Thimus è una startup italo-statunitense che ha come obiettivo quello di digitalizzare e analizzare le esperienze umane con il cibo al fine di supportare le industrie e i food creator nello sviluppo di nuovi prodotti e ricette
Quando assaggiamo un cibo il nostro cervello viene percorso da scariche elettriche che sono la nostra personale reazione a quel particolare alimento. Consciamente sappiamo se una data pietanza ci piace oppure meno, ma spesso non sappiamo esattamente il motivo. E soprattutto non siamo in grado di esprimere a parole quello che proviamo.
Questo perché ci sono due livelli distinti che si sovrappongono quando facciamo un’esperienza culinaria. Quello conscio, che possiamo cercare di descrivere. Ed uno inconscio, molto più profondo e ricco, che noi stessi non siamo in grado di spiegare e che è influenzato da una molteplicità di fattori: culturali, antropologici, psicologici e genetici.
Possiamo trovare un cibo gradevole, oppure disgustoso, perché magari lo associamo ad un’esperienza dell’infanzia. Ma il cibo interagisce anche con la nostra espressione genetica. È risaputo ad esempio che il gusto dell’amaro non è percepito da tutti gli esseri umani in maniera uguale, ma cambia a seconda del corredo genetico che ci portiamo dietro. Il gusto, l’aspetto, l’odore, ma anche le caratteristiche fisiche del cibo, come la sua temperatura, la texture o la consistenza influenzano la nostra particolare esperienza culinaria.
“Il compito di Thimus è quello di digitalizzare e analizzare l’esperienza umana con il cibo in modo da avere degli inside su come gli essere umani vivono l’esperienza culinaria”, ci racconta Mario Ubiali, co-founder e ceo di Thimus, che incontriamo a San Francisco durante il Future Food Tech. Un imprenditore seriale, che dopo aver avuto successo nel settore della metallurgia oggi ha deciso di dedicarsi al food. L’azienda, fondata nel 2016, ha ottenuto un pre-seed nel 2019 e ora sta lavorando ad un round A.
Capire davvero l’esperienza umana con il cibo
Normalmente quando un’industria lancia un nuovo prodotto alimentare organizza i cosiddetti panel test, che non sono altro dei gruppi di consumatori a cui viene fatto assaggiare il prodotto e devono descrivere le esperienze che vivono nel provarlo.
“È difficile però descrivere la propria esperienza con il cibo perché spesso ha che fare con una parte inconscia del nostro essere e inoltre muta nel corso dell’assaggio stesso”, precisa Ubiali. “È capitato a tutti di mangiare qualcosa e provare una sensazione che dura per una frazione di secondo e non riusciamo a descrivere”.
L’innovazione digitale permette però al team di Thiums, con sede a Brescia e a San Francisco, di descrivere in maniera minuziosa e analizzare l’esperienza umana con il cibo. La startup ha sviluppato un sistema che si basa sulla mappatura delle onde cerebrali attraverso EEG (elettroencefalogramma) e sul monitoraggio di altri parametri vitali mentre si assaggia il cibo.
In questo modo tutta l’esperienza con la pietanza che si ha davanti viene mappata in maniera digitale e continua, raccogliendo dati oggettivi senza basarsi su un racconto fatto dall’assaggiatore, che può essere distorto in maniera consapevole inconsapevole.
“Una delle sfide che abbiamo dovuto affrontare è stata quella di filtrare i dati, eliminando il rumore di fondo e arrivando quindi alle vere informazioni che ci interessano”, ci spiega Ubiali. Ed è proprio il software di analisi la vera rivoluzione che dovrebbe aiutare le imprese a conoscere meglio i gusti dei propri consumatori.
Ma non si tratta solo di analizzare dati secondo i canoni delle neuroscienze. Perché Thiums prende in considerazione anche gli aspetti culturali, antropologici e psicologici che caratterizzano una persona. L’obiettivo è avere un quadro chiaro e oggettivo, a 360°, in modo da poter prendere decisioni consapevoli.