Pubblichiamo un contributo del deputato di FacciamoECO Alessandro Fusacchia Alessandro Fusacchia che prende posizione sull’“l’incompatibilità dell’iscrizione nella sezione speciale delle startup innovative con l’iscrizione nella sezione delle Imprese sociali”
A fine marzo una nota del Ministero dello Sviluppo Economico ha stabilito che devi scegliere tra fare innovazione o essere sociale. Non puoi infatti essere, allo stesso tempo, “impresa sociale” e “startup a vocazione sociale”. Una follia, che sta costringendo molte imprese a scegliere – e in concreto a chiudere! Più Camere di Commercio, infatti, si stanno muovendo in questi giorni per notificare “l’incompatibilità dell’iscrizione nella sezione speciale delle Start-up innovative con l’iscrizione nella sezione delle Imprese sociali”.
Questa notifica chiede sostanzialmente a chi oggi ha il doppio status di rinunciare ad una delle due iscrizioni. Viene così imposto un aut-aut sulla base di un presunto conflitto tra le due iscrizioni nel Registro Imprese, perché una startup innovativa a vocazione sociale avrebbe “scopo lucrativo”… anche quando si tratta di imprese non-profit!
L’imposizione di questa scelta produce gravi effetti sull’impresa: reali, economici e finanziari. Perché perdere la qualifica di Impresa sociale ETS (Ente del Terzo Settore) comporta l’estromissione dal mercato di riferimento (pubblico e privato), l’interruzione o l’inadempienza nelle attività e contratti in corso: in definitiva, l’impossibilità di svolgere l’attività economica. E perché rinunciare all’iscrizione nella sezione Startup Innovative vuol dire perdere le facilitazioni specifiche: le garanzie speciali del Fondo PMI per l’accesso al credito, gli incentivi fiscali per attrarre investitori in una no-profit patrimonializzando l’impresa, giuslavoristici. Un danno alla accountability nei rapporti anzitutto con imprenditori privati e sociali, che compromette la capacità di operare dell’impresa e la sua strategia di sviluppo. L’aut-aut a cui si sta sottoponendo le imprese interessate non sta quindi chiedendo di fare una scelta, ma di fatto si sta traducendo in una imposizione che mette a rischio la continuità aziendale, il mantenimento e la crescita dei livelli occupazionali, il rispetto degli impegni e delle obbligazioni assunte con terzi.
Ho trovato francamente incomprensibile quello che sta succedendo: Il MISE deve facilitare il fare impresa, non ostacolarlo! Per questo ho deciso di favorire su questo tema un confronto pubblico nel quadro degli incontri “fare nuova l’impresa” che abbiamo promosso come FacciamoECO, con Lexia Avvocati, VC Hub, Onde Alte, Junior Achievement Italia, e StartupItalia, e oggi assimee ad altri dodici deputate e deputati– anzitutto i colleghi di FacciamoECO Rossella Muroni, Andrea Cecconi, Antonio Lombardo e Lorenzo Fioramonti; assieme a Chiara Gribaudo e Serse Soverini del PD, Luca Carabetta del M5S, Mattia Mor di Italia Viva, Antonio Palmieri di Forza Italia, Rosalba De Giorgi, Elisa Siragusa, Simona Suriano del Gruppo Misto – abbiamo scritto al ministro Giancarlo Giorgetti chiedendo un suo interessamento e intervento diretto e tempestivo per evitare il paradosso per cui il MISE, invece di aiutare la nascita e sviluppo delle imprese, emana note che di fatto mettono a repentaglio l’attività di impresa e la sopravvivenza stessa di tante realtà imprenditoriali italiane.
Abbiamo chiesto al Ministro di intervenire subito con una sospensione del procedimento nell’attesa di adeguati chiarimenti, anche al fine di bloccare gli effetti che si produrrebbero a danno delle imprese interessate. E gli abbiamo chiesto di intervenire con legge per semplificare e valorizzare le nuove forme emergenti dell’imprenditorialità sociale. Vedremo adesso cosa il Governo farà.