Se pensate di fondare una startup scordatevi firma digitale. Dovrete fare tutto su carta. L’assurda decisione che scatena polemiche tra tutti gli addetti ai lavori
Se pensavate che per costituire una startup bisogna essere abili a maneggiare la PEC, se pensavate di aver risolto i problemi con la firma digitale, vi sbagliavate. Perchè da oggi in Italia facciamo un passo indietro e anche le startup, le più innovative delle imprese per definizione, dovranno sottostare a tutti gli obblighi burocratici cui devono sottostare le imprese tradizionali.
Il tutto nasce da un ribaltamento del provvedimento del Mise che nel 2016 stabiliva che, per quanto riguarda le startup “l’atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, sono redatti in modalità esclusivamente informatica e portano l’impronta digitale di ciascuno dei sottoscrittori apposta a norma dell’art. 24 del Cad”. Contro questo provvedimento il Consiglio nazionale del notariato ha fatto ricorso e ha vinto. Potete leggere la sentenza qui.
Basta quindi con mouse e tastiera e ben tornata carta, penna e timbro. Tutto dovrà passare per la carta e dalle sue tante copie, con buona pace degli ambientalisti.
“La traiettoria verso la digitalizzazione, sburocratizzazione e semplificazione dei rapporti tra l’amministrazione pubblica e il tessuto economico ha subito un brusco colpo di arresto proprio in un settore strategico come quello dell’innovazione tecnologica in una fase storica particolarmente impegnativa – afferma a StartupItalia Angelo Coletta, Presidente di InnovUp – Non ci voleva e come InnovUp, insieme alle altre Associazioni di settore, faremo sentire la nostra voce non solo per tornare alla procedura di costituzione semplificata delle startup, ma anche per ulteriori provvedimenti a favore della credibilità e del rilancio del nostro Paese. Con le startup non si scherza, questo deve essere chiaro, una volta per tutte.”
Un passo indietro – cosa ha detto il presidente di Roma Startup
Contro questo provvedimento quanto meno discutibile anche altri importanti esponenti dell’ecosistema startup italiano si sono ribellati. “Mentre tutto il mondo va avanti, perfino nell’anno del G20 a guida italiana dobbiamo vergognarci per quelle lobby che lavorano imperterrite con il solo obiettivo di preservare le rendite di posizione e a discapito della competitività” commenta su LinkedIn Gianmarco Carnovale, Presidente di Roma Startup, “andiamo quindi avanti a passi del gambero giocando con la credibilità del Paese, per proteggere qualche consulenza ad una piccola casta fuori dal tempo, auspicando che non ci siano conseguenze per le startup già costituite con questa modalità”.
L’interrogazione al Mise
Per Luca Carabetta, deputato del Movimento 5 Stelle che ha scritto un lungo post su Facebook rimandando anche a una discussione su telegram, “lascia l’amaro in bocca la decisione con cui oggi il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Consiglio Nazionale del Notariato, in precedenza respinto al Tar, che sostanzialmente abroga il decreto ministeriale che prevede la costituzione tramite piattaforma digitale e senza costi delle startup innovative. Depositerò immediatamente un’interrogazione al ministero dello Sviluppo Economico per chiedere conto delle attività che intende portare avanti per tutelare i nuovi imprenditori – riprende Carabetta – La norma, concepita per alleggerire le procedure di avvio di una startup, ha sempre avuto supporto politico bipartisan e va incontro ai principi di semplificazione e digitalizzazione richiesti anche recentemente a livello comunitario con la proposta degli Startup Nations Standard, al fine di rendere il nostro Paese più competitivo e più ospitale per le nuove imprese tecnologiche. Rispettiamo la pronuncia della giustizia amministrativa, ma faremo di tutto per mettere il nostro Paese al passo con le migliori pratiche europee e semplificare la vita a chi vuole intraprendere e innovare”.
Il commento di Layla Pavone, Digital Magics
“Mentre l’Unione Europea invita e sollecita tutti i Paesi a soddisfare alcuni standard per agevolare l’avvio di nuove imprese, impiegando massimo 3 giorni lavorativi per costituirle, applicando tariffari inferiori ai 100 euro, costituendo un unico organo amministrativo competente per tutte le procedure, consentendo di completare tutte le formalità di registrazione online, il Consiglio di Stato smentisce il Ministero dello Sviluppo Economico (che 5 anni fa aveva stabilito tramite decreto che le startup avrebbero potuto costituirsi in Società, redigendo un atto pubblico sottoscritto digitalmente, senza costi aggiuntivi), dando manforte al Consiglio nazionale del notariato, insorto perche’ privato di un potere e di un cospicuo reddito garantito.
Che commento possiamo fare a questa decisione oltre a provare sgomento e tristezza, vivendo in un Paese che spesso fa di tutto per arretrare anziche’ progredire? E’ il solito refrain che da decenni penalizza il nostro Paese impedendone la crescita e la competitività: gli Ordini professionali sono intoccabili e sono talmente forti che ancora oggi possono intervenire sulle decisioni Governo, dei Ministeri e sulla legislazione, arrogandosi il potere di bloccarne l’attività, come è successo ancora una volta con questo parere del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso dei notai. Poi pero’ non chiediamoci per quale motivo il nostro Paese non riesca a scalare le classifiche internazionali! Ogni volta che proviamo a fare un salto in avanti, provando a spiccare il volo verso lo sviluppo della società e della crescita economica per costruire un futuro fulgido e florido, interviene la mannaia della burocrazia che, dotata di zavorra, ci tarpa le ali e ci riporta a terra, cercando anche affossarci.
E’ inaccettabile e non più sostenibile che una startup che ha bisogno di un ecosistema che la sostenga nella sua rapida ascesa, contribuendo ad innovare il nostro Paese, grazie al digitale, debba pagare 1500-2000 euro per un atto notarile fatto di decine di pagine di carta, che ne sancisca e ne autorizzi la sua esistenza. La piu’ grande battaglia che noi tutti insieme dovremo sostenere perche’ l’ecosistema dell’innovazione possa fare grandi passi in avanti si chiama sburocratizzazione e semplificazione. Io invito la nostra Associazione InnovUp a farsi carico di organizzare una vera e propria protesta, siamo un’industria di oltre 60mila persone che stanno cercando di innovare il Paese, facciamo sentire la nostra voce e uniamo le forze per cambiarlo, non c’e’ piu’ tempo da perdere”.