Sollevare lo sguardo da terra e spalancarlo sull’immensità del cielo è un esercizio che può trasformare la vita, specie se quella che si vive è penosa e dura o, più semplicemente, intrappolata dentro stereotipi che difficilmente ne fanno immaginare una alternativa. Perché guardare in su fa respirare l’infinito e dunque libera l’immaginario e regala agli occhi il potere di vedere brillare prospettive inedite e più grandi di sé.
In fondo, puntava anche a questo, ad accendere scintille di nuove future vite l’astrofisica Ersilia Vaudo Scarpetta quando, a inizio estate, ha lanciato Il Cielo Itinerante, un progetto per portare la conoscenza del cielo e, in genere la cultura scientifica, matematica e tecnologica dove il cielo difficilmente brilla o si vede, ovvero nelle aree più complesse e disagiate del nostro Paese. «Lo scorso anno, nel quartiere napoletano di Forcella, abbiamo organizzato un campo Stem nel quale ragazzine e ragazzini si sono “sporcati le mani” giocando con la scienza, proposta loro in una modalità non scolastica e non tradizionale.
E mentre costruivano razzi e piccoli satelliti imparando ogni giorno qualcosa, io scorgevo scintille di interesse accendersi e moltiplicarsi qua e là», racconta Ersilia Vaudo Scarpetta, da trent’anni all’Agenzia Spaziale Europea (Esa), dove da tre ha la carica di Chief Diversity Officer. «Per questo, ispirata dal progetto Travelling Telescope dell’astrofisica africana Susan Murabana che, con il marito, ha installato un telescopio su un’automobile e gira tra i villaggi per fare conoscere l’astronomia, quest’anno ho pensato di portare la scienza in tour, nei luoghi di disagio economico e sociale, dove il Covid ha ulteriormente aggravato, tra i bambini e i ragazzi, le ferite della povertà educativa», racconta a proposito del progetto, realizzato insieme ad Alessia Mosca, in cooperazione con Space42 di Fulvio Marelli.
Dottoressa Vaudo, perché divulgare proprio l’astronomia, così come le materie Stem nei luoghi a maggior disagio economico e sociale?
Attraverso la conoscenza del cielo abbiamo voluto dare ai più piccoli l’opportunità di proiettare se stessi oltre il contesto contingente, di liberare i propri desideri in una dimensione più alta e più grande. Quanto alla matematica, l’ingegneria, la tecnologia, è ormai chiaro che sono abilitatori di futuro: formano alle professioni di domani, quelle a più alta progressione occupazionale e salariale e dunque è importante non restare fuori da questi linguaggi già da bambini, in modo da poter compiere una scelta più consapevole e su un campo più ampio di opzioni quando, cresciuti, si eleggerà il proprio campo di studi: troppe bambine, terminata la scuola media, rinunciano agli studi scientifici perché temono di non essere all’altezza della matematica. La consapevolezza dell’influenza degli stereotipi sulle ragazze a sfavore di una scelta verso le materie Stem, e della perdita quindi di talenti potenziali necessari alla costruzione del futuro, è fonte di preoccupazione anche tra i paesi del G7, che ne hanno fatto una materia di politiche attive.
Spesso sono genitori e insegnanti a usare un linguaggio che, senza che ce ne si renda conto, rinforza stereoptipi che rischiano di avere una forte influenza sulle bambine, sottraendo loro opportunità future.
L’inclusione di tutti nella matematica è cruciale, e deve cominciare dalle elementari perché è lì che si forma l’identità Stem. La matematica è il linguaggio dell’universo, e un Paese forte in matematica è un Paese forte economicamente: nel 2017 la Francia, che conta su un’élite che si è costruita proprio sulla matematica, ha dichiarato l’emergenza nazionale perché si era riscontrata una flessione dei rendimenti scolastici in questa materia. Senza contare che la matematica, tra le motivazioni della Francia, ha un impatto importante sulla fiducia in se stessi, sullo spirito critico e sulla capacità di essere a proprio agio nei ragionamenti complessi, elementi essenziali per esercitare una cittadinanza consapevole, che è alla base di una democrazia forte.
La distanza di bambine e ragazze dalle materie scientifiche è al centro delle preoccupazioni della politica, delle istituzioni accademiche come economiche, delle imprese. Anche l’Agenzia Spaziale ha programmi per avvicinarle alle Stem?
All’Esa abbiamo chiara consapevolezza di quanto sia straordinaria la ricchezza della diversità: se riusciamo a fare atterrare un robot su una cometa a 500 milioni di chilometri dalla Terra è perché abbiamo messo insieme competenze che vengono da background diversi. Siamo impregnati di diversità. E valorizzarla significa agire su vari fronti: oltre che sul genere, anche sull’età e soprattutto sulla provenienza geografica, visto che il 60% delle candidature all’Esa arrivano da soli 3 dei 22 Paesi che ne fanno parte, Italia, Francia e Spagna. Per attrarre più ragazze abbiamo messo in campo una narrativa più inclusiva, che ha parlato di spazio non solo in termini tecnologici ed evitando quell’enfasi di conquista e colonizzazione che di solito l’accompagna. Piuttosto, abbiamo cercato di valorizzare le carriere spaziali come un’opportunità per contribuire anche alle grandi sfide di domani, per trovare soluzioni al cambiamento climatico, alle povertà, ai bisogni energetici del Pianeta… Ci siamo, poi, sforzati di superare i tradizionali canali di contatto, agendo in collaborazione con altri organismi e attraverso azioni molto capillari. Abbiamo avuto risultati importanti: quando sono arrivata, tre anni fa, le domande all’Esa da parte di ragazze erano il 16%, oggi son il 28% e ogni anno, ormai, il 40% delle assunzioni riguarda le donne.
Il prossimo anno lei sarà la curatrice della 23a Esposizione Internazionale di Triennale Milano, dedicata a ciò che dell’universo non conosciamo, anzi a ciò che ignoriamo di non conoscere. Quanto non conosciamo di noi stessi, della vita che ci circonda, dello spazio nel quale il nostro Pianeta è immerso?
Conosciamo appena il 5 per cento dell’universo, abbiamo esplorato solo il 5% degli oceani, così come sappiamo ancora molto poco di noi, della coscienza. L’evento in Triennale si chiamerà Unknow Unknows, an Introduction to Misteries e sarà, appunto, dedicato a quello che non sappiamo di non sapere, riletto e interpretato in chiave artistica. Credo che ne emergerà una lettura estremamente affascinante.
Le recenti missioni esplorative su Marte e nello spazio ci aiuteranno a fare luce sul mistero che ci avvolge?
Le missioni su Marte ci aiutano a capire molte cose, a fare luce sull’origine della vita, a capire l’evoluzione del sistema solare e a preparare le condizioni per una possibile esplorazione umana del pianeta. Sappiamo che su Marte c’erano nel passato condizioni simili a quelle della Terra, con una atmosfera e acqua liquida, in un equilibrio che a ad un certo punto e’ saltato. Capire cosa è successo ci permette di proteggere meglio il nostro pianeta. L’ESa è anche partner del programma Artemis – nel mito greco è sorella gemella di Apollo – della Nasa, che punta a stabilire una presenza umana di lungo periodo sulla Luna, che compirà studi di vasta portata, le cui scoperte avranno ricadute enormi anche per migliorare la vita sulla Terra, per esempio in fatto di sostenibilità.