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«Il rischio non va temuto, ma va affrontato», racconta la professoressa Simona Morini. Ma per affrontarlo, «bisogna capire a fondo di cosa parliamo, quando parliamo di rischio».
«Nella vita niente deve essere temuto, ma solo capito. È tempo di capire di più, in modo da temere di meno», insegnava Marie Curie.
Filosofa, tra le massime esperte di tematiche legate al rischio, Simona Morini è docente di “Teoria delle decisioni razionali e dei giochi” e “Filosofia della Scienza” presso la Facoltà di Design e Arti dell’Università IUAV di Venezia. Anche lei è convinta che la comprensione del rischio e della sua complessità, in un sistema sempre più interconnesso, sia cruciale. «Il rischio non va temuto, ma va affrontato», racconta. Ma per affrontarlo, «bisogna capire a fondo di cosa parliamo, quando parliamo di rischio».
Rischio è diventato una parola familiare, in queste settimane. Ma la riflessione sul rischio non è di oggi, né di ieri: viene da lontano. Al tempo stesso, questo concetto – e quello correlativo di assicurazione – alcuni studiosi lo fanno risalire al XIX secolo…
La parola stessa, “rischio”, è relativamente recente: è un termine legato alla nascita delle assicurazioni che, a loro volta, sono legate alla nascita della statistica che, a sua volta, è un’evoluzione del calcolo delle probabilità. Il termine “rischio” come lo conosciamo oggi si è andato diffondendo di pari passo con la “scienza dell’incerto”: prima la probabilità e poi la statistica. Quando questa scienza, nata nel Seicento, è arrivata a maturazione abbiamo imparato a gestire l’incertezza e, di conseguenza, a ridurre il rischio. Ma l’emergere del rischio è legato anche a una cultura legata al sorgere di una cultura sempre più democratica. Una cultura che si faceva carico del rischio per evitare che questo impattasse sulle condizioni di vita della maggioranza delle persone.