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C’è un campo da gioco, appena imbiondito dall’arsura dell’estate, dove oggi si gioca una partita che è molto speciale, visto che non è fatta tanto per vincere, ma per provare a essere felici. Siamo dentro l’Istituto penale per minorenni Cesare Beccaria, nella periferia milanese, e oggi i detenuti ragazzini – una foresta di tatuaggi, teste rasate, facce bambine, le bluse rosse e blu per rendere più facile la divisione in due squadre prima delle partite – dimostreranno che una palla che corre tra i piedi è sempre una gioia, ma che sul campetto dentro un carcere può fare miracoli. “Io credo che giocando a calcio questi ragazzi, che hanno sbagliato, che hanno un passato durissimo e un presente drammatico, riescono a sfogare energie, a liberarsi dei pesi, a vivere la gioia che dà il gioco e lo stare insieme”, dice Alessandro Vicinanza, responsabile tecnico delle squadre giovanili del Lecco Calcio, che ha voluto essere del team che anche quest’anno ha portato al Beccaria il Gruppo Mediobanca Sport Camp, una cinque-giorni di immersione nello sport e nei suoi valori voluta dal Gruppo Mediobanca, appunto, e realizzata in collaborazione con il Comune di Milano, di cui le partite di oggi ne celebrano la chiusura.

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Lo scopo del progetto è visibile già su quel campetto freschissimo di rasatura e di cure che è diventato un’oasi di spensieratezza tra i muri alti del carcere punteggiati dalle grate delle celle: fare sentire i ragazzi inclusi in qualcosa che sia più grande della solitudine e dell’angoscia che vivono nel presente e contribuire a preparare il loro reinserimento sociale del futuro, una volta che usciranno da qui. Su quel campo, oltre che sul campetto attiguo in erba sintetica, sul mini rettilineo in cui sono state tracciate le corsie per simulare una pista d’atletica e nella piccola piscina all’aperto – che in un carcere, va detto, è una gemma rara – per i cinque giorni del programma i giovanissimi detenuti hanno alternato partite di calcio e di rugby, sedute di pesistica, allenamenti di atletica, lezioni e gare di nuoto sotto la guida di coach che sono stelle se non leggende del nostro sport: oltre a Vicinanza, hanno voluto essere al Beccaria, tra gli altri, Alessandro Ghini, tecnico della Federazione Italiana Rugby, il nuotatore Federico Morlacchi, sette medaglie paralimpiche di cui una d’oro e sei volte campione del mondo, quel monumento del rugby internazionale che è Diego Dominguez… “Questa è la quarta edizione del Gruppo Mediobanca Sport Camp e negli anni ho visto via via approfondirsi la sintonia con l’istituto”, racconta Dominguez, poco prima di essere preso da parte da un ragazzo, spavaldo eppure anche emozionato, che è al suo ultimo giorno di carcere e gli annuncia di stare per cominciare una vita nuova di zecca fuori, in comunità. “Vedi?! ci teneva a salutarci. Noi ci leghiamo ai ragazzi, per noi sono importanti e credo che anche noi del team lo diventiamo per loro. Sono convinto che se ci fossero più iniziative come queste nei contesti difficili riusciremmo a dare una mano fortissima al Paese”.

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E, del resto, non c’è come lo sport – gioco e divertimento puro educato dalle regole – per insegnare il rispetto delle regole a chi sta pagando proprio per averle infrante. E non c’è come un grande atleta per insegnare che proprio dentro le regole si può sentire la parte migliore di sé. “Io ho un rapporto molto diretto con loro e cerco di fare di questi cinque giorni di sport un’esperienza forte, capace di cambiarli: per esempio non smetto mai di dire che lo sport non ammette l’egoismo, e dunque ai compagni devono passare la palla ma anche l’acqua. Dico loro che la costanza è tutto, nello sport e non solo, perché è soltanto se lo si allena tutti i giorni che si valorizza il talento, e perciò chiedo che ogni giorno diventino più bravi del giorno precedente”, racconta Dominguez, che in questi anni è stato tanto carismatico insieme al suo team da riuscire a portare un pugno di questi ragazzi ad allenarsi fuori da qui, tre volte a settimana, insieme alla squadra giovanile o alla seconda squadra del Cus Milano Rugby. “Con lo Sport Camp vogliamo dare loro delle possibilità, ma insegnando loro che devo anche conquistarsele”.

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Possibilità è il termine più evocato in questa struttura, e del resto hanno speso così poca vita, i giovanissimi, che tutte le prospettive del possibile devono necessariamente spalancarsi per loro, anche se hanno sbagliato forte, anche se si sono condannati a essere per il momento gli ultimi della fila. “Noi non potremmo fare il lavoro che facciamo se non pensassino che questi ragazzi devono avere possibilità e opportunità”, dice l’Ispettore superiore Domenico Rondinelli, Comandante del reparto di polizia penitenziaria, mentre, affacciato alla ringhiera a bordo campo, si gode per qualche minuto gli allenamenti dei ragazzi. “Esperienze come questa aiutano i ragazzi a sentirsi connessi con le persone che stanno fuori, a sentirsi parte della comunità: del resto non c’è niente che attragga l’attenzione di questi giovanissimi, come la musica e lo sport”, conclude la donna che dirige il carcere, la dottoressa Cosima Buccoliero. “Imparano a vedere le cose anche da una prospettiva diversa, a dirsi che ce la possono fare, a sentire la speranza che quello che stanno vivendo un giorno avrà fine”.

 

Un forte stimolo ad aprirsi a punti di vista differenti e a provare a superare le difficoltà utilizzando talento e costanza lo dà la presenza allo Sport Camp dell’atleta paralimpico Federico Morlacchi che col sorriso sempre sulle labbra si butta in vasca e sfida uno a uno i ragazzi del Beccaria: “Ci divertiamo, facciamo le staffette e non mi sottraggo alle gare ma vinco sempre io!”. Anche questo è un messaggio importante per i ragazzi: “Credo molto nella cultura della sconfitta, un atleta deve imparare a perdere prima che a vincere. E poi una gara è una gara e io sono competitivo!”.

 

 

Anche alcuni dipendenti del Gruppo Mediobanca hanno voluto essere al Beccaria, come Andrea, 49 anni, che in ufficio si occupa dei mercati finanziari e qui, in campo, non ha mai smesso di correre, palleggiare, placcare. “Mi ha spinto una curiosità umana fortissima”, racconta durante una pausa della partita di calcio. “Davvero, alla porta del carcere non riuscivo a immaginare cosa mi aspettasse dentro: mi sono sorpreso a trovarmi in campo con ragazzi con i quali ho subito sentito una naturalezza incredibile. Credo sia la spontaneità della giovinezza a creare dal nulla con un sconosciuto un’amalgama così intensa”.