Bocciate nuove chiusure tra le Regioni. Chiesto al governo che i ristoranti restino aperti fino alle 23, i bar alle 20, la domenica chiudano solo i centri commerciali
Per tutto il pomeriggio e per buona parte della sera sembrava che il Dpcm di oggi potesse essere il primo provvedimento emergenziale “puntuale” mai varato dal governo Conte, nel senso di presentato e firmato esattamente quando era stato annunciato e anticipato per mezzo delle solite bozze fatte pervenire alla stampa. Soltanto verso le 20:20, quando cioè si sarebbe dovuta tenere la conferenza stampa del presidente del Consiglio per presentare le nuove restrizioni alla nazione (conferenza stampa probabilmente annunciata con troppo ottimismo da parte di Palazzo Chigi), si è capito che anche questa volta tutto sarebbe slittato, perché il premier era ancora nel bel mezzo della discussione con le Regioni.
Cosa chiedono le Regioni
Le Regioni dal canto loro pretendono che il governo adotti misure restrittive uniformi su tutto il territorio nazionale perché, con ogni probabilità, non vogliono assumersi la responsabilità politica ed economica delle decisioni che andranno a intaccare diverse categorie di lavoratori, ma non vogliono nemmeno firmare il testo circolato nel pomeriggio e ritenuto troppo rigoroso. Soprattutto su di un punto, che peraltro aveva già fatto montare sulle barricate l’intera categoria dei ristoratori: «A decorrere dal 26 ottobre 2020, le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono sospese la domenica e i giorni festivi; negli altri giorni sono consentite dalle ore 5.00 fino alle 18.00».
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In merito, la Conferenza delle Regioni ha invece chiesto di «Prevedere l’orario di chiusura per i ristoranti alle ore 23.00, con il solo servizio al tavolo; per i bar prevedere la chiusura alle ore 20.00 ad eccezione degli esercizi che possono garantire il servizio al tavolo. Eliminare l’obbligo di chiusura domenicale» che rimarrebbe solo per i centri commerciali e si torna a insistere sulla «estensione della didattica a distanza fino al 100% per le scuole secondarie superiori e per le università» per alleggerire il trasporto pubblico locale. Bocciata con fermezza anche qualsiasi chiusura di confine interno tra le Regioni. «Abbiamo chiesto al governo di non chiudere i confini regionali, provinciali e comunali. Ci sono persone che si spostano per lavoro e per studio, chiudere i confini non solo è ingiusto ma non è fattibile e non è controllabile». Lo ha detto il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, in diretta Facebook al termine dell’incontro tra Conferenza delle Regioni e Governo.
Inoltre, nella lettera che la Conferenza delle Regioni ha inviato all’esecutivo, si richiede: «Al fine di rendere sostenibile il lavoro delle ASL/Regioni in tempo di emergenza riducendo il carico di lavoro dovuto alle difficoltà nel contact tracing si dovrebbe destinare i tamponi (molecolari o antigenici) solo ai sintomatici e ai contatti stretti (familiari e conviventi) su valutazione dei Dipartimenti di prevenzione e si dovrebbe riservare la telefonata giornaliera per i soggetti in isolamento o quarantena a specifici casi su valutazione dell’operatore di sanità pubblica».