Nicola Missaglia, research fellow all’Istituto per gli studi di politica internazionale, ha inquadrato la situazione in un paese giovanissimo e complesso
In India la situazione pandemica è fuori controllo. «Le cifre ufficiali sono preoccupanti, ma la realtà è sicuramente peggiore: i numeri dei contagi giornalieri dovrebbero essere almeno moltiplicati per dieci». StartupItalia ha raggiunto al telefono Nicola Missaglia, research fellow all’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) di Milano ed esperto di Asia. Mentre alcuni paesi corrono col piano vaccinale e già intravedono la luce in fondo al tunnel, l’India è nel pieno di un’ondata devastante. «Secondo il primo ministro Modi il paese è pronto a diventare la farmacia del mondo – ha premesso Missaglia – l’India è infatti tra i principali produttori mondiali di vaccini e anche di componenti per produrli. Sono attivi importanti istituti e centri, che esportano soprattutto nei paesi più poveri in ottica di diplomazia vaccinale. Al momento però circa 400mila persone al giorno ricevono la propria dose: troppo poche per un paese di 1,5 miliardi di abitanti». Ma le critiche non sono ben accette da parte del governo nazionalista, che ha preso di mira perfino Twitter.
India: Twitter in pugno?
Nel corso dell’emergenza sanitaria il governo di Modi ha fatto una richiesta esplicita alla società di Jack Dorsey, indicando quali dovevano essere i profili da silenziare perché critici nei confronti del potere centrale e della gestione della pandemia. L’ordine è stato eseguito, come ha documentato The Verge. Ma come è possibile che una società distintasi a inizio anno per una campagna anti fake news come quella appena successiva ai fatti di Capitol Hill, che hanno portato al ban permanente di Donald Trump, possa aver preso una decisione del genere? «All’inizio il governo indiano censurava i singoli individui – contestualizza Missaglia – ora sembrerebbe che si sia passati direttamente a una minaccia a una piattaforma come Twitter».
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Secondo l’esperto dell’Ispi è plausibile che il governo di Modi abbia addirittura minacciato rappresaglie nei confronti dei dipendenti di Twitter attivi in India, costringendo di fatto la società USA a eseguire un ordine repressivo contro determinati contenuti sulla piattaforma. Negli ultimi mesi il leader induista si è distinto per una scelta chiara nei confronti della pandemia: se nel 2020 aveva attuato un lockdown ferreo, quest’anno ha dato priorità alla politica, alle campagne elettorali e alla propaganda. «Ha permesso il più grande festival induista al mondo, con quasi sei milioni di persone senza mascherina che si sono radunate».
L’India e i social
Analizzando l’immenso contesto indiano, è importante capire anche il rapporto che c’è tra la giovanissima popolazione – età media 25 anni – e la tecnologia. «L’India ha una società civile estremamente viva e attiva e con cognizione dell’utilizzo del web soprattutto nelle città – sottolinea Missaglia – i social media come Twitter sono molto utilizzati. Il governo blocca soltanto quelli cinesi, come TikTok».
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Il fatto che una grossa società come Twitter sia stata piegata dal potere politico rende ancora più complesso il dibattito sul ruolo dei social. A gennaio 2021 i fatti di Capitol Hill avevano diviso l’opinione pubblica internazionale: Facebook&Co sono editori che possono scegliere liberamente cosa va e cosa non va online? Oppure sono luoghi dove ormai si forma l’opinione pubblica e da tali vanno trattati? «Forse – conclude Missaglia – bisognerà pensare a una regolamentazione multilaterale».