Sono sempre più tecnologici e trasportano fino a cento chilogrammi in zone di alta montagna. “Mercato in fermento, ma attenzione agli imprenditori ciclostile” avverte l’investitrice e docente universitaria
Piaccia o meno, i droni fanno parte del nostro futuro. Piccoli velivoli teleguidati o a guida autonoma voleranno sempre più nei nostri cieli. Ci sono dei vantaggi: possono semplificare i processi di manutenzione e diagnostica rendendoli più economici, rendere raggiungibili zone mal collegate, velocizzare il trasporto di sangue e molto altro. Qualcuno pensa anche al trasporto di persone, ma si tratta di utopie, al momento. Ne esistono persino di sottomarini, utili per guardare sotto la coltre di alghe e muschi che ricopre i fondali. Ma non mancano i rischi. Una sfida per la sicurezza aerea, ma anche per anti-terrorismo. Alle tecniche di cybersecurity spetta il compito di impedire intrusioni da parte di hacker interessati a disporre di pesanti proiettili.
“Il settore è promettente, versatile, e in più i droni possono assorbire la tecnologia proveniente da altri ambiti”
Il settore è in fermento. I regolamenti lo stanno portando fuori dal far west degli inizi. Tra le aziende italiane più interessanti del settore c’è la trentina Flying Basket, fondata da due ingegneri giovani e con la testa ben piantata sulle spalle.
Molto distanti dal fenotipo dello startupper per come va di moda, Matthias e Moritz Moroder riflettono, nei discorsi, la mentalità di un territorio abituato a poche, scarne parole. Era il 2015 quando, ancora tra i banchi dell’università, partoriscono l’idea di impiegare i droni per trasporti difficili. Carichi pesanti, anche di cento chilogrammi, da spostare sull’arco alpino. Da allora, il settore si è evoluto sia dal punto di vista tecnologico sia regolatorio. Loro hanno tenuto il passo, e sono riusciti a convincere il mercato.
Droni “as a service”
Giovanna Dossena, docente universitaria e investitrice di lungo corso, si dice ottimista. Avm Gestioni, di cui è ad, affianca Flying Basket con una quota di minoranza tramite il fondo Cysero. L’aumento di capitale risale a marzo. “Delivery logistics e urban lifting sono mercati a grandissima crescita” spiega a StartupItalia. L’azienda dei Moroder non vende gli apparecchi che produce: “Disponiamo di autorizzazioni che nessuno dei concorrenti ha. E offriamo il nostro servizio a chi ne ha bisogno sotto forma di contratti di assistenza”, affermano i fratelli, che nel 2021 hanno partecipato alla definizione del nuovo regolamento comunitario in materia di droni. In tre parole: drone as a service. Per ora c’è un pilota, con una scuola di formazione che sta per aprire; in futuro si pensa alla guida autonoma.
“Serve una regolamentazione elastica e aperta. Importante armonizzarla a livello europeo”
“Il settore è promettente, versatile, e in più i droni possono assorbire la tecnologia proveniente da altri ambiti” prosegue Dossena. “Nel nostro portafoglio abbiamo aziende di cybersecurity e robotica che possono garantire l’accesso a una rete di contatti importante”. Sul piano regolatorio, “esiste già un macro-quadro di riferimento, ma non possiamo aspettarci che le norme nascano complete: vanno migliorate col tempo”. La regolamentazione, aggiunge, deve essere “non dico proattiva, ma elastica e aperta, per apportare vantaggi effettivi. Importante anche armonizzarla a livello europeo”.
Imprenditori impegnati
Ma a spingere l’investitrice a concedere fiducia a Flying Basket non è stato solo l’aspetto tecnologico. “Le quotazioni crescenti, prima che il mercato si sgonfiasse, hanno innescato euforia e arroganza non solo negli speculatori, ma anche nei fondatori: ma quello di creare startup con la fotocopiatrice non è un modello sostenibile“.
Cosa manca? “Founder capaci di assumersi un impegno a lungo termine. Bisogna indurre un comportamento virtuoso: non si genera ricchezza per il sistema vendendo a qualcuno per un prezzo elevato, ma creando un soggetto economico di lungo termine capace di fornire reddito alla propria compagine”.
“Servono founder capaci di assumersi un impegno a lungo termine”
Distinguere non è difficile. “Linguaggio, grado di coinvolgimento, conoscenza dell’attività, relazione col denaro: ne ho visti migliaia, e bastano poche parole per capire chi si ha di fronte. Ce ne sono alcuni che davanti a duecento milioni parlano ancora del progetto, di cui evidentemente sono innamorati”. E poi c’è l’altro modello, il ciclostile, quello che lascia i problemi al gestore del round successivo. “Molti hanno imparato a infiocchettare il pacchettino. Alcune di queste aziende potranno diventare piccoli unicorni, ma qual è valore per la società?”.