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Abbiamo incontrato Marco Gerevini, consigliere delegato di Fondazione Housing Sociale e membro del CdA della Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore
Con una lunga esperienza di corporate finance in istituzioni internazionali, Marco Gerevini dal 2012 è consigliere delegato di Fondazione Housing Sociale, mentre dal 2017 è membro del CdA della Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore. Lo abbiamo incontrato per discutere con lui dei trend italiani e internazionali dell’Impact investing.
Intervista a Marco Gerevini
StartupItalia: Che cos’è l’impact investing? Quali tipologie di strumenti finanziari possono essere utilizzati?
Marco Gerevini: Si tratta di un approccio all’attività di investimento che prevede di realizzare investimenti in aziende e organizzazioni che si strutturano per rispondere a sfide sociali o ambientali con obiettivi misurabili, e sono in grado remunerare o almeno rimborsare il capitale investito. Nello specifico, si dice di tipo “finance first” nei casi in cui gli investitori abbiano obiettivi di rendimento di mercato per strumenti e profili di rischio omogenei;
“impact first” quando sono prioritari gli obiettivi di impatto, mentre gli obiettivi di rendimento sono tipicamente inferiori al mercato, su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo (“capitale paziente”).
L’impact investing non è quindi un’asset class a sé stante, quanto piuttosto un nuovo approccio agli investimenti che possono essere realizzati con diverse tipologie di strumenti, di equity, di debito e ibridi.
StartupItalia: Quali sono i settori più rilevanti a livello internazionale e perché?
Marco Gerevini: Per l’analisi a livello internazionale utilizziamo i dati del report annuale del Global Impact Investing Network, attualmente la rete più rappresentativa di investitori, gestori di fondi e advisor di questo settore. Nella mappatura dei report annuali dal 2014 al 2017, emerge che storicamente gli investitori hanno privilegiato la microfinanza, l’housing sociale e l’energia, che costituiscono insieme oltre il 50% del valore degli asset gestiti in ambito impact. La rilevanza di questi settori è naturalmente collegata alla presenza di un asset sottostante l’investimento, quale un immobile, un portafoglio di microprestiti o un’infrastruttura per la produzione di energia rinnovabile. Seppur con dimensioni ridotte, pari al 4% del campione, il settore WASH (water, sanitation & hygene), cioè relativo alle condizioni di igiene, fornitura di acqua potabile, etc., è quello a maggior crescita nel 2017 (7 volte in più rispetto al 2016).
StartupItalia: Com’è il panorama a livello Italiano in termini di offerta di “capitale paziente”?
Marco Gerevini: Fatta eccezione per un’esperienza su larga scala come quella del Sistema Integrato dei Fondi di Housing Sociale e per pionieri come Oltre Venture, l’esperienza italiana in termini di impact investing è piuttosto recente. Secondo la ricerca Tiresia Social Impact Outlook 2018, sono €210 milioni gli asset di gestori e investitori italiani che rispondono a logiche “strettamente impact”. Si tratta soprattutto di soggetti che investono nella nascita o nello sviluppo di iniziative imprenditoriali che affrontano rilevanti sfide sociali o ambientali che necessitano di investimenti in equity tra €250mila e €500mila, quindi di dimensione decisamente inferiore rispetto ai ticket di investimento dei fondi di venture capital tradizionali.
La Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore, ha un approccio istituzionale all’impact investing: l’attività di investimento diretto e indiretto mediante il proprio patrimonio è infatti finalizzata alla promozione del settore e alla crescita dell’offerta di capitale paziente in Italia. Al fine di massimizzare il potenziale addizionale del nostro intervento, operiamo con un approccio assimilabile al “social venture capital”, investendo tipicamente con partecipazioni di minoranza, con obiettivi di rendimento calmierati su orizzonti temporali medio-lunghi. Anche se, in funzione della forma giuridica delle società che si candidano per un investimento, è possibile che si ricorra talvolta a strumenti ibridi o a strumenti finanziari partecipativi.
Tra le iniziative attualmente attive, con diversi approcci a seconda dell’area di intervento, della fase del ciclo di vita e dei settori di riferimento, si possono citare Social Fare Seed, Rancilio Cube, Sefea Impact e Genera.
E’ infine importante sottolineare che, seppur queste iniziative siano fondamentali per l’avvio del cosiddetto “ecosistema” dell’impact investing in Italia, è cruciale il miglioramento della qualità della domanda di capitali. Solo attraverso un’attività profonda di “capacity building” delle competenze degli imprenditori “impact” e di ibridazione con modelli profit si potranno sviluppare modelli di attività che siano al tempo stesso generatori di impatto e sostenibili nel lungo periodo e, di conseguenza, attrarre un numero sempre maggior di investitori nello spazio impact.
StartupItalia: Quale può essere l’evoluzione a tendere dell’impact investing nei prossimi anni secondo la Fondazione?
Marco Gerevini: Se da un lato il settore in Italia è ancora in una fase iniziale, considerando i veicoli attualmente in fase di strutturazione o fundraising, è possibile ipotizzare che entro i prossimi 3 anni gli asset gestiti con una logica “Impact first” possano raggiungere quota €400 milioni. Secondo le nostre stime, questo potrebbe significare un investimento medio annuo di €20 milioni a regime, a fronte di un valore annuo attuale stimato intorno a €6 milioni. Un mercato ancora piccolo in Italia, ma in forte crescita e che sta attirando sempre più le attenzioni dei nuovi investitori che desiderano investire in imprese che affrontano sfide sociali e ambientali, ottenendo anche un rendimento finanziario.
Guardando al settore con uno sguardo più ampio, includendo gli investimenti di tipo “Finance first” e portafogli gestiti con logiche sostenibili, è ragionevole auspicare che la tendenza, soprattutto da parte dei millennials e delle nuove generazioni, sia sempre più quella di affidare i propri risparmi a gestori che analizzino le opportunità di investimento nell’ottica di costruire portafogli bilanciati che includano in maniera crescente investimenti sostenibili, ma anche investimenti a impatto; una tendenza già in atto soprattutto nel mondo dei Family Office. Questo processo passa anche per un’ibridazione di lungo periodo del settore profit e di quello non profit, la cui linea di separazione andrà sempre più sfumando.
Leggi anche: Uno dei più grandi social impact funds a livello mondiale è in Italia
StartupItalia: Quale può essere il contributo di un’iniziativa come Get it! in questo scenario?
Marco Gerevini: L’idea del programma Get it! nasce dalla constatazione che in Italia sussiste un insieme di potenziali nuovi imprenditori sociali, con idee imprenditoriali che potrebbero raggiungere la sostenibilità economica e rispondere a sfide rilevanti, ma che sono in una fase troppo prematura per risultare attraenti per i venture capital, mentre i fondi con un approccio “seed” in Italia sono poco numerosi e con una dotazione limitata. Per gli investitori che non considerano le componenti di impatto nelle loro analisi, il profilo di rischio e rendimento di investimenti di questo tipo non sempre risulta soddisfacente, lasciando ai potenziali imprenditori sociali la possibilità di rivolgersi alla ristretta platea composta dalle cosiddette “3 F”: Family, Friends and Fools.
Per questo motivo, nel 2018 nasce “Get it! – Percorso di valore”, il format sviluppato da Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore in collaborazione con Cariplo Factory che intende creare le condizioni ideali per permettere a nuove start-up sociali nelle loro fasi iniziali di sviluppo di germogliare e crescere.
La prima edizione di Get it! prevede 5 call for impact tematiche che potranno permettere a circa 50 startup di accedere a un percorso di incubazione o accelerazione su misura della durata di 3 mesi presso uno dei 20 partner (incubatori e acceleratori certificati) che abbiamo selezionato su tutto il territorio italiano.
Al percorso segue un ulteriore periodo di 3 mesi in cui un mentor con esperienza pluriennale, selezionato in base alle priorità emerse durante i primi 3 mesi di percorso, accompagnerà gli imprenditori in attività quali, ad esempio, l’affinamento del modello operativo, la definizione della strategia di go-to market, l’identificazione delle modalità di reperimento di risorse finanziarie, etc.
Durante tutta la durata del percorso, le startup ricevono visibilità attraverso i canali social della Fondazione e hanno accesso al network di potenziali investitori e partner industriali di Fondazione Social Venture GDA e di Cariplo Factory, oltre a servizi a valore aggiunto messi a disposizione dagli acceleratori e dai supporters di Get it!. Infine, le 4 migliori start-up selezionate potranno ricevere un investimento in equity da parte della Fondazione per un totale di €130.000.
Più in generale, Get it! risponde alla volontà della Fondazione di fornire un ventaglio di servizi a supporto dell’imprenditoria sociale innovativa, che possa permettere di coprire tutti gli stadi del ciclo di vita delle imprese, mediante la strutturazione di programmi e strumenti dedicati. Nei prossimi mesi, infatti, prevediamo di lanciare altri programmi con il format Get it! e di potenziare la capacità di offrire capitale paziente.