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Promotori e coordinatori dell’iniziativa sono Federchimica Assobiotec e Cluster italiano della Bioeconomia Circolare SPRING. Elena Sgaravatti, Vicepresidente Assobiotec, e Mario Bonaccorso, Direttore del Cluster, fanno il punto su questo nuovo modello economico e sociale di cui è protagonista anche Relicta, la startup vincitrice di #SIOS23 Sardinia
C’è Caviro, leader nella produzione del vino, che recupera i sottoprodotti derivati dalla filiera vitivinicola e agroalimentare, trasformandoli in prodotti nobili per l’alimentare, il farmaceutico, l’agricoltura e in biometano. E c’è Marinella con alcune delle sue famose cravatte che profumano di Sicilia, grazie a un tessuto che nasce dalla buccia delle arance, sviluppato da Orange Fiber, azienda sicula impegnata a creare tessuti circolari dagli scarti degli agrumi. Questi sono solo alcuni esempi di bioeconomia circolare, un nuovo paradigma di sviluppo economico e sociale teso ad avviare una riconciliazione con l’ambiente, nel solco della lotta ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità.
Oggi, 25 maggio, in Italia si celebra il Bioeconomy Day, un’iniziativa lanciata nel 2019 da Assobiotec, l’Associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie, e il Cluster SPRING, il Cluster italiano della Bioeconomia Circolare, proprio per raccontare a target diversificati, dalle famiglie alle scuole agli addetti ai lavori, la nuova economia che impiega risorse biologiche rinnovabili nonché caratteristiche e opportunità offerte dalla bioeconomia circolare. La giornata prevede una serie di eventi, iniziative e manifestazioni in diverse città su tutto il territorio nazionale, sia onsite che online. Qui il programma della giornata.
Che cos’è la bioeconomia circolare
La bioeconomia impiega come input le risorse biologiche della terra e del mare, così come i flussi di rifiuti, per la produzione industriale (materiali), energetica, alimentare e mangimistica. «La bioeconomia circolare, di fatto, rappresenta la connessione di due paradigmi, quello della bioeconomia e quello dell’economia circolare», precisa a StartupItalia Mario Bonaccorso, Direttore del Cluster SPRING. Declinata nella logica circolare, la bioeconomia poggia su tre principi: rigenerazione territoriale, salute del suolo e creazione di interconnessioni tra settori diversi. Della bioeconomia, secondo una classificazione europea, fanno parte i settori della produzione primaria, ossia agricoltura, allevamento, foreste, pesca e acquacoltura, e i settori industriali che trasformano le materie prime biologiche, come l’industria alimentare e dei mangimi, quella della cellulosa e della carta, della lavorazione del legno, l’industria chimica e quella dell’energia.
«Dobbiamo essere consapevoli di cosa sia la bioeconomia circolare e del contributo che può portare rispetto alla decarbonizzazione e ad altre sfide cruciali per il nostro presente e futuro. Il Bioeconomy Day è stato istituito proprio con lo scopo di far conoscere questo nuovo modello economico e sociale a pubblici differenti», spiega Bonaccorso. «Abbiamo diversi target, tra cui i politici, che devono conoscere sempre di più quali sono le opportunità offerte da questo meta-settore, in termini anche di crescita industriale e creazione di posti di lavoro, che possono rompere quel legame storico nefasto tra sviluppo economico e tutela dell’ambiente e della salute umana».
In occasione del Bioeconomy Day, in particolare, il Cluster SPRING insieme a Confagricoltura ha organizzato l’evento “La Bioeconomia Circolare: sfide e opportunità per l’agricoltura e l’agroalimentare”, che si terrà a Roma. «Abbiamo invitato una serie di realtà industriali che stanno utilizzando scarti sia del settore agricolo che di quello forestale per sviluppare prodotti innovativi, e le stesse aziende agricole che oggi vedono nella bioeconomia una grande opportunità per differenziare il proprio reddito e farlo crescere in chiave sostenibile», racconta Bonaccorso.
«Del resto, un messaggio che ci piace ribadire sempre nel corso del Bioeconomy Day è che la bioeconomia nasce proprio dall’integrazione tra agricoltura e chimica, e nasce in Italia da un’intuizione di un visionario come Raul Gardini, nel momento in cui il Gruppo Ferruzzi, (gruppo agroalimentare italiano di cui Gardini fu Presidente, ndr) acquista Montedison (colosso della chimica italiana, ndr)». Basti pensare che Novamont, a cui si deve la nostra leadership storica nella bioeconomia, è nata proprio all’interno di Montedison, grazie appunto alla volontà di Gardini di integrare chimica e agricoltura. Vista l’importanza dell’informazione e della comunicazione, sottolinea Bonaccorso, quest’anno il Cluster Spring ha istituito un Premio giornalistico, lo SPRING Media Award, dedicato alla figura di Raul Gardini.
Il ruolo delle biotecnologie
Sconfiggere la fame, consumo e produzioni responsabili, città e comunità sostenibili, lotta contro il cambiamento climatico, vita sulla terra. Sono solo alcuni degli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite per uno sviluppo sostenibile. In occasione del Bioeconomy Day, Federchimica Assobiotec, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari DISTAL di Università di Bologna e Cluster SPRING, in collaborazione con il Cluster Nazionale Agrifood CLAN, hanno organizzato l’evento “Biotecnologie e Sustainable Development Goals nel contesto della Bioeconomia circolare”.
Un appuntamento pubblico a ingresso libero, che permetterà di scoprire il ruolo chiave che le biotecnologie agricole e industriali possono giocare per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile identificati dalle Nazioni Unite, di conoscere i contenuti del nuovo Piano d’azione per l’attuazione della strategia italiana per la bioeconomia, ma anche di approfondire il tema della formazione nelle biotecnologie. L’evento si terrà presso l’Università di Bologna, ma sarà fruibile anche online collegandosi su Teams, a partire dalle 10.30.
«In questa quinta edizione del Bioeconomy Day saremo a Bologna: in un territorio che sta affrontando con straordinario coraggio le tragiche conseguenze del cambiamento climatico», dichiara Elena Sgaravatti, Vicepresidente di Assobiotec. «Qui parleremo anche di come le biotecnologie, motore di innovazione della bioeconomia, possono essere strumento per rispondere a questa e a diverse altre emergenze globali che le Nazioni Unite hanno sintetizzato nei 17 goal dell’Agenda 2030», continua Sgaravatti. «Stime EY dicono che il mercato della bioeconomia in ambito biotech triplicherà, a livello mondo, il proprio valore fra il 2020 e il 2028. I principali Paesi del Vecchio Continente e le più importanti potenze oltreoceano hanno già scelto di puntare su queste tecnologie che sono in grado di conciliare per la prima volta sviluppo sostenibile e crescita economica. L’Italia non può e non deve rimanere indietro».
Secondo Sgaravatti, come key enabling technologies, le biotecnologie consentono di realizzare processi più efficienti sia dal punto di vista economico che dal punto di vista ambientale, e in alcuni casi persino di ottenere prodotti che non potremmo avere impiegando le fonti fossili. In questo senso, per la Vicepresidente di Assobiotec, l’innovazione legata alle biotecnologie risulta strategica soprattutto in risposta alle sempre più evidenti esigenze di produrre di più e meglio con meno risorse e di riduzione dell’impatto dell’attività umana sul pianeta.
Lo stato della bioeconomia circolare
Secondo l’ultimo rapporto “La bioeconomia in Europa” realizzato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster SPRING e Federchimica Assobiotec, nel 2021 la bioeconomia ha confermato la sua rilevanza, generando in Francia, Germania, Spagna e Italia un output pari a circa 1.500 miliardi di euro, occupando oltre 7 milioni di persone. In Italia, sempre nel 2021, la bioeconomia ha registrato un rimbalzo dell’output pari al 10,6%, diffuso a tutti i settori, recuperando pienamente il terreno perso e raggiungendo 364,3 miliardi di euro, circa 26 miliardi di euro in più rispetto al 2019. Stabile l’occupazione a 2 milioni di persone. Su tutto il territorio nazionale oggi sono presenti bioraffinerie integrate uniche al mondo nel loro genere, frutto di investimenti che hanno raggiunto il miliardo di euro e della volontà di riconvertire vecchi impianti industriali dismessi, come quelli petrolchimici.
«Di fatto, la bioeconomia circolare è un pilastro della transizione ecologica ed è più dirompente dell’economia circolare perché tendenzialmente vuole affrancarsi dall’impiego di fonti fossili», sottolinea Bonaccorso, che ne evidenzia anche la resilienza e la capacità di attrarre sempre più investimenti. «ENI, ad esempio, oggi sta investendo in tutta una serie di bioprodotti innovativi, soprattutto nei sustainable aviation fuel, quei biocarburanti che vengono utilizzati per l’aviazione, un settore che ha bisogno di ridurre enormemente la propria impronta ambientale», spiega il Direttore. Ma ci sono anche altri grandi attori internazionali – come Neste, Lanzatech e NextChem, solo per citