Il presidente dello European Institute of Innovation for Sustainability ai nostri microfoni: “L’essere sostenibili è un risultato sinergico che aziende e istituzioni possono ottenere solo lavorando insieme, facendo sistema tra loro”
Due giorni di laboratori pratici, case studies internazionali e un’area espositiva per conoscere tendenze, tecnologie avanzate e nuovi modelli di business orientati all’innovazione per la sostenibilità, al fine di stimolare una riflessione su come si possa trovare un nuovo modo di coniugare il benessere del pianeta e delle persone: è l’Innovation for Sustainability Summit, nuovo evento di EIIS – European Institute of Innovation for Sustainability, dedicato alla scoperta dei servizi più innovativi delle aziende che puntano concretamente alla sostenibilità, che si sta svolgendo a Palazzo Taverna, a Roma. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Carlo Alberto Pratesi, numero 1 di EIIS e professore di Marketing innovation and sustainability presso l’Università di Roma Tre, per capire quale sia la strada da battere e, soprattutto, cosa c’entri l’arte quando si parla di innovazione e sostenibilità. In merito Pratesi non ha dubbi: “Sono gli artisti gli unici dotati di quella sensibilità visionaria non condizionata dagli schemi mentali del passato che consente loro di sviluppare il pensiero laterale e apportare quella nuova linfa necessaria per sviluppare l’innovazione di prodotto”.
Intervista a Carlo Alberto Pratesi
Lei ha dichiarato “Non c’è sostenibilità senza innovazione, e non c’è innovazione senza un network che permetta alle idee di circolare e crescere”. A che punto è questo network, ovvero l’ecosistema italiano?
La situazione, come spesso accade in Italia, è abbastanza disomogenea. Ci sono settori in cui la collaborazione è tanta, mi viene in mente il programma di formazione all’imprenditorialità innovativa di Dock3 avviato presso l’Università di Roma Tre e aperto a studenti di tutti gli atenei, oppure penso alla fondazione “Sostain” fondata dai produttori siciliani di vino di qualità con l’obiettivo di creare processi condivisi che garantiscano la sostenibilità delle coltivazioni. In altri settori, al contrario, questo network è quasi inesistente: per paura di smarrire la propria identità o per semplice miopia, restano ancora tanti steccati. Credo ci sia ancora poca consapevolezza sul valore della collaborazione: a me è sempre stato chiaro che se l’innovazione non è “open”, se non scorre in modo fluido da un contesto all’altro, la crescita rallenta e talvolta si ferma totalmente. L’essere sostenibili è un risultato sinergico che aziende e istituzioni possono ottenere solo lavorando insieme, facendo sistema tra loro.
Che tipo di sinergie si possono sviluppare tra arte, sostenibilità e impresa?
L’arte viene spesso percepita come una dimensione a sé, dall’elevato valore culturale ed estetico ma scarsamente connessa al mondo produttivo: viene percepita come qualcosa che può essere “messa da parte” nel momento in cui il sistema economico entra in crisi. In realtà è esattamente l’opposto: è senza arte, senza cultura, che l’economia soffre, e soffre perché non produce innovazione. A ben vedere infatti sono gli artisti gli unici dotati di quella sensibilità visionaria non condizionata dagli schemi mentali del passato che consente loro di sviluppare il pensiero laterale e apportare quella nuova linfa necessaria per sviluppare l’innovazione di prodotto. Le aziende devono imparare a dialogare con gli artisti, che rappresentano una ricchezza indiscussa per la società. Basti pensare a quello che successe a Firenze nel ‘500: artisti che modellarono la società del futuro.
Secondo lei, quanto sono realmente coinvolti, rispetto al tema della sostenibilità, i manager italiani? E quanto dipende solo dal fatto che cittadini e utenti tendono a premiare le aziende e i prodotti che privilegiano la sostenibilità?
I manager hanno iniziato a capire che essere sostenibili è una prerogativa imprescindibile per stare sul mercato: non più un plus, ma qualcosa di fondamentale per rimanere competitivi. Non implementare strategie che tutelino l’ambiente ormai è un elemento che penalizza tantissimo le aziende, e questo perché sono i consumatori stessi a chiedere prodotti, packaging e iniziative sostenibili. Dagli utenti finali poi questa esigenza risale tutta la filiera, passando per retailer e fornitori fino ad arrivare ai produttori. D’altra parte, bisogna riconoscere alle associazioni di settore, agli opinion leaders e ai protagonisti del dibattito decennale sulla sostenibilità il merito di aver sensibilizzato l’opinione pubblica, avviando il circolo virtuoso che oggi si riflette sulla società intera.
Cosa troviamo in questa prima edizione dell’Innovation for Sustainability Summit?
Le iniziative in programma sono tantissime: ci sono tavole rotonde e laboratori per condividere e riflettere sulla sostenibilità a 360 gradi, affrontando trasversalmente tutti gli ambiti, dal cibo al packaging alla ricerca spaziale. Abbiamo tanti rappresentanti dal mondo imprenditoriale e istituzionale, organizzazioni non governative, cittadini e studenti. E poi due spazi espositivi, uno nel quale le aziende illustrano le nuove soluzioni concrete che hanno pensato e implementato per la sostenibilità e l’altre che ospita la mostra d’arte contemporanea “Arte Circolare”, in cui dieci giovani artisti contemporanei presentano le proprie opere, tutte ispirate ai temi dell’economia circolare aventi l’obiettivo di stimolare, attraverso l’arte e la creatività, l’innovazione nelle aziende.