Arrivano su Nintendo Switch gli episodi mancanti della saga. Due capitoli ricolmi di sfide, situazioni e modalità di gioco pensati per essere condivisi con un amico
La saga di Resident Evil (Biohazard in Giappone) ha sempre avuto un rapporto conflittuale con le console Nintendo. Nata originariamente su PlayStation, la prima trilogia arrivò con grande ritardo su Nintendo 64. Poi, ai tempi del GameCube, gli sviluppatori di Capcom omaggiarono la nuova piattaforma persino di una esclusiva, Resident Evil 4, che però esclusiva non rimase a lungo e infatti il quarto capitolo fu portato anche sulle console della concorrenza. Stessa cosa accadde nuovamente ai tempi del 3DS con Resident Evil Revelations. Mentre su Wii arrivarono alcuni FPS on rail piuttosto discutibili (The Darkside Chronicles e The Umbrella Chronicles, più simili alla serie The House of the Dead). Ma i fan di Nintendo restavano orfani degli ultimi due capitoli, il quinto e il sesto. Almeno finora.
Cosa ci attende in Resident Evil 5
Andiamo naturalmente in ordine cronologico. Uscito nel marzo 2009 su PlayStation 3 e XBox 360, il quinto episodio partiva con una missione ben precisa: estendere il concept che aveva reso Resident Evil 4 un capolavoro. Il quarto episodio era infatti riuscito a rivoluzionare il gameplay che sapeva ormai di stantio, senza però snaturarne l’essenza. Era stato capace, cioè, di virare verso il genere action lasciando inalterata l’atmosfera da survival horror. Ancora oggi lo si ricorda tra i più spaventosi e coinvolgenti della serie.
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Ecco, Resident Evil 5 doveva rappresentare la sua naturale evoluzione. Più facile dirsi che a farsi, perché niente è semplice quando il capitolo che ti ha preceduto è unanimemente considerato il migliore dell’intera serie. E infatti, lo diciamo subito, non ci riuscì. Ma questo non volle certo dire che fosse un brutto titolo. Anzi. Semplicemente, Resident Evil 5 era forse troppo aderente al quarto capitolo e dove aveva osato per differenziarsi aveva soltanto ottenuto l’effetto di ridurre la tensione provata da chi impugnava il pad.
Mal d’Africa
La novità più importante era data dal fatto di poter spartire l’avventura con un amico: uno si calava nei panni di Chris Redfield, storico protagonista della serie, l’altro in quelli, assai più attillati, di Sheva Alomar, new entry nel cast di eroi. Bello, anzi, molto emozionante, ma una cosa è addentrarsi in una villa infestata da zombie tutti soli, un’altra è sfidare la propria ragazza al gioco di chi riesce a far saltare più teste: la sensazione di terrore finisce calpestata dalla frenesia agonistica.
Intendiamoci, soprattutto al livello di difficoltà più alto, le pallottole scarseggiavano di continuo e si era puntualmente soverchiati da una marea di mostri oltretutto parecchio coriacei ma, complice anche la scelta di ambientare l’intero capitolo in Africa, non si provava quasi mai quell’angosciante sensazione di terrore che pervadeva invece le strade di Raccoon City o i dintorni dell’iberico Pueblo (Resident Evil 4).
Fioccarono le polemiche, un buon numero di fan aggrottò le sopracciglia, ma tutti dovettero arrendersi di fronte al fatto oggettivo che Resident Evil 5 fosse un titolo assai solido (e con le sue oltre 11 milioni di copie vendute, resta quello di maggior successo). Certo, era stato pensato soprattutto per il coop e dava il meglio se affrontato in due, ma gli sviluppatori si erano impegnati davvero tanto per non fare avvertire al giocatore che in fondo tutto il gioco si basasse su un concept tanto semplice quanto ripetitivo: entra in una stanza (anche all’aperto, le mappe erano tutte arene dai bordi invalicabili), ti ritrovi circondato da zombie, sopravvivi, cerca la chiave per uscire e passa a quella successiva.
In alcuni frangenti si veniva catapultati per esempio a bordo di mezzi meccanici intenti a bersagliare gli inseguitori, in altri bisognava alternarsi con la propria spalla per risolvere enigmi che sbloccavano serrature a tempo o disinnescavano trappole mortali, aprendosi vicendevolmente la strada pur operando in zone remote della stessa mappa. Fortunatamente chi lo giocava in singolo poteva contare su di una IA dell’alleato soddisfacente (il meglio, lo ripetiamo, Resident Evil 5 lo dà ancora oggi, su Switch, se affrontato in due), ma in ogni caso non si era più soli contro l’orrore.
Capcom vi rimediò in un secondo momento, con un DLC (contenuto extra a pagamento) tutto incentrato su Jill Valentine (dall’eloquente titolo: “Incubo senza uscita“) che doveva sopravvivere a locazioni più famigliari e tradizionali.
