Dal Colorado arriva un videogioco narrativo dalla forte vocazione sentimentale, un dramma giovanile che riuscirà a prendervi come una serie tv
L’empatia è una bella cosa. Se si ha la fortuna di trovare una persona empatica, sia essa la nostra ragazza, un collega o un amico, bisognerebbe fare di tutto per tenersela stretta, perché probabilmente sarà l’unica capace di farci sentire meno soli, condividendo genuinamente le nostre gioie, ma pure i nostri dolori. Ma l’empatia ha anche un rovescio della medaglia mica da ridere: farsi carico dei problemi del prossimo, percepire distintamente le sofferenze e i patimenti altrui, alla lunga è spossante. Lo sa bene la protagonista di Life is Strange True Colors…
Life is Strange True Colors, come (e meglio) di una serie tv
Ambientato nella placida Haven Springs, location che scimmiotta quelle anonime e stucchevoli cittadine statunitensi che si sviluppano ancora lungo un’unica strada – come ai tempi del vecchio West – e in cui generalmente vengono girati telefilm a vocazione sentimentale, come Una mamma per amica o Everwood, perché tutti conoscono tutti, Life is Strange True Colors è un videogioco narrativo che non nasconde certo la sua vocazione “soap opera” (ma oggi potremmo dire ‘serie televisiva’), con personaggi ben delineati e caratterizzati che hanno lo scopo di coinvolgere il giocatore-spettatore nelle loro vicissitudini.
Vicissitudini sentimentali, potremmo dire, precisando che l’aggettivo è da intendere nel senso più lato del termine, visto che, al centro di tutto, in Life is Strange True Colors, ci stanno proprio i sentimenti. Alex Chen, la protagonista, rimasta senza famiglia a eccezione di suo fratello, ha difatti un superpotere. Ma non è un potere che la rende più forte: semmai è il contrario, perché la consuma. È l’abilità sovrannaturale di percepire, assorbire e manipolare le emozioni più intense delle altre persone, che lei vede come aure colorate.
Nel gioco, ultimo capitolo di una serie nata nel 2015 in Francia dal lavoro di Dontnod Entertainment, mentre ormai il testimone è passato oltreoceano, in Colorado, nelle mani dei ragazzi di Deck Nine, ci toccherà ovviamente aiutare Alex a portare questo fardello, confrontandosi non solo la pervasività nel prossimo della nostra dote, ma anche con le – spesso drammatiche – conseguenze delle nostre azioni.
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Si ride e si piange, in quel di Haven Springs, paesino degli opposti: la serenità del luogo, circondato da boschi e montagne innevate, si contrappone alle tragedie che vivremo, la gentilezza e l’amore degli altri personaggi nei nostri riguardi cozzerà col senso di colpa avvertito quando saremo costretti a usare i nostri super poteri per manovrarli a piacimento.
La trama di Life is Strange True Colors, suddivisa in cinque capitoli, non è sempre perfetta, talvolta è un tantinello altalenante e ammettiamo che in alcuni passaggi andava ravvivata. Tranne un capitolo, che è davvero super e vi lasciamo il piacere di scoprire perché. Ma, in compenso, i personaggi, quelli sì, sono fatti davvero bene: finiranno per essere parte di voi e saranno in grado di sorreggere, con la loro presenza, l’intero impianto narrativo, proprio come se steste guardando un telefilm (e si torna, appunto, alla vocazione da soap opera di questo videogame statunitense).
Per questo l’intera recensione di Life is Strange True Colors (disponibile su PlayStation 4, PlayStation 5, Microsoft Windows, Xbox One, Xbox Series X/S, Google Stadia e Nintendo Switch) è costellata di primi piani, come raramente accade parlando di videogame e per questo che è anche difficile raccontarvi il gioco, dato che gameplay e trama sono strettamente interconnessi.
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Noi, però, non vogliamo spoilerarvi nulla, nemmeno l’accadimento che darà inizio a tutti gli eventi, squassando il mondo della ventunenne protagonista. Ci limitiamo quindi a dirvi che, dal punto di vista ludico, avrete modo di girare liberamente per la cittadina, esaminare gli oggetti (alcuni, particolari, conservano i ricordi di chi li ha posseduti, comodo espediente per saperne di più su luoghi e personaggi), selezionare l’opzione per voi più congeniale in determinati bivi narrativi (con importanti conseguenze sul proseguo, ovviamente) e aiutare gli altri sfruttando i propri poteri, talvolta anche divorando le emozioni che li consumano. Possibilità, questa che, come intuirete, finirà per avvelenare la giovane protagonista, ma anche qui più non possiamo e vogliamo dirvi.
L’ottima espressività dei comprimari (guardate la gif sottostante utile ad apprezzare la mimica) e la soddisfacente interpretazione al leggio dei doppiatori (purtroppo in inglese, ma i testi a schermo sono in italiano), ovviamente fanno il resto, aumentando l’immedesimazione e dando corpo e colore al contesto narrativo e aggiungendo particolari alla caratterizzazione dei personaggi, senza renderli mai calcati o grotteschi.
E poi c’è la colonna sonora, ancora una volta perfetta, calzante in ogni situazione e in grado di fare assomigliare ancora più il videogioco a una serie televisiva dalle tinte adolescenziali-drammatiche.