Francia, Belgio, Germania, Austria) e in Italia ha formato più di 40 persone.
- Mygrants.it è nato come Web e Mobile App per aiutare SPRAR e CAS a fornire formazione ai migranti e potenziarli dando loro tutte le informazioni di base sui loro diritti e doveri in Italia, per opportunità di studio o di inserimento professionale. Finanziato da un migrante egli stesso, è un sistema di micro-apprendimento che ha raggiunto rapidamente un numero impressionante di persone registrate, grazie al modello di business che passa per l’ottenimento delle iscrizioni da SPRAR e CAS. Ora Mygrants ha anche iniziato a fornire consulenza per le startup sia di migranti sia di italiani.
- Unicef ha creato in altri paesi Upshift, un programma per potenziare le mentalità di crescita degli adolescenti e la loro capacità di identificare le sfide della comunità, stabilire obiettivi realistici e sviluppare soluzioni imprenditoriali sotto forma di prodotti o servizi. Il programma è iniziato ora anche in Sicilia, ed il primo ciclo si concluderà a giugno 2019, con partner come Junior Achievement e Mygrants.it stessa. Upshift si concentra su un giovane gruppo target di italiani e migranti con istruttori specializzati in problemi e sviluppo giovanile e non si conclude necessariamente con la costituzione di una startup.
Dopo questi approfondimenti, rimango convinto che ci sia un’opportunità non sfruttata in questo campo. Volendo o no, nei decenni passati i flussi migratori hanno cambiato il volto delle città, hanno avuto un impatto sulle nostre vite e hanno portato cambiamenti significativi nelle abitudini e nei costumi. L’opportunità è quella di creare uno strato dell’ecosistema in grado di accogliere e potenziare l’impatto delle mentalità più imprenditoriali, al fine di apportare un contributo al nostro sistema economico, sia tramite nuove iniziative che la creazione di posti di lavoro.