Un centro polisportivo inclusivo. È questo il sogno del Bologna Rubgy Club e di molte altre associazioni bolognesi che desiderano riqualificare il Centro Sportivo Bonori e il Parco Cervellati adiacente, per renderlo un luogo inclusivo, che permetta a ragazzi e ragazze con disabilità di praticare in tranquillità vari sport insieme ai loro coetanei. Poter giocare a rugby, pallacanestro, pallavolo ma anche praticare tiro con l’arco, skateboard, sollevamento pesi e vari sport, insieme, senza barriere. La possibilità per i giovani, ragazzi e ragazze, con disabilità motorie, sensoriali o intellettive non solo di migliorare la coordinazione motoria o le potenzialità cognitive e di gestione delle emozioni, ma anche di socializzare con i loro coetanei potrebbe essere realtà grazie al progetto del Bologna Rugby Club, supportato da una rete di associazioni.
Il centro sportivo Pier Paolo Bonori (Ex Dozza) è un impianto polivalente situato nel quartiere Navile, a Bologna. Si sviluppa su circa 60.000 mq, è gestito dal Bologna Rugby Club e ospita varie associazioni. Il progetto prevede varie fasi di riqualificazione per rendere il centro un punto di riferimento per tutti e tutte: per chi si trova in una condizione di fragilità, per le loro famiglie, per chi vuole praticare uno sport o semplicemente stare insieme. Un luogo, insomma, per l’intera comunità.
Il sogno del Bologna Rugby Club
Spiega il presidente del Bologna Rugby Club, Francesco Paolini: «Il rugby è inclusivo per sua natura. Far giocare a rugby significa educare la gioventù bolognese a essere disponibile al confronto con gli altri. L’idea del progetto nasce dal desiderio di continuare sulla strada dell’inclusione. Quindi ci siamo immaginati il primo centro polisportivo inclusivo in Italia».
In una prima fase, il progetto di riqualificazione intende realizzare un parcheggio dedicato alle persone con disabilità, riqualificare i vari percorsi di accesso rendendoli sensoriali, intensificare i punti luce LED e creare una cartellonistica che preveda mappe tattitili. Inoltre, la priorità è di rinnovare i bagni pubblici e gli arredi del parco, migliorando l’ergonomia e rendendoli fruibili a tutta la comunità. Il primo passo è dunque abbattere ogni possibile barriera architettonica.
Strutture sportive inclusive
In un secondo momento, l’obiettivo è di intervenire sulle strutture sportive. Per esempio, si intende realizzare una nuova pista per praticare skateboard che sia didattica e utilizzabile anche da persone con disabilità, realizzare una pedana di ausilio per gli arcieri con disabilità che vada dal punto di tiro fino ai bersagli e riqualificare l’area dedicata ai giochi, in modo da renderli fruibili per bambini e bambine con e senza disabilità.
Il progetto prevede anche varie attività che permettano una reale conoscenza reciproca, facendo in modo che ogni persona possa essere stupita dalla specificità dell’altra, abbattendo ogni possibile pregiudizio. La proposta è allora di realizzare corsi – patrocinati dal Comitato Paralimpico Italiano e coordinati dalle Federazioni sportive – per formare gli allenatori delle discipline che si svolgono al centro. Non solo. L’idea è di realizzare un programma di doposcuola e di centri estivi aperti alla comunità, con accesso gratuito ai ragazzi e ragazze con disabilità. Inoltre, si intende realizzare un grande evento annuale che preveda sport, tavole rotonde e manifestazioni che favoriscano l’inclusione e la consapevolezza sul tema della disabilità.
Medaglia d’argento per il progetto al Bilancio partecipativo
Il progetto è arrivato secondo al Bilancio partecipativo del Comune di Bologna. Il bilancio partecipativo è uno strumento utile per promuovere la partecipazione diretta dei cittadini, uomini e donne, alle politiche pubbliche locali e agli investimenti pianificati dalle Amministrazioni a favore della comunità. Prevede, dunque, che le persone possano presentare dei progetti di interesse pubblico che in un determinato periodo di tempo saranno votati dai membri della comunità. Il progetto vincitore viene poi realizzato. Per un soffio, dunque, il progetto di sport inclusivo alla Dozza ha perso il primo posto. Ma il Bologna Rugby non intende arrendersi. « »
Spiega Paolini: «A noi piace l’idea di poter fare qualcosa che sia utile per la società e in particolare per i ragazzi e le ragazze che abbiano una forma di disabilità; concetto che si sposa con l’idea di rugby inclusivo di cui parlavo all’inizio. Mi auguro che l’Amministrazione comunale apprezzi il valore sociale di questo progetto e che quindi ci supporti e ci affianchi nella realizzazione di quest’opera».
Rugby inclusivo anche per i detenuti
La disabilità è negli occhi di chi la vede. Questo progetto di certo contribuirà a favorire uno sguardo inclusivo per ciascuno e tutti, che osservi l’essenza della persona. Un discorso simile si può fare anche per chi si trova in stato di detenzione. Anche in questo caso il rugby viene in aiuto. Infatti, al carcere della Dozza è presente una squadra di Rugby, la Giallo Dozza Bologna Rugby, coordinata da tecnici e allenatori del Bologna Rugby Club.
Dopo l’iter per poter far parte della squadra, si inizia a giocare. Spiega Paolini: «Imparare a giocare richiede una preparazione iniziale abbastanza intensa. Abbiamo però la fortuna di avere uno staff tecnico fantastico e la formazione di ogni giocatore procede in modo rapido». La squadra partecipa al campionato, impegnandosi e giocando sotto lo sguardo attento di tecnici e allenatori. Sottolinea Paolini: «Il nome della squadra deriva dal fatto che nel rugby il cartellino giallo equivale a una sospensione temporanea dal gioco per dieci minuti. Il paragone con il carcere è immediato. Si cerca di far capire che anche questa esperienza negativa si può vivere in modo migliore» e che comunque è nella maggioranza dei casi un’esperienza limitata nel tempo.
Rugby come metafora della vita
Il rugby diventa allora metafora di vita. Evidenzia Paolini: «Il rugby fa capire che l’avversario non è il nemico, che l’arbitro rappresenta in campo la legge e quindi non va contestato» e molti altri valori, come l’osservazione delle regole, la lealtà, il rispetto dell’avversario e il sostegno reciproco. Infine, conclude Paolini: «I dati raccolti dall’Amministrazione penitenziaria dicono che le persone che hanno sperimentato l’esperienza del rugby, non solo a Bologna, hanno un tasso di conflittualità basso all’interno del carcere e un basso tasso di recidiva. Questo percorso ci gratifica molto, pur nella complessità».