Da dieci anni senz’auto, Linda Maggiori ci fa strada nella sua casa ecologica. Dove ha installato il primo impianto per il riciclo delle acque grigie in Italia
Quando hanno iniziato a vivere senz’auto Greta Thunberg non aveva neanche dieci anni. Era il 2011: l’ambiente non stava tra le priorità (di facciata?) della politica, i milioni di giovani dei Fridays for Future sedevano ancora sui banchi delle elementari. E le polveri sottili allarmavano pochi ambientalisti, preoccupati delle troppe auto in circolazione nelle città.
Famiglia senz’auto…
«All’inizio la nostra non è stata una scelta vera e propria: io, mio marito e i miei primi due figli eravamo sopravvissuti per miracolo a un incidente. La macchina era distrutta e per molto tempo siamo rimasti incerti se ricomprarne o meno una nuova. È stata una rinuncia dovuta a un trauma». Rinuncia diventata abitudine e infine consapevolezza di aver seguito la propria strada. Linda Maggiori, di Faenza, ha raccontato a StartupItalia la storia della sua famiglia – 4 figli e un marito – e l’origine delle Famiglie senz’auto, una pagina Facebook aperta per sondare il terreno e capire quante sono le mamme e i papà che vivono a piedi, in bicicletta e sui mezzi pubblici. Non perché non possono permettersela, ma per scelta.
… in una casa ecologica
Quella di Linda non è una casa ecologica soltanto perché senza quattro ruote. Da pochi giorni questa famiglia romagnola ha acquistato da un’azienda tedesca un impianto per il riciclo delle acque grigie (quelle che provengono dalla cucina e dalla lavanderia). Si può risparmiare circa 200 litri al giorno, in un anno oltre 72mila. «Ci hanno detto che siamo stati la prima famiglia in Italia ad averlo comprato». Rarità da noi, questi macchinari green sono già diffusi all’estero, dove garantiscono un notevole risparmio sulla bolletta ed evitano gli sprechi.
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Ma tornando alla rinuncia dell’auto, com’è vivere senza uno dei beni più diffusi tra gli italiani?«All’inizio abbiamo subito una pressione sociale enorme – ha ammesso Linda, giornalista free lance (ha scritto il libro Vivo senza auto) ed educatrice – tanti pensano che una famiglia non possa permettersi di vivere senz’auto. Superare questo aspetto emotivo è stata la parte più difficile». In una città romagnola di neanche 60mila abitanti, pianeggiante e con tutto vicino, non è stato difficile organizzarsi e scegliere le scuole dei figli vicine a casa per eliminare il bisogno delle quattro ruote. «Ma mio marito pedala 16 km al giorno per andare al lavoro. Fino a poco tempo fa usava anche una bicicletta elettrica».
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Automobili e italiani: un’amore senza fine?
Non si sa quante siano le famiglie senz’auto in Italia, il paese con il più alto tasso di motorizzazione in Europa secondo il Centro Studi Continental che ha elaborato dati di ACI, Istat ed Eurostat nel 2018. Sono 625 le auto presenti ogni mille abitanti, responsabili di parte dell’inquinamento che costringe ogni anno le amministrazioni comunali a imporre divieti per abbassare il livello delle polveri sottili. Milano, Torino e altre città hanno da poco attivato un divieto per i diesel euro 4, avviando un lungo processo che dovrebbe ripulire l’aria urbana dai veicoli più inquinanti.
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Nonostante gli oltre dieci anni di crisi economica il mercato dell’auto, tra alti e bassi, ha continuato a crescere rafforzando un tratto culturale dell’Italia, paese “innamorato” delle quattro ruote. Linda e la sua famiglia sono soltanto una mosca bianca? «Quando abbiamo lanciato Famiglie senz’auto non volevamo proporre a tutti i costi il nostro modello. Quello che facciamo è suggerire uno stile di vita che faccia a meno dell’automobile per molti spostamenti dove si potrebbe invece utilizzare la bicicletta o i mezzi pubblici». E in garage cosa tenete? «Le nostre biciclette, un carrellino che agganciamo all’occorrenza e una cargo bike».
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Se in Italia non siamo stati abituati a organizzare una quotidianità senz’auto, all’estero sono diversi i quartieri pensati e realizzati per vivere dimenticandosi della macchina. «Siamo stati a Friburgo, in Germania – ha raccontato Linda – abbiamo visitato il quartiere Vauban. Ormai è diventato un modello internazionale per la qualità della vita. Dopotutto, se ci vivono bene i bambini ci vivono bene tutti».