L’intervista al Ceo Andrea Pesce. «Con questa iniziativa vogliamo spingere le persone a riflettere»
«È assurdo pensare di riforestare i fondali marini, ne siamo perfettamente consapevoli. Immaginiamoci l’impegno di una squadra di sub per coprire appena 100 metri quadri a otto metri di profondità con 2500 piantine di posidonia». Eppure quella appena descritta dalle parole di Andrea Pesce è proprio l’operazione che in primavera vedrà impegnata la sua startup zeroCO2 nel Golfo Aranci, nel nord est della Sardegna. «Le posidonie – ci ha spiegato il Ceo – a differenza delle alghe sono piante che assorbono molta più anidride carbonica. Ogni metro quadro di posidonia restituisce 20 litri di ossigeno al giorno». Fondata nel 2019, l’azienda è da poco diventata una B Corp ed è nata con l’obiettivo di riforestare alcune aree del pianeta seguendo un percorso che coinvolge le comunità locali. Tutto questo grazie al sostegno delle persone che possono acquistare piante sulla piattaforma e seguirne la crescita nel tempo. «La nostra missione è trovare possibili soluzioni per mitigare i cambiamenti climatici».
zeroCO2: il progetto a Golfo Aranchi
L’operazione di riforestazione acquatica a Golfo Aranci è un progetto che ha ricevuto il contributo scientifico di I.S.S.D (International School for Scientific Diving) e i patrocini della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di Golfo Aranci. È stata coinvolta anche Worldrise, onlus italiana attiva nella conservazione degli ambienti marini. «Gli oceani e i mari svolgono un ruolo enorme nel tenere il pianeta in equilibrio – ha spiegato il Ceo di zeroCO2 -. Dobbiamo tutelare tutto ciò che è sotto l’acqua e con questa iniziativa vogliamo spingere le persone a riflettere. Come dicevo: è complesso, se non impossibile, riforestare su larga scala gli oceani. Ma dobbiamo far capire alle persone che siamo arrivati a un punto di non ritorno».
I numeri della startup
Durante l’intervista abbiamo chiesto anche qualche numero di zeroCO2, startup lanciata da un imprenditore che, prima del 2019, aveva vissuto in Guatemala lavorando a un progetto di innovazione educativa. «Nel 2020 abbiamo fatto fatturato 360mila euro; nel 2021 700mila, crescendo soprattutto in Italia. In tutto siamo in 20 in giro per il mondo: partiamo da una base territoriale molto forte in Guatemala. Là facciamo crescere 180mila alberi all’anno. Oggi siamo attivi in Perù, Argentina e in Tanzania».
Formati sull’ambiente
Tra gli aspetti su cui zeroCO2 più punta l’attenzione è il coinvolgimento delle comunità locali, quelle che accolgono gli alberi acquistati magari da persone che abitano dall’altra parte del mondo e che hanno scelto di comprare piante e dare un proprio contributo contro i cambiamenti climatici. «Non piantiamo soltanto un albero: facciamo 80 ore di formazione con le comunità locali e per 2 anni seguiamo il controllo e la gestione». Formazione e sensibilizzazione che coltivano anche in Italia, incontrando classi e studenti in diverse scuole.
«Collaboriamo con più di mille scuole e con oltre 35mila studenti in un progetto di sensibilizzazione con Flowe». Viviamo tuttavia in un’epoca in cui transizione ecologica e sostenibilità sono concetti spesso usati a sproposito, riguardo a temi e aziende che nulla hanno a che fare con il green. In un articolo comparso su Internazionale (n.1440) dal titolo Una foresta di dubbi gli autori avanzano domande e dubbi sul riforestare a tutti i costi. «Partiamo col dire questo – ha concluso Pesce -. La riforestazione è la cosa più utile da fare oggi per contrastare il cambiamento climatico. Senz’altro è un’operazione che si può fare in molti modi, anche sbagliati. Ripopolare una zona non basta. Se il primo marzo pianto 45 milioni di alberi, a maggio è possibile che di quelli ne rimangano mezzo milione. Bisogna prendersene cura».