Sarà di 10 punti? Durerà sei mesi? Solo per determinate categorie di prodotti particolarmente colpite dal lock down e per chi abbandona il contante?
«Questa settimana sarà già decisiva per una prospettiva del genere». Così il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sul taglio dell’IVA ventilato alla fine degli Stati generali. C’è chi maligna che l’annuncio sia stato riservato al gran finale per dare consistenza a una lunga serie di tavoli che si sono rivelati molto interlocutori e troppo poco pratici, c’è chi, come il governatore di Ignazio Visco, bolla la misura come insufficiente, avendo il Fisco nel suo complesso bisogno di ben altre riforme e chi infine vi intravede pure una mossa elettorale. Sta di fatto che le rotelline dell’esecutivo ora si sono messe in moto per valutare se la misura sia davvero realizzabile. Tante domande, pochissime certezze. Iniziamo da queste ultime.
Non potrà essere coperto dai fondi europei
Per la verità, non è una certezza, perché il Next Generation Eu ancora non esiste e dunque non esiste nemmeno un regolamento che ne disciplini l’uso. Ma è altamente probabile. Il Recovery Fund del resto, come ha ammesso il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scorso 17 giugno riferendo in Parlamento, è ancora in alto mare, con un buon numero di Paesi ostili (i Frugal Four) che dovranno essere convinti della bontà dello strumento fatto anche di grants. Le diffidenze delle nazioni del Nord Europa sono alla base della fumata nera del Consiglio europeo del 19. Difficilmente potremo convincerli a cambiare idea dicendo che abbiamo bisogno dei loro soldi per abbassare le nostre imposte.
I Frugal Four
Un chiaro messaggio circa l’impossibilità di sfruttare il Next Generation Eu per la spesa corrente, essendo vincolato a riforme concordate con la Commissione europea, è arrivato, l’ultima volta, in apertura degli Stati generali, quando il commissario all’Economia Paolo Gentiloni intervenendo in collegamento ha ribadito che il «Recovery fund non sarà un tesoretto o possibilità di avviare una spesa facile» da parte del governo.
Sarà temporaneo
Il taglio dell’IVA dovrebbe ricordare – almeno alla lontana – una delle misure contenute nel “Der Wumms” tedesco. Ovvero Big Bang. Il piano varato da Angela Merkel è stato soprannominato così dai giornali tedeschi e, vista la portata, pari a 130 miliardi di euro, l’enfasi non è certo fuori luogo. Il Paese, che deve vedersela con la caduta degli ordini all’industria ad aprile del 25,8% (il peggior calo dal gennaio 1991) e del 36,6% su base annua, proverà il rimbalzo con varie misure che vanno da importanti tagli al costo dell’energia elettrica a 50 miliardi per l’econonomia sostenibile, fino ai 25 miliardi di sostegno alle PMI, passando per un bonus di 300 euro per figlio. I costumi verranno incentivati intervenendo con un deciso taglio dell’IVA dal 19% al 16%. A differenza di quanto avviene poi nel nostro Paese, in Germania l’IVA sulla maggior parte dei prodotti alimentari è ridotta, al 7%: a seguito di questo intervento finirà al 5%. Un incentivo agli acquisti che durerà dal primo luglio al 31 dicembre 2020, con lo Stato pronto a metterci i 20 miliardi di mancati incassi. Ne avevamo parlato più approfonditamente qui. Anche da noi, considerati i costi ingenti, il taglio dell’IVA non potrà che essere temporaneo.
Richiederà un terzo scostamento di bilancio
Già, ma quanto costerà? Castelli nell’intervista rilasciata ieri al quotidiano diretto da Maurizio Molinari lascia intendere che non si sa ancora quanto la misura del taglio dell’IVA, ancorché confinata agli acquisti cashless, potrebbe costare (a domanda diretta del collega di Repubblica, risponde: «Dobbiamo metterci le risorse che servono, far ripartire il Paese è l’unica priorità. E l’aumento della domanda ha un impatto molto positivo sul PIL»). Il taglio dell’IVA potrebbe essere la dorsale del terzo scostamento di bilancio, da circa 10 miliardi (anche questo annunciato con largo anticipo dalla pentastellata Castelli) in studio al ministero dell’Economia che il Governo si appresterebbe a chiedere al Parlamento, portando la somma spesa finora per uscire dalla crisi del Coronavirus attorno ai 100 miliardi in neppure sei mesi.
Il ministro all’Economia Roberto Gualtieri
Le ipotesi: solo per chi paga cashless?
Il problema è che un taglio dell’IVA, per di più temporaneo, non rappresenta una riforma. Sarebbe una boccata d’ossigeno momentanea, ma destinata a finire molto presto. Peraltro, prima o poi il governo dovrà pure aumentare le tasse se dobbiamo correggere la traiettoria del nostro debito pubblico, destinata a raggiungere quote interstellari. Quindi? Una ipotesi in campo potrebbe essere un taglio dell’IVA solo per chi abbandona il contante: si restringe la misura (quindi lo Stato risparmia) e si riforma il Paese, spingendolo a usare maggiormente i metodi cashless.
Sarà destinato solo a determinati beni?
Un’altra possibile caratteristica del taglio dell’IVA in studio dalle parti del MEF, sempre che ci siano i soldi per attuarlo e la misura – che piace ai 5 Stelle ma molto meno al Partito democratico – non crei ulteriori attriti sulla falsariga del Fondo per i videogiochi, riguarda la possibilità che si applichi solo a determinati settori. In questo modo, si restringono la platea oltre ai costi e lo Stato non si dissanguerebbe. In più, si potrebbe aiutare in modo mirato quei settori che sono stati maggiormente colpiti dalla crisi (per esempio, ipotizziamo, il mercato automobilistico).
A Repubblica Laura Castelli ha dichiarato: «Dobbiamo intervenire sui settori che sono stati maggiormente colpiti da questa crisi – ha detto la viceministra dell’Economia – penso a tutta la filiera del turismo e della ristorazione, in primis. Ma anche all’artigianato, all’abbigliamento e all’automobile. Un’operazione che va legata al cashless, per far ripartire l’economia»Alle casse dello Stato scontarci un solo punto dell’aliquota ordinaria al 22% costa qualcosa come 4,37 miliardi, un punto dell’aliquota al 10% vale circa 3 miliardi. Ecco quindi perché dovrà avere paletti molto rigidi.
Sarà un taglio dell’IVA di 10 punti?
La misura, perché funzioni, non solo deve essere spalmata su un lasso di tempo congruo, ma rappresentare anche un taglio dell’IVA molto sostanzioso. Si è ventilata l’ipotesi che la riduzione possa concretizzarsi in dieci punti in meno a partire dal primo gennaio 2021, che significherebbe portare l’Imposta sul valore aggiunto dal 22 al 12%. Tuttavia, abbiamo appena visto quanto costa allo Stato depennare un solo punto percentuale: difficilmente vedremo simili decurtazioni…