Il Giappone feudale in preda ai midiciali kemono. Un’arte antica per padroneggiare la tecnologia più letale. Un invito a nozze per chi mastica RPG
Avvii Wild Hearts e inevitabilmente la mente corre all’hunting game per eccellenza. Monster Hunter è, perdonate il gioco di parole, un mostro sacro nella galassia degli RPG. Tentare di sfidarlo ha senz’altro richiesto spalle larghe e una buona dose di coraggio misto a creatività. Il risultato finale è un videogioco solido e davvero in grado di offrire un’alternativa, ma anche un titolo complementare per arricchire la teca delle IP su cui spendere decine di ore a caccia di prede. A svilupparlo non è stata una software house qualunque: Koei Tecmo, spalleggiata da un editore di primo livello come EA, ha sfornato qualcosa che merita la vostra attenzione, così come il vostro impegno pad alla mano. Scoprite di più nella nostra recensione per Xbox Series X/S.
Wild Hearts non è una copia carta carbone della fortunatissima saga di Capcom, che di recente abbiamo avuto modo di apprezzare pure su next gen. Per quanto a prima vista possa sembrare: siamo in un contesto ambientale molto familiare a Monster Hunter. Cacciatori vestiti da capo a piedi con indumenti da guerriero medievale, muoviamo i primi passi in quello che è un Giappone feudale dove la natura è un’esplosione di colori, di flora e di fauna.
Nei primi momenti di gioco il nostro avatar non è visibile in volto (il discreto editor arriverà molto alla svelta, permettendoci di scegliere volto e aspetto del guerriero o della guerriera). Dobbiamo dare la caccia alla prima preda, muovendoci in un lungo corridoio senza possibilità di perderci. C’è spazio anche per i primi combattimenti, assistiti da un tutorial immediato che non interrompe mai il giocato: poche e semplici dritte lasciano che sia il gamer a industriarsi per apprendere i comandi base e metterli in pratica mentre cerca di evitare i colpi della belva di turno.
I kemono sono le fiere micidiali che dovremo cacciare in Wild Hearts. Ad ogni primo incontro l’effetto wow è garantito: gigantesche, assetate di sangue e ciascuna con un pattern d’attacco non immediato da comprendere, sono i più che degni villain della nostra avventura. Per annientarli in sessioni tutt’altro che mordi e fuggi è necessario introdurvi all’altro elemento portante del combat system del videogioco: gli appassionati di tecnologia ameranno i karakuri e la loro complessità che sconfina nella magia.
Il nostro guerriero diventerà presto in grado di padroneggiare questa misteriosa tecnologia, in grado di generare sul terreno di battaglia (anche se i karakuri sono fondamentali anche nei momenti di esplorazione) marchingegni di ogni tipo. Dalle semplici casse per superare pareti (o piombare dall’alto sui nemici) fino a quelli combinati con i quali ottenere una balestra a ripetizione, bombarde aeree, perforatori e altri ingegnosi device davvero in grado di fare la differenza. Ovviamente il prezzo di tutto questo sta in una continua raccolta della linfa, essenza naturale (si trova nelle piante, ad esempio) fondamentale per generare questa creatività distruttrice.
A livello di combat system, Wild Hearts non è complesso come Monster Hunter e questo per molti gamer potrebbe essere un vantaggio. Intuitivo, come anticipato, il sistema va governato con un briciolo di cognizione senza andare lancia in resta sull’obiettivo. Le combinazioni di comandi e l’abilità nell’utilizzare i karakuri giusti rappresentano elementi imprescindibili per un’avventura che non scada nella frustrazione di sconfitte ripetute. Grazie a otto armi complessive, corrispondenti di fatto ad altrettante classi, il giocatore ha un ventaglio di possibilità ampio per apprendere stili di combattimento dinamici.
A livello grafico Wild Hearts è un prodotto solido e ricco. I kemono sono la parte meglio riuscita dell’intero comparto: creature maestose che sfruttano la propria imponenza per scatenare attacchi imprevedibili al primo incontro, con un più che degno lavoro anche su ruggiti e urla di guerra. L’ambiente del Giappone feudale – battezzato Azuma – è rigoglioso, ma non va troppo in là nei dettagli.
Nel caso non fossimo stati abbastanza chiari, il focus di Wild Hearts è il mix tra caccia e combattimento. Anche se gli sviluppatori hanno fatto più del dovuto – se pensiamo agli standard degli hunting games – nel creare una trama sufficientemente intrigante sulla quale non ci siamo permessi alcuno spoiler. Doppiato in italiano, è piacevole da seguire per conoscere di più sull’universo narrativo, sull’origine dei kemono e sulla nostra storia.