Insomma, i classici interni bui e spettrali di Villa Spencer che hanno reso popolare la saga. Se Resident Evil 5 spazzava via ciò che era stato della serie fino ad allora, il contenuto extra Incubo senza uscita era invece un Resident Evil 1 in miniatura e dava molto più peso alla necessità di creare atmosfera rispetto alla possibilità di sparacchiare ovunque, di continuo, a frotte di nemici, che nel DLC infatti venivano cadenzati ed entravano in scena nel modo più spettacolare possibile. Insomma, anche i fan tradizionalisti erano stati accontentati. Naturalmente, su Nintendo Switch Resident Evil 5 arriva a prezzo budget con tutti i contenuti extra che 10 anni fa costituirono invece un esborso ulteriore. Parliamo in tutto di oltre 18,5 Giga di dati.
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Resident Evil 5, dieci anni dopo
Ma veniamo all’oggi. Com’è rigiocare su Switch un titolo del 2009? Dieci anni dopo, il gioco Capcom si difende ancora molto bene. Certo, l’ottimizzazione non è ottimale: da un lato le ambientazioni soleggiate non riescono a nascondere il fatto che, graficamente, sia figlio della scorsa generazione di console, dall’altro il frame rate su Switch è a dir poco ballerino, soprattutto quando i mostri affollano lo schermo. E gli scatti si avvertono maggiormente in coop, con lo schermo diviso a metà (a questo proposito, meglio giocarlo su televisori molto, molto panoramici o si rischia di non capire che accade di fronte a voi).
Rimane invece intaccato il divertimento. Per i tradizionalisti il coop a 2 avrà anche seppellito la tensione, ma Resident Evil 5 resta uno dei titoli più divertenti da giocare in compagnia di un amico degli ultimi dieci anni. Longevo, solido, appassionante, terrà voi e il vostro compagno di disavventure incollati allo schermo. In più, la versione Nintendo Switch beneficia dell’online e questo amplia ulteriormente le possibilità di condividere il gioco con qualcuno. Avremmo anche voluto una revisione dei controlli, che restano legnosi in perfetto stile Resident Evil, ma anche quelli, del resto, fanno parte della tradizione.
Le novità di Resident Evil 6
Se Resident Evil 5 con le sue ambientazioni baciate dal sole africano fece borbottare più di un fan, il sesto episodio causò vere e proprie proteste che indussero qualche anno dopo Capcom a progettare il reboot della saga, avvenuto con lo splendido Resident Evil 7, che ci auguriamo di trovare presto anche qui su Nintendo Switch. Il problema era sempre lo stesso: trovare la quadratura del cerchio nella ineludibile necessità di operare un bilanciamento tra azione e tensione. Un capitolo come il quinto, eccessivamente action, avrebbe allontanato lo zoccolo duro di seguaci che continuava a pretendere che la saga restasse ancorata agli stilemi d’antan, uno incentrato sulla tradizionale formula survival horror avrebbe invece annoiato il videogiocatore del 2012, anno d’uscita di Resident Evil 6.
Come salvare capra e cavoli
La soluzione fu quanto più democristiana si potesse immaginare: suddividere il gioco in tanti capitoli, ciascuno con una coppia di protagonisti e un gameplay a sé. Tutti riprendevano la stessa storia da angolazioni differenti, arricchendola e aggiungendo nuove tessere al puzzle (e forse questo era l’espediente più riuscito), ma di fatto si trattava di avventure a compartimenti stagni, che guardavano chi più alle origini della serie chi più ai nuovi fan da ammaliare nel tentativo di non scontentare nessuno. Anche perché i capitoli erano selezionabili nell’ordine preferito e si poteva saltare quello che convinceva meno.
A ciascuno il suo Resident Evil
Si seguivano così le vicissitudini di Leon Scott Kennedy e Helena Harper, Chris Redfield e Piers Nivans, Jake Muller e Sherry Birkin con l’aggiunta di Ada Wong, la sexy spia pronta ancora una volta a sparigliare le carte. Ai primi due, cioè a Leon e Helena, Capcom aveva affidato il compito di rianimare il Resident Evil classico, quello cioè fatto di manieri infestati, cimiteri lugubri, spettrali catacombe e città assediate dagli zombie.
L’atmosfera horror risultava quasi estremizzata: tra cornacchie che gracchiano, tuoni che fanno saltare sulla sedia, vetri in frantumi, si ha quasi l’impressione che Capcom abbia voluto calcare la mano con l’autocelebrazione, sfociando nel grottesco.
Anche perché l’anima di gioco resta action, eppure, nonostante si possa impugnare perfino un bazooka, per aprire esili porte di legno la forza bruta non serve in quanto il gameplay esige che sia prima necessario spaccarsi la testa con folli enigmi presi di peso proprio dai primi capitoli. Che senso ha trovare una statuetta da incastrare nel piedistallo quando ho dietro dinamite a sufficienza da far saltare il muro che mi divide dalla prossima stanza?!
