Isolati, per ora. Ma sempre più lavoratori chiedono una rappresentanza
Inconciliabile: fino ad oggi le Big Tech hanno considerato in questi termini il proprio modello di business rispetto all’ipotetica presenza di sindacati all’interno degli stabilimenti o degli store. Da una parte ci sono giganti come Apple e Amazon – due multinazionali di cui parleremo – dall’altra milioni di lavoratori, a volte stagionali, magari con paghe sopra la media nazionale, ma sottoposti a turni e ritmi di lavoro stressanti. Il coronavirus ha arricchito i giganti e i miliardari, mentre la crisi occupazionale e la precarietà restano questioni ancora aperte nel tessuto sociale. Come ha riassunto Axios, sembra che il mondo del sindacato si stia facendo strada nell’ambito Big Tech, dove finora le union hanno sempre trovato le porte sbarrate. Ecco dunque lo scenario.
Il primo sindacato in Amazon
In Italia come in altre parti del mondo il sindacato affronta da anni una crisi di rappresentanza. Questo però non significa, come stiamo assistendo Oltreoceano, che le spinte verso una rappresentanza nei luoghi di lavoro siano venute meno da parte di chi ha un impiego e vuole mantenerlo non tanto a tutti i costi, ma alle condizioni di dignità del lavoratore. Alcune settimane fa Amazon, suo malgrado, ha assistito alla formazione di un primo sindacato. La multinazionale di Seattle, fondata da Jeff Bezos, è il secondo più grande datore di lavoro negli Stati Uniti.
La pandemia che ha spinto milioni di consumatori tra le braccia dell’ecommerce – dagli Usa alla Cina passando per l’Europa – ha messo a dura prova la macchina che rende ogni giorno possibile gli acquisti online. Cristian Smalls, all’inizio dell’emergenza sanitaria, aveva protestato in qualità di lavoratore Amazon dello stabilimento di Staten Island, a New York, contro quelle che lui reputava condizioni non sicure per i dipendenti nel pieno della pandemia. L’azienda, secondo quanto ricostruito dalla stampa in questi anni, lo ha licenziato. Dopo il voto che, nello stesso stabilimento, ha sancito una vittoria storica, con la formazione del primo sindacato mai costituitosi dentro Amazon, è stato tra i primi a festeggiare.
@amazon wanted to make me the face of the whole unionizing efforts against them…. welp there you go! @JeffBezos @DavidZapolsky CONGRATULATIONS 🎉 @amazonlabor We worked had fun and made History ‼️✊🏾 #ALU # ALUfortheWin welcome the 1st union in America for Amazon 🔥🔥🔥🔥
— Christian Smalls (@Shut_downAmazon) April 1, 2022
Negli anni diverse inchieste giornalistiche, come quelle del New York Times hanno denunciato un atteggiamento ostile da parte di Amazon nei confronti di qualsiasi tipo di spinta dal basso volta a formare sindacati in una delle Big Tech più importanti. Difficile sapere se all’Amazon Labor Union (ALU) seguiranno altre organizzazioni in giro per gli Stati Uniti e nel mondo. Nel suo libro Amazon. L’impero Brad Stone ha ripreso le cronache dei primi difficili tempi della pandemia:
Mentre molti dipendenti approfittavano dell’offerta di Amazon di ferie non retribuite illimitate, i dipenenti del fulfillment center SDF9 di Shepherdsville in Kentucky raccontavano che nelle prime settimane di pandemia l’edificio appariva più vuoto del solito. Ma quando quella concessione temporanea scadde, il primo maggio, anche se l’aumento dei casi negli Stati Uniti non accennava a rallentare l’edificio iniziò a diventare affollato e calò l’aderenza alle norme di distanziamento sociale […] “Fa paura”, diceva un dipendente di SDF9. ” I lavoratori non seguono le linee guida che sono state annunciate”.
Nel 2020 Amazon ha registrato uno dei suoi anni migliori: fatturato annuo cresciuto del 37% (380 miliardi di dollari) con capitalizzazione da 1600 miliardi. Ma è anche in quei mesi che è cresciuto lo scontento tra i lavoratori. Il voto che ha condotto alla nascita del primo sindacato di Amazon non è stato ben accolto dall’azienda, che ha commentato così: «Siamo delusi dal risultato delle elezioni a Staten Island perché crediamo che avere un rapporto diretto con l’azienda sia meglio per i nostri dipendenti».
Apple: sindacati negli Store
Nel frattempo anche Apple si sta confrontando con una situazione interna nella quale alcuni lavoratori dello store di New York, il Grand Central Station store, hanno espresso le proprie intenzioni di organizzarsi attraverso un sindacato. Questa realtà, battezzatasi Fruit Stand Workers United, chiede che i lavoratori vengano pagati 30 dollari l’ora. “La verità – scrivono gli organizzatori rivolgendosi ai colleghi – è che, senza un sindacato, Apple si riserva il diritto di prendere tutte le decisioni sul tuo lavoro senza alcun input da parte tua”.
The rise of unions is not just impacting Starbucks and Amazon, but Apple too.
I love that they called themselves "Fruit Stand Workers United".
They learned from their employer, which is, after all, the best marketer in tech. https://t.co/Wh10FKUUm5
— Emil Protalinski (@EPro) April 17, 2022
Per inquadrare lo scenario, Apple dà lavoro a 154mila persone nel mondo e soltanto negli USA ha inaugurato 270 store. Come ha ricordato la BBC, ai lavoratori di New York occorrerà il sostegno di almeno il 30% dei propri colleghi per costituirsi in un sindacato. Come abbiamo già detto, questi sono casi singoli, ancora insufficienti per parlare di un trend in corso, ma rappresentano comunque un banco di prova interessante, soprattutto perché i giovanissimi potrebbero essere le nuove potenziali leve del sindacato del futuro. La lista nel frattempo si allunga: anche Starbucks sta affrontando l’emergere di questo movimento.