Grand Theft Horse spezza la tranquillità dell’ibrida giapponese, col suo carico di rutti, peti, massacri all’arma bianca e furti di cavalli
Il concept alla base di Rustler è semplicissimo: prendete GTA, spogliatelo di tutto ciò che lo rende moderno e contemporaneo, al suo posto ficcateci a forza villaggi, castelli, cavalieri e donzelle in pericolo e avrete una vaga idea di ciò che vi aspetta. Vaga, perché i ragazzi di Jutsu Games hanno comunque fatto le cose per bene. Lo si capisce non appena si varca la soglia di una “officina per cavalli” chiamata Pimp-My-Horse. L’autoradio, invece, è sostituita dai bardi, che potremo portarci dietro: un bel cazzotto farà cambiare frequenz… ehr… melodia, tutte peraltro rifacimenti medievaleggianti di brani pop dei nostri giorni. Tra ronzini della polizia che montano il lampeggiante sulla testa e trabucchi che catapultano vacche, in Rustler si ride davvero di frequente, come capita purtroppo di rado quando si deve fare una recensione.
Rustler è esattamente come i primissimi GTA: grezzo, grottesco, spesso perfino forzato, ma comunque sempre divertente, nella sua disarmante semplicità. Certo, abituati come siamo, ormai, a mondi completamente poligonali, ben più immersivi, un titolo con visuale dall’alto non è più in grado di entusiasmarci.
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Aver voluto prendere a modello un gioco datato 1997 ha evidenti ripercussioni non solo sulla resa grafica (ci troviamo per le mani un prodotto tanto semplice quanto, artisticamente, poco ispirato, che tende a risolversi in una valanga di tonalità marroncine), ma anche sul gameplay, con missioni che, per quanto sopra le righe, ilari e scanzonate sono tutte uguali e si risolvono dall’andare dal punto A al punto B e fare un massacro, o porre in essere dissacranti atti vandalici, con immancabile inseguimento della polizia.
Anche la trama, che vede il nostro Guy, affiancato dall’inseparabile scagnozzo Buddy, provare a cambiare posizione sociale vincendo una giostra così da ottenere la mano della principessa, tende a restare sullo sfondo, nella consapevolezza degli sviluppatori che la maggior parte dei fruitori passerà la maggior parte del tempo bighellonando e facendo danni qua e là. Proprio come nei primi GTA, in cui il canovaccio era un pretesto per metterci in strada e iniziare a fare danni, rubando veicoli e spiaccicando pedoni sull’asfalto.
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A valanga, in questa recensione di Rustler ci ritroviamo a elencare i medesimi difetti che avremmo mosso ai primi capitoli della saga di GTA, che vanno dalla già accennata ripetitività di fondo alla semplicità delle trovate, passando per un modello di guida troppo arcade, a tratti irrealistico e a una certa confusione imperante quando si viene soverchiati dai nemici e non si capisce né dove sia il proprio alter ego, né cosa stia facendo.
Insomma, Rustler è un gioco rustico, tanto semplice quanto immediato, tanto povero di fronzoli quanto ripetitivo, che punta a divertire facendo leva sul suo umorismo gretto e pecoreccio (c’è perfino un tasto ad hoc per emettere rutti e peti…). Per buona parte del gioco ci riesce pure, complice un’ottima localizzazione anche nella nostra bella lingua, poi ovviamente subentra un po’ la noia, ma in fondo non si poteva pretendere che la medesima formula del GTA originale, datato 1997, divertisse a oltranza anche nel 2021.
Su Switch il titolo di Jutsu Games se la cava tutto sommato bene, anzi dobbiamo ammettere che è davvero divertente tornare ad avere per le mani un GTA portatile come ai tempi del mitico Chinatown Wars. Certo, in mobilità la grafica, marroncina e verdolina, tende a impastarsi maggiormente, soprattutto in condizioni di luminosità non ottimali (sole sullo schermo), faticherete a distinguere il vostro personaggio dagli altri inquadrati, ma di norma non si rimpiange mai un televisore più grande, anche perché, come si diceva, l‘impianto tecnico e quello artistico sono davvero spartani. Per questi motivi, viste anche le sue missioni sbrigative che ben si adattano a partite mordi e fuggi, potrebbe essere una buona idea acquistare proprio la versione Switch di Rustler.