L’avventura di Chris Redfield e Piers Nivans era invece spiccatamente action. Quasi una emulazione di Gears of War, con frotte di infetti da blastare sfruttando saggiamente le coperture e facendo strafe tra di esse. Per la prima volta gli sviluppatori avevano ceduto alla necessità di far sparare il giocatore mentre correva e se questa era già di per sé una rivoluzione copernicana, tenetevi forte perché in Resident Evil 6 è persino possibile prendere a calci i mostri. Infatti, nonostante questa avventura consenta di scatenare sui nemici una incredibile quantità di piombo rovente (incredibile almeno rispetto agli standard della serie, che ha sempre chiesto ai giocatori di risparmiare i proiettili), è anche possibile prenderli a sberle come se non ci fosse un domani, così da stordirli e passare oltre. In realtà, un limite c’è ed è dato dalla barra della stamina: senza, Resident Evil 6 sarebbe diventato un vero e proprio picchiaduro…
Ti vedo meglio!
Yoshiaki Hirabayashi ha ascoltato le critiche dei fan ed è intervenuto per lo meno aggiustando la visuale in terza persona. Nel gioco originale era troppo vicina alle spalle del nostro alter ego virtuale che finiva così col nascondere oggetti da raccogliere e, soprattutto, i nemici che aveva davanti. Nei frangenti concitati si procedeva alla cieca, sventagliando la telecamera sopra e sotto il mal capitato eroe. In Resident Evil 6 per Switch tutto questo viene sanato da una nuova posizione della visuale che permette di godere di un respiro maggiore. Restano invece i dubbi legati al gameplay dell’avventura di Chris: da un lato, infatti, il gioco è un vero e proprio sparatutto in terza persona, dall’altro le munizioni scarseggiano… perché?
La storia di Jake Muller e Sherry Birkin è quella che si allontana maggiormente dai canoni della serie. Data infatti la natura di Jake (di più non vi diciamo per non rovinarvi la sorpresa), si concentra maggiormente sui combattimenti corpo a corpo anche se presenta alcune sequenze che sembrano volerla ancorare ai Resident Evil classici. Comunque sia, nonostante una trama delirante che vi porterà a imbattervi in situazioni assurde (è più facile che gli zombie armati di katana vi strappino una risata piuttosto di un urlo di paura), racchiude alcuni scontri emozionanti e, complice il personaggio nuovo dotato di poteri sovraumani, sa trasmettere un inedito e gustoso senso di potenza anche di fronte ai nemici più grossi (che capiteranno proprio sulla strada del nostro Muller).
E poi naturalmente c’è l’avventura della bella e sensuale Ada Wong, letale come non mai. In questo caso gli sviluppatori hanno provato a fare una summa delle sperimentazioni viste finora e il risultato non è affatto male, paradossalmente anzi è il più in linea con l’anima classica della serie. Agendo al solito da sola ed essendo priva di coperture, Ada introduce nell’avventura la componente stealth che insaporisce ulteriormente il brodo, anche se in troppe occasioni la ricetta finale si rivela claudicante e sporcata da una natura spuria che lascia intravedere l’assenza di un gusto dominante. Comunque sia, la sua parte è essenziale per comprendere meglio le trame degli altri episodi, perciò vi consigliamo di giocarla soltanto alla fine.
Insomma, recensire Resident Evil 6 non è affatto facile, sia per la mole di contenuti che presenta (anche la versione Switch porta in dote i DLC), sia soprattutto perché è in realtà quattro titoli in uno, ciascuno con regole di gioco molto differenti. Non è dunque un prodotto unitario, quindi rischia non solo di non avere un baricentro ma anche di scontentare più persone. Come il quinto episodio, tira fuori il meglio di sé quando affrontato assieme a un amico, perciò il nostro consiglio è quello di non filosofeggiare troppo sulla natura di Resident Evil, ma di telefonare alla vostra ragazza e di chiederle se ha voglia di far saltare le cervella a un centinaio di zombie.
In caso di risposta positiva, avrete per le mani un titolo solido e divertente, capace di intrattenervi per una ventina d’ore (alzando la difficoltà, poi, diventa mefistofelico). Anche perché a differenza del quinto capitolo, dove non c’era reale differenza tra i due eroi, Resident Evil 6 propone coppie variegate: Piers, per esempio, è dotato di fucile da cecchino e può coprire le spalle a Chris, mentre Sherry, più piccola e scattante di Jake (vero e proprio tank della saga), può sgattaiolare alle spalle dei nemici e colpirli con il manganello, così da stordirli e facilitare il resto del lavoro al compagno.
Le boss battle, inoltre, sono tra le più spettacolari ed entusiasmanti della saga e pazienza che talvolta su Switch il frame rate incespichi, perché riescono a emozionare forti del loro taglio cinematografico. Forse Resident Evil 6 ha la colpa di aver provato a fare tante cose, senza riuscire a eccellere realmente in nessuna, ma consegna ai giocatori un capitolo lungo e zeppo di cose da fare. Per chi non lo avesse giocato prima altrove, ora che è atterrato su Switch è certamente imperdibile, soprattutto in attesa del settimo, magnifico, capitolo, a patto di essere in due.