Un ingegnere di Nissan ha firmato un prototipo in fase di test che tiene in salute il raccolto sostituendo gli uccelli in ali e ossa
Le anatre sono il sistema migliore nelle risaie per evitare il ricorso eccessivo prodotti chimici e concimi. Si tratta di un metodo di agricoltura biologica già noto in tutto l’Estremo Oriente oltre 400 anni fa e tornato in voga negli anni Ottanta in Giappone grazie a un contadino, Takao Furuno. In buona sostanza, consiste nell’allevare anatre e pesci nelle risaie in modo da limitare naturalmente la presenza di insetti e parassiti, dunque facendo fuori la chimica per la difesa del raccolto, ma escludendo anche l’uso di concimi visto il ruolo degli escrementi degli animali. Un sistema che, a quanto pare, aumenta la produttività della risaia, anche per lo sfruttamento degli animali che ci vivono e poi vengono destinati all’alimentazione.
Il metodo “aigamo”
Il metodo si chiama “aigamo”, dal nome dell’anatra domestica, la più indicata per questo tipo di “lavoro” nelle risaie. Se tuttavia non ce ne sono disponibili, o non si intende poi destinarle all’uso alimentare, o per chissà quale altra ragione, Nissan ha appena tirato fuori dal cilindro una divertente alternativa. Qualcuno l’ha battezzata la “roomba delle risaie”, riferendosi al robottino aspirapolvere. Il colosso automobilistico sta infatti testando niente meno che un’anatra robot, anzi una roboanatra che si aggira nella risaia impedendo alle erbacce di proliferare, evidentemente con una sorta di lavoro di aspirazione che rimesta l’acqua e impedisce ai raggi solari di far crescere le gramigne.
Il futuro del prototipo
Non si sa se il robottino vedrà mai la luce come prodotto disponibile ai consumatori. Al momento, è in fase di test nella prefettura di Yamagata. Fra l’altro, pur brandizzato Nissan è comunque un prototipo interno firmato da un singolo ingegnere del colosso. Ciononostante al robot, che pesa un chilo e mezzo, non manca nulla: è equipaggiato con Gps, connessione Wi-Fi e cella solare per minimizzare l’impatto ambientale.
In generale, al netto del progetto specifico, l’anatra-robot segnala una strada sempre più verosimile: quella dell’integrazione fra robotica e agricoltura, anche negli scenari più delicati come quelli delle risaie o per le produzioni per le quali non si trova sufficiente forza lavoro o persone formate a dovere. Dopo le fabbriche, insomma, anche i campi – e le infinite soluzioni agritech di cui ci siamo occupati su The Food Makers lo dimostrano – potrebbero svuotarsi di lavoratori, o trovare con essi inedite modalità di collaborazione, per lasciare spazio non solo alla curiosa “roboduck” ma anche a droni e altri androidi sempre più raffinati in grado di svolgere lavori sempre più gravosi o particolari.