Ecco cosa accadrebbe se le avventure di Nathan Drake o Lara Croft fossero proprio alla portata di tutti
Può un platform 3D, zeppo di salti, passaggi a precipizio e acrobazie da disegnare nell’aria, essere un titolo per tutti, accessibile anche a nostra nonna, che era semplicemente affascinata dai colori su schermo, oppure al nostro fratellino? È la scommessa dei ragazzi di Uppercut Games, che nel 2015 confezionarono il primo Submerged, cui diedero un seguito, Hidden Depths, nel primo anno di pandemia, nel 2020 ma solo su PC, via Steam. Oggi, Submerged Hidden Depths è finalmente disponibile anche su console: PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One e Xbox Series X|S.
Navigando per i mondi sommersi di Submerged Hidden Depths
Se avete giocato al titolo del 2015 conoscerete già i due protagonisti: Miku, una ragazza tanto scaltra quanto atletica e coraggiosa, e suo fratello. Sono passati cinque anni e il fratellino è cresciuto parecchio dall’ultima volta che lo abbiamo portato in braccio. Non è nemmeno più malato e questo gli permette di alternarsi nell’esplorazione delle isole con sua sorella. Miku, però, è la sola a poter fermare la “Massa“, quella specie di fungo nero tentacolare che sta avvelenando il mondo. Per questo il più delle volte il ragazzo resterà ad attenderci sulla barca.
Ancora una volta, il vero fulcro del gioco di Uppercut Games è proprio l’overworld, farcito di strutture enormi, spettacolari pur nella devastazione. Come nel più blasonato The Last of Us II (qui la nostra recensione), tanto per citare un titolo che conoscono sicuramente tutti, anche qui ci aggireremo tra le antiche vestigie di una civiltà – la nostra – morente.
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Una fine del mondo gentile
La più grande differenza rispetto al titolo di Naughty Dog è che qui anzitutto non ci sono nemici mortali; la seconda è che ciò che resta delle nostre città è stato sommerso dall’acqua. Palazzi, grattacieli, antenne radiofoniche e televisive sono così diventati isole, arcipelaghi, ultimo baluardo dell’umanità sopravvissuta a chissà quale cataclisma, che le ha usate come base per le proprie palafitte. Ma adesso anche quella civiltà, venuta dopo la nostra, è sparita…
Benché si sia in due e nonostante i colori caldi e gli scenari altamente evocativi e rilassanti, la sensazione di solitudine è ben ricreata, in Submerged Hidden Depths, a tratti perfino opprimente, soprattutto mentre ci si aggira al tramonto tra ciò che resta di strutture ora liberty, ora neo coloniali, ora tipicamente europee o tra le capanne di legno della civiltà primitiva che è venuta dopo.
Un po’ Zelda the Wind Waker, visto che Submerged Hidden Depths permette di esplorare un grande mare punteggiato da isolette, ciascuna delle quali con il proprio enigma dominante, un po’ Prince of Persia, dato che le isole sono in realtà livelli che si sviluppano in verticale, zeppi prove fisiche, l’aspetto più curioso del titolo non è tanto la commistione di generi, quanto il fatto che siano stati volutamente rabboniti, edulcorati, a tal punto che il videogioco potrebbe apparire quasi un punta e clicca.
Vietato cadere (nel senso che è proprio impossibile)
Abbiamo parlato di prove fisiche: sono tantissime. Salti, cornicioni cui aggrapparsi, pertiche lungo le quali scivolare. Che si controlli Miku (nelle isole infestate dalla Massa) o il fratello, il pensiero corre appunto alla serie persiana firmata Ubisoft, o alle avventure di Nathan Drake o Lara Croft. In realtà, però, i salti sono automatici e i muri invisibili impediscono di cadere in mare, o da una piattaforma all’altra, sfracellandosi al suolo.
Questo semplifica enormemente ogni azione alleggerendola di significato e, proprio come nelle avventure punta-e-clicca, ci viene al più chiesto di osservare e interpretare lo scenario per capire cosa fare e dove andare. Purtroppo ogni azione, che si sia in barca o sulla terraferma, viene compiuta tramite la pressione di un solo tasto (X su PlayStation) e molto spesso ci si ritrova a premerlo alla cieca, semplicemente perché appare in sovraimpressione, senza avere la minima idea di cosa questo possa comportare.
Non che possa succedere nulla di grave: in Submerged Hidden Depths è impossibile morire, ma avremmo preferito una maggior consapevolezza, anche solo una scritta per farci capire se stiamo per azionare un macchinario, pescare qualcosa o catalogare un animale. Probabilmente, il fatto che non si possa intervenire sulle evoluzioni ginniche dei due giovani e atletici protagonisti indispettirà i giocatori più scafati: comprendiamo il loro disappunto perché, così facendo, benché spesso complessi e ben disegnati, i livelli di gioco e le loro verticalità finiscono per somigliare un po’ tutti a corridoi già tracciati. Chi cerca un po’ di sfida in più potrà mettersi sulle tracce dei mille oggetti, potenziamenti e animali custoditi tanto dalle singole isolette, quanto dall’overworld.
La natura budget del titolo emerge in diverse situazioni: personaggi che non riescono a passare in una strettoia perché così vogliono gli sviluppatori, quando magari fino a due secondi prima erano appesi a cornicioni ben più sottili, o il fatto stesso che alcuni cornicioni possano costituire un appiglio mentre altri, delle medesime dimensioni, fanno solo da sfondo. La via da seguire, del resto, è soltanto una ed è impossibile sgarrare. In più, di tanto in tanto ci si ritrova bloccati dall’eccessiva rigidità dei controlli o da qualche muro invisibile sfuggito ai beta-tester. Questi dettagli, uniti a caricamenti un po’ troppo lunghi e filmati tagliati malamente, contribuiscono a fare di Submerged Hidden Depths un titolo un po’ grezzo e acerbo.
Ma si tratta comunque di inezie, rispetto a un videogame che ha dalla sua ben altri pregi, a iniziare dalla grafica, sicuramente di impatto, forte di un ottimo colpo d’occhio dovuto principalmente alla complessità e alla grandezza delle ambientazioni e di una caratterizzazione dei personaggi davvero soddisfacente, anche per la cura riversata nella mimica facciale.
Da questo punto di vista, Submerged Hidden Depths ci ha ricordato una delle produzioni più sorprendenti dello scorso anno: Kena Bridge of Spirits (qui la recensione). Ma se il gioco dei ragazzi di Ember Lab, software house fondata nel 2009 da Mike and Josh Grier, era piuttosto cattivello fin dal livello di difficoltà medio, questo al contrario è una vera passeggiata.
E con ogni probabilità Submerged Hidden Depths vuole proprio essere questo: una rilassante passeggiata in un mondo morente ma che ancora non si arrende e fa di tutto per vivere. I poteri di Miku ci permetteranno di spazzare via l’icore nerastro e venefico della Massa dall’overworld, sostituendolo con enormi radici di piante altrettanto maestose.
Vedere il mondo di gioco trasformarsi a seconda dei nostri progressi è davvero un piacere, così come lo è notare che, ogni volta che trasporteremo un seme della vita (l’oggetto da rinvenire in ogni isola, da trasportare in un particolare punto così da spazzare via il veleno), ovunque cammineremo si stenderà sotto i nostri piedi un tappeto d’erba e fiori in pieno rigoglio. Insomma, nonostante limiti tecnici e quelli dovuti a un gameplay eccessivamente bonario, Submerged Hidden Depths è davvero un videogame delizioso.