La lega di basket metterà a disposizione degli atleti Oura, wearable per tracciare i parametri fisici e prevenire eventuali contagi
La sicurezza è la priorità della NBA, anche se c’è ancora il rischio di non tornare in campo per concludere la stagione. E stavolta non c’entra l’epidemia, almeno non solo considerando la scelta di concentrare squadre e staff tecnici al Disney World di Orlando, perché a mettere in pericolo la corsa all’anello è il popolo afroamericano che, in seguito all’uccisione di George Floyd e alle proteste di piazza, ha provocato la ferma opposizione di un nutrito gruppo di giocatori, la cui priorità è ottenere migliori condizioni circa le opportunità di assunzione per neri nei ruoli apicali all’interno delle franchigie. Per questo la delegazione degli atleti attende un incontro con i proprietari dei team, con la ripresa dell’attività che al momento viene messa sullo sfondo, anche se la NBA ha già fatto sapere di attendere dai giocatori una risposta definitiva per ricominciare la regular season entro il 24 giugno.
L’anello che prevede i sintomi del Covid-19
Nelle stanze dei bottoni del campionato di pallacanestro più seguito al mondo, però, si continua a pensare che la querelle si risolverà (se non si gioca, addio soldi per i cestisti) e si guarda con attenzione il tema sicurezza. Per quanto il mondo NBA vivrà da luglio a ottobre inoltrato nella bolla Disney, la paura dei contagi resta un problema da risolvere, anche perché proprio negli ultimi giorni la Florida è stata uno degli stati americani a registrare la più alta impennata di casi. Tra le varie contromisure orchestrate dalla lega c’è anche Oura Ring, anello smart per tracciare in tempo reale i parametri fisici di chi lo indossa e archiviare la mole di dati su un’app per smartphone al fine di produrre una griglia valutativa circa il riposo e il recupero dell’atleta che, a sua volta, consente di prevedere con un anticipo di massimo tre giorni la possibile comparsa dei più comuni sintomi (febbre alta, tosse e difficoltà respiratorie) legati al coronavirus.
La precisione dei dati
Realizzato in titanio e prodotto dall’omonima azienda finlandese, il fitness tracker da mettere al dito è resistente e leggero (pesa 5,7 grammi), non teme l’acqua, conta su Led a infrarossi, accelerometro, giroscopio e vari sensori per misurare la temperatura corporea, la frequenza cardiaca, quella respiratoria e la qualità del sonno e i movimenti notturni. Ha una autonomia di sette giorni, si ricarica nel giro di un’ora e finora ha convinto personaggi come Jack Dorsey e Marc Benioff. L’aspetto che lo differenzia dai molti competitor sul mercato, tuttavia, è la precisione dei dati, pari al 95% e certificata dai test effettuati dal Rockfeller Neuroscience Institute (ente indipendente e no profit situato a Morgatown, nel campus della facoltà di medicina della West Virginia University). Uno strumento utile, perciò, per tenere sotto controllo le condizioni dei giocatori a 360 gradi, anche perché l’anello può avvisare chi lo porta qualora entrasse in contatto con persone contagiate.
I vantaggi di Oura
Premesso che la NBA e Oura non hanno rilasciato dichiarino né commenti sulla vicenda, l’utilizzo dell’anello dovrebbe essere una scelta di ogni giocatore, i cui vantaggi sono stati spiegati a GQ dal dottor Ali Rezai, presidente del Rockfeller Neuroscience Institute: “La tecnologia può aiutare il processo decisionale, facilitare la sicurezza e individuare chi deve avere la priorità per i test”. L’anello Oura non sarà comunque una esclusiva dei giocatori NBA, perché chi fosse interessato può acquistare una delle due versioni, ognuna disponibile in tre colori, al costo di 299 dollari.