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Un’intervista a tutto tondo alla direttrice della sede Americana di Future Food Institute e Venture Partner di Global RIFF. Tra nuove tendenze e startup affermate c’è spazio anche per parlare di donne e innovazione
Il 25 Gennaio 2019, gli Stati Generali delle Donne mi consegneranno il premio “Donne che ce l’hanno fatta” a Matera, nell’ambito di un evento tutto al femminile ideato e realizzato da Isa Maggi.
Sono onorata di questo riconoscimento, soprattutto perché è conferito da una community di donne ad una donna. Mi fa sentire protagonista di un nuovo processo di empowerment e consapevolezza, in cui le donne fanno squadra non per rivendicare un ruolo, ma per affermare una scala meritocratica capace di semplicemente di assecondarne la natura, senza scimmiottare modelli maschili incentrati su una competizione spesso sleale, ma promuovendo modelli di crescita incentrati su una collaborazione di precisione.
Per questo, ho deciso di festeggiare raccontando non la mia storia, ma quella di un’altra donna, alimentando così il meccanismo di crescita del nostro potenziale, come individui e come community.
Oggi, vi racconto quindi Chiara Cecchini
Chiara è la direttrice della sede Americana di Future Food Institute e Venture Partner di Global RIFF. E’ ricercatrice alla prestigiosa Università californiana UC Davis e al Barilla Center Food Nutrition Foundation. E’ Research Affiliate presso Institute For The Future e membro dell’Advisory Board di Maker Faire San Francisco, nonché deii Global Shapers presso il World Economic Forum.
Chiara è una scienziata, una manager e una startupper
Ha infatti fondato, nel 2014, Feat, un’azienda che opera nel settore del benessere aziendale, lavorando con aziende quali Barilla, CAMST e Airbnb.
La sua formazione conta, tra l’altro, la Laurea in International Management presso ICN Business School di Nancy, la Laurea in Management presso MGIMO University, Mosca ed il Master di II livello Food Innovation Program, che prevede nel suo percorso il più grande giro del mondo dell’innovazione applicata al settore agroalimentare. E Chiara di giri del mondo con il Food Innovation Program, ne ha fatti 2.
Chiara pensa come un’attivista e agisce come una scienziata. Con rigore, analisi, studio e formazione continua, senza mai dimenticare di allargare le sue prospettive, attraverso la contaminazione tra diversi stakeholder e metodologie e soprattutto attraverso un’enorme curiosità verso la reazione al superamento dei propri limiti. Lo dimostrano le sue maratone, i corsi di coding, i viaggi in mongolfiera, il surf sulle coste californiane e soprattutto la sua propensione a dire più “perché no”, che no.
Il suo percorso di formazione e professionale le conferisce un’autorevolezza di fama mondiale sul tema della Food Innovation ed un osservatorio di centinaia di organizzazioni accademiche, imprenditoriali e mediatiche.
Per questo l’ho intervistata sullo stato dell’arte e le prospettive del settore dell’innovazione applicata al settore agroalimentare e sulle relative opportunità di business, a partire dal sistema Italia e da quello della Silicon Valley, chiedendole di raccontarci degli esempi concreti di realtà che stanno rivoluzionando il mondo del cibo. Proprio come lei.
L’intervista
VC nel Food tech: qual è la situazione a San Francisco?
Gli investimenti VC sono incrementati del 21% a livello globale nell’ultimo anno, toccando 207 miliardi di dollari. Di questi, San Francisco ha toccato il suo massimo storico nel 2018, arrivando a 18 Miliardi di $ (+55%). Negli Stati Uniti, dopo San Francisco e Silicon Valley, si posizionano New York e Boston.
San Francisco è la capitale delle startup che crescono con capitalizzazioni da record, quindi puoi immaginarti quanto sia stimolante respirare ogni giorno un’aria così ricca di spinta imprenditoriale.
Ma arriviamo al food, quali sono gli investimenti?
Come spesso accade, il food non è tra i principali settori in termini di investimenti. I ritorni sono relativamente piccoli rispetto a settori quali FinTech, Healthcare o Big Data. Ma la “contaminazione tecnologica” ha il suo peso e sta rendendo il settore agro-alimentare sempre più rilevante in termini di ritorni sugli investimenti. Il terzo più grande investimento del 2018 negli Stati Uniti è stato appunto un investimento di 600 Milioni di dollari in Instacart, una piattaforma di online shopping che collega vari supermercati al consumatore finale. Il quale si aggiunge al investimento di 535 Milioni di dollari registrato lo scorso Marzo in DoorDash, che ha portato la valutazione di una delle aziende leader in food delivery a 1.4 miliardi, inserendola finalmente nel club dei cosiddetti “unicorni”.