La proposta è del senatore del Carroccio, Simone Pillon, volto del Family Day e difensore della “famiglia naturale”
Il senatore della Lega, Simone Pillon, già noto alle cronache politiche per prese di posizioni forti su famiglia e omosessualità, si è portato a casa una prima (ma non definitiva) vittoria. Palazzo Madama ha approvato il decreto giustizia nel quale è presente un emendamento già ribattezzato anti porno a sua firma che richiede, in poche parole, una sorta di censura preventiva contro qualsiasi contenuto hard sul web. Tutto questo a meno che il proprietario, maggiorenne, del device non faccia esplicita richiesta di non volere un simile filtro (subendo la gogna mediatica, ipotizziamo, nelle aspettative di Pillon?).
Porno: ci pensa il senatore
La disposizione voluta da Pillon, da sempre molto battagliero su queste tematiche, si può riassumere così. Dal testo pubblicato sul sito del Senato (qui il pdf, bisogna andare all’articolo 7-bis a pagina 102): «La disposizione prevede che i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica […] devono prevedere, tra i servizi preattivati, sistemi di parental control o di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco dei contenuti riservati ad un pubblico di età superiore agli anni diciotto».
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Ad animare l’emendamento anti porno di Simone Pillon, così lui dice, è la tutela dei minori dai materiali pornografici disponibili online. Esistono già però sistemi di parental control e, nei limiti del possibile, spetta ai genitori e alle famiglie un corretto insegnamento dell’utilizzo degli smartphone da parte dei propri figli. Per di più, l’idea di un filtro preventivo da rimuovere su esplicita richiesta sembra già monca in partenza: con i numeri che macina ogni anno un sito come Pornhub – tra l’altro, piattaforma spesasi in prima persona durante il lockdown… – sembra difficile che qualcuno rinunci a qualche momento di svago online. C’è inoltre da sottolineare che un emendamento simile, se approvato dal Parlamento, potrebbe scontrarsi con il concetto di neutralità della rete, sollevando questioni di legittimità.
Alla pornostar incazzata chiedo: mostreresti le tue performances a un bambino o a una bambina di 7-8 anni?
Se la risposta è NO, allora siamo d'accordo. Il nostro emendamento va in quella direzione.
Se la risposta è SI, fatti curare da uno bravo, e sta' lontana dai bambini. pic.twitter.com/rRBLY3Krrj— Simone Pillon (@SimoPillon) June 21, 2020
Parola all’esperto
Tutti ora si chiederanno: è fattibile un filtro simile? Secondo Stefano Quintarelli, presidente del Comitato d’Indirizzo Agenzia per l’Italia Digitale, la norma non soltanto sarebbe inapplicabile, ma anche potenzialmente pericolosa. «Chi decide che cos’è un contenuto inappropriato? – si chiede l’esperto – La norma non fa distinzione tra siti web, messaggi di WhatsApp messaggi di posta elettronica o Twitter». Inoltre, scendendo nel tecnico, «come può un operatore stabilire se un contenuto è inappropriato? La quasi totalità delle applicazioni e i siti oggi dialogano mediante connessioni cifrate per proteggere la riservatezza delle comunicazioni delle persone. Nemmeno l’operatore di telecomunicazioni può esaminare il contenuto di una connessione cifrata». In altre parole: chi decide cosa è porno e cosa non lo è?
Breve storia di Pillon
Per chi finora non avesse mai sentito parlare di Simone Pillon, classe 1971 e nato a Brescia, è stato eletto nei banchi del Senato come rappresentante della Lega nel 2018. Di mestiere fa l’avvocato e questa è la sua prima legislatura. Ma in quanto a impegno politico la carne messa al fuoco è stata parecchia negli ultimi anni. Organizzatore e volto pubblico del Family Day, riuscì a guadagnarsi qualche titolo di giornale durante la campagna referendaria per la riforma costituzionale voluta dall’allora premier Renzi nel 2016, arrivando perfino a usare il tema della famiglia come arma politica.
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Simone Pillon, senatore della Lega