In un settore altamente competitivo come quello dei social network, un musicista e un programmatore lanciano una nuova piattaforma basata sulla condivisione e concatenazione di brevi video.
L’idea che muove l’algoritmo di Wiblo è questa: un utente può postare un video di sei secondi riguardante le categorie food, sports, tech, arte e diverse altre. Grazie alla funzione “Join” altri utenti possono continuare la storia caricando i loro video, per un massimo di cinque.
Viene definita cut up quella tecnica di scrittura in cui servono carta, penna e forbici. Dopo aver riempito un foglio di frasi o singole parole bisogna tagliarlo riga per riga. Il testo viene poi riorganizzato pescando i ritagli in ordine casuale. Musicisti del calibro di David Bowie, Kurt Cobain, Thom Yorke e Iggy Pop hanno utilizzato frequentemente il cut up per scrivere i testi delle loro canzoni.
Forse non è un caso che i creatori di questo nuovo video social network siano il musicista Emanuele Frusi e il programmatore Mattia Provincia. Li abbiamo intervistati per capire come la loro creatura sia in grado di distinguersi in un settore così competitivo.
L’intervista
Perchè avete deciso di creare un nuovo social network?
L’idea era quella di realizzare un prodotto che restituisse alle persone un frammento di esperienza della vita reale, ma attraverso un nuovo concetto di condivisione. Abbiamo ribaltato il processo che vede un singolo utente generare un contenuto dalla A alla Z puntando sulla creazione condivisa. Il risultato è una concatenazione di contenuti in cui non si sa chi contribuirà alla storyline proposta dal primo utente. Noi crediamo che questo effetto sorpresa possa rendere un social network più libero e originale.
Come può questo effetto sorpresa rendere Wiblo preferibile ad altri social network?
L’intento è sempre stato quello di creare qualcosa di drasticamente diverso fin dalla base. Oggi il mercato propone infinite soluzioni e molto spesso riproposizioni di app che fanno qualunque cosa sulla base di idee già esistenti. Noi volevamo fin da subito una piattaforma che facesse una cosa sola, diversa dagli altri, con tutti i rischi che ne conseguono. Il punto è che non è detto che ti piaccia quello che fa Wiblo, ma se ti piace c’è solo Wiblo che lo fa. Almeno per ora.
Quanto tempo ha richiesto lo sviluppo di tutti gli elementi della piattaforma?
Sviluppare Wiblo non è stata una cosa semplice, perché prima abbiamo voluto analizzare bene quale direzione prendere e capire come realizzare la struttura che sottende l’interfaccia. Il motore che gestisce il match dei contenuti e la concatenazione degli eventi è molto articolato. Fin dall’inizio doveva essere già pronto per una gestione complessa di richieste. Dopo aver realizzato l’engine abbiamo speso un anno per ultimare il prototipo funzionante. Essendo io uno sviluppatore IOS abbiamo scelto Apple come sistema di base.
Avete ricevuto il sostegno della Link Campus University.
Il sostegno da parte della LCU è stato determinante sotto molti aspetti. Partecipando all’incontro dedicato ai cittadini umbri che abitano a Roma abbiamo avuto l’occasione di presentare il nostro prototipo al dottor Andrea Ingrosso (che è entrato anche a far parte della squadra) e al professor Carlo Maria Medaglia. Possiamo definire questo incontro il pitch più veloce della storia, e da quel momento in poi il gruppo Link è stato complice di ogni nostro passo nel trasformare Wiblo da prototipo a piattaforma.
Quali impressioni avete raccolto dai primi utenti che hanno utilizzato il vostro social network?
I primi feedback sono stati molto positivi e costruttivi. Abbiamo ricevuto consigli sia in merito al miglioramento dell’interfaccia di Wiblo, sia lo sviluppo di altre idee molto interessanti. Siamo ancora in piena fase di raccolta dati e sempre in cerca di nuovi riscontri e tester per validare la app. Fin dall’inizio dello sviluppo esecutivo abbiamo creato dei focus groups “amici” e al momento della release ci siamo avvalsi del giudizio di un paio di gruppi Facebook che continuano a supportarci come beta tester.
E gli standard della vostra politica sulla privacy?
Siamo molto attenti al tema dei dati sensibili degli utenti, proprio perché Wiblo è una piattaforma che si basa sul contenuto visivo. Gli accessi alla nostra app avvengono attraverso autorizzazioni di terze parti, quali Facebook, Instagram e Google. Di conseguenza sono loro a fornirci i dati necessari. Noi abbiamo accesso solo a quelli pubblici e comuni, quindi non c’è bisogno di nessuna autorizzazione speciale. Bastano solamente l’età e le credenziali di accesso agli altri social. Inoltre, non immagazziniamo nessun dato utente nella nostra rete e non concediamo informazioni ad altri soggetti per operazioni di marketing o altro.
Un’ultima domanda: da cosa deriva il nome Wiblo?
Wiblo in realtà non ha un significato proprio, né è un complesso acronimo. Ci piaceva semplicemente il suono di questa parola, simile a quello di Weibo, il social network più popolare in Cina. Ma vogliamo svelare altri retroscena: è anche un omaggio al mondo retro gaming, perché ci ricorda il sapore di Nintendo, Sega e tutto l’universo Arcade. In particolare ci siamo ispirati al personaggio di Wario e al suo cappello con la W.