Il Vecchio continente dice stop alla plastica. Molte startup italiane sono in prima linea in questa lotta per la salvaguardia dell’ambiente
Tutti contro la plastica! Sembra essere questo lo slogan degli ultimi tempi. Ovunque leggiamo di battaglie contro l’inquinamento ambientale. I progetti per rimpiazzare la plastica con materiali riciclabili si moltiplicano ogni giorno.
Anche l’Europa si è attivata per la causa: l’altro ieri l’Europarlamento ha approvato la direttiva che vieta dal 2021 alcuni articoli in plastica monouso. Si tratta di sacchetti, piatti, bicchieri, posate, bacchette, cannucce, bastoncini cotonati e quelli per palloncini e ancora plastiche ossidegradabili, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso.
Sommersi dalla plastica
Secondo le stime lanciate da un report del 2018 di WWF, la plastica rappresenta il 95% dei rifiuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge del Mediterraneo. Legambiente ha monitorato 78 spiagge italiane, ogni 100 metri di spiaggia italiana ci sarebbero 620 rifiuti, di questi l’80% è plastica seguita da vetro/ceramica (7,4%), metallo (3,7%) e carta/cartone (3,4%).
“Al Governo chiediamo di avviare subito un tavolo con tutti i portatori d’interesse per accompagnare la transizione e rendere efficace il percorso di deplastificazione”, afferma il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani –. Così come ci aspettiamo vengano ribadite in Italia l’importanza delle bioplastiche nello sviluppo dell’economia circolare, compresa la filiera dei rifiuti organici e del compostaggio, di cui il nostro Paese è leader in Europa”.
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Startup che riciclano per il bene del pianeta
In molti si sono attivati per cercare di combattere questa emergenza realizzando le idee più disparate. E chi segue Impact lo sa bene, dato che parliamo quasi quotidianamente di startup, italiane ed estere, che provano a migliorare la condizione in cui versa il pianeta. Come per esempio Vivobarefoot, che con la plastica e le alghe realizza scarpe sportive e di tendenza, o il bicchiere circolare di PCup o, ancora, River Cleaning, la startup che affronta il problema “a valle”, nel vero senso della parola, provando a pulire i fiumi.
Potremmo continuare, perché sono davvero tantissime e ogni anno aumentano, ma oggi invece vogliamo parlare di Fabrizio Mesiano, CEO di Felfil (qui il sito), startup che ha inventato un modo per riciclare (in casa) la plastica ottenendone filamenti per la stampante 3D. ”Crediamo fortemente nell’economia circolare, e vogliamo, grazie al nostro sistema, permettere a chiunque di trasformare, autonomamente, i propri rifiuti plastici in un nuovo materiale col quale produrre praticamente qualunque cosa”, ci ha raccontato Fabrizio.
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“Invece di buttare i nostri rifiuti nel cestino, verranno tritati ed estrusi grazie a Felfil Evo, che produrrà una bobina di filamento standard. Quest’ultima servirà ad alimentare una stampante 3D che ci permetterà di creare, ad esempio, degli utensili, dei ricambi per un elettrodomestico rotto. Il nostro progetto è nato quando ancora studiavamo al Politecnico, ed è li che ci siamo accorti di quanta plastica venisse quotidianamente sprecata nella mensa. Avevamo la libertà di scegliere cosa creare senza alcun vincolo esterno, ma al contempo sentivamo anche la forte responsabilità di realizzare un macchinario che potesse migliorare il futuro del nostro pianeta”.