Piccoli Godzilla crescono nel mondo dei videogiochi
Da Goody Gameworks, software house indonesiana molto legata al retro gaming, vi proponiamo l’esperienza arcade ed esplosiva di Gigapocalypse, titolo che richiama Rampage ma anche blockbuster come Godzilla nel suo proporre mostri enormi per il solo divertimento di vederli mettere a ferro e fuoco le città. Disponibile su Xbox Series X/S, stiamo parlando di un prodotto che ovviamente non stressa il motore next gen. Quello che salta subito agli occhi, non appena diamo il via alle prime incursioni bestiali, è la cura adottata nella pixel art: non importa l’arma o i poteri del mostro di turno – ve ne sono diversi, tutti da potenziare e cullare (poi ci torniamo) – perché il loro effetto sul mondo sarà comunque devastante. La distruzione genera coriandoli di pixel che potrebbero quasi suggerire sia in corso una festa. E invece è la fine del mondo.
La storia c’è, ma non è il piatto forte. In pratica il mostro riesce a evadere da un laboratorio ed è compito nostro prendercene cura, cibandolo e perfino ripulendo le sue deiezioni. Non stiamo qui a spiegarvi il perché la software house abbia voluto combinare sessioni di gioco in cui il mostro è spaventoso, mentre nel menu di potenziamento assomiglia a un Tamagotchi da sfamare. L’effetto è comunque divertente e calzante con lo spirito di fondo di Gigapocalypse.
Per combattere dobbiamo utilizzare il puntatore, orientandolo sulla mappa a scorrimento orizzontale e indirizzando i proiettili contro i vari bersagli. Se vi sembrerà facile affrontare una cittadina in preda al caos con il povero esercito ad armi spianate siete in errore. Abbiamo da considerare il nostro livello di vita, così come quello di rabbia, la benzina che mette in moto questa macchina di distruzione. Nel momento in cui l’ampolla della rabbia si svuota dobbiamo attendere pazientemente che si ricarichi, facendo ben attenzione a non esaurirla di nuovo. Nel frattempo potremmo tranquillamente venir neutralizzati e dover ricominciare da capo.
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In pratica è tutto un sapiente dosaggio di rabbia. I livelli procedono a stadi, con check point e momenti in cui recuperare vita e fiato. Forse avremmo preferito che il puntatore non venisse adoperato anche nel menu e per skippare determinati dialoghi – perlopiù inutili -. Con quella dannata freccia e i tasti così piccoli sale proprio il nervoso, quando vorremmo soltanto devastare in santa pace.
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L’effetto della distruzione a livello grafico è più che discreto, così come l’audio design rockettaro al massimo, per il nostro concerto di caos. I livelli vi condurranno in situazioni di gioco differenti, ma una volta terminata l’avventura con un mostro rimarranno identici. Quel che cambia è il tipo di avatar: sceglierne un altro richiede di nuovo un allevamento fin dalla prima poppata. Toccasana per scoprire nuove specifiche, ma forse un filo noioso per la ripetitività.