Le panchine fanno parte da sempre dell’arredo delle nostre città, tanto che non ci facciamo molto caso, se non quando dobbiamo utilizzare: lungo le strade, nelle piazze, nei parchi pubblici, sono diffuse ovunque, diverse nella forma, nei materiali e nei colori. Al di là della loro funzione, sono anche parte della nostra cultura, come testimoniano i molti richiami che troviamo nella storia della letteratura: in “Educazione sentimentale” di Flaubert Frédéric Moreau e Madame Arnoux si conoscono su una panchina, i protagonisti di “Notti bianche” di Dostoevskij gravitano attorno a una panchina e anche ne “La nausea” di Sartre ritroviamo il simbolismo di questo complimento urbano. Dai libri al cinema, nell’immaginario collettivo non può mancare la scena di Forrest Gump seduto su una panchina con la sua scatola di cioccolatini.
Tante forme e colori in nome dell’inclusività
Nel tempo le panchine hanno assunto un valore che supera la funzione originaria e oggi, attraverso forme e colori diversi, sono diventate portarci di significati e funzioni specifiche: se, infatti, alcune sono inclusive per la loro forma e struttura, altre sono considerate solidali per il loro colore, che vuole richiamare una specifica battaglia sociale e rivendicare un’esigenza di sensibilizzazione verso un tema specifico.
Ci sono le panchine bianche in ricordo dei morti sul lavoro, quelle rosse contro la violenza sulle donne, quelle rosa promosse con lo scopo di sensibilizzare la collettività alla prevenzione del tumore al seno. Poi ci sono quelle arcobaleno, che riprendono i colori della bandiera rainbow utilizzata dalla comunità LGBTI+, posizionate in tantissime città contro le discriminazioni e le violenze basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.
Sedersi nel posto che mancava
Oltre alle panchine di diversi colori, ci sono progettate e realizzate con un apposito spazio al centro per accogliere anche chi si muove in sedia a rotelle, che altrimenti dovrebbe mettersi di lato. In questo modo si permette una vicinanza e un’accoglienza veramente per tutti, nessuno escluso. Una delle ultime iniziative in questo senso sta interessando il Salento, in Puglia, dove grazie alla sinergia tra pubblico e privato è stato elaborato un piano su vasta scala.
“Non deve essere vissuta come una panchina speciale, perché uno dei nostri obiettivi è non far sentire il peso della diversità ma, al contrario, quello dell’integrazione”
L’idea nasce dalla “voglia di sensibilizzazione cittadini ed amministrazioni locali rispetto ad un tema che, per ragione personali, ad un certo punto della mia vita si è presentato e che ho pensato valesse la pena affrontare a livello di comunità”, racconta a Startupitalia Carmine Sanasi, presidente dall’Associazione Agorà Italia, che ha ideato e promosso il progetto. “E’ importante che questo tipo di panchina non venga percepito come un corpo estraneo, ma che si integri con l’ambiente circostante, non deve cioè essere vissuta come una panchina speciale, perché uno dei nostri obiettivi è non far sentire il peso della diversità ma, al contrario, quello dell’integrazione”.
Un arredo che si integra con l’ambiente circostante
“Proprio per questo ho ideato un prodotto semplice, dalle linee essenziali, e resistente, fatto d’acciaio. Anche il colore scelto non vuole essere appariscente”, spiega a Startupitalia Daniele d’Angelo, che ha creato queste panchine. “Abbiamo pensato che dovessero integrarsi con il contesto circostante in maniera naturale e che potessero essere alla portata di tutti”, anche di quelle amministrazioni che non hanno molti fondi a disposizione e che ricevono il contributo di privati e aziende. Una panchina alla portata di tutti, anche da un punto di vista economico.
Integrazione e socializzazione senza barriere architettoniche
“Il successo della nostra iniziativa è dovuto alla risposta positiva dei cittadini, che abbiamo coinvolto anche nel processo decisionale rispetto a dove posizionare le sedute”, sottolinea Carmine Sanasi. “Che sia nei parchi o vicino alle scuole, le panchine diventano luoghi di socializzazione, oltre che di integrazione, per chi ne fa uso. Un uso che non è riservato solamente ai portatori di handicap, ma può essere adatto, ad esempio, anche alle mamme con i passeggini”. Un’inclusione che si fa ancora più concreta se si pensa che per posizionare queste panchine devono essere abbattute le eventuali barriere architettoniche circostanti, ancora troppo diffuse in molte zone delle nostre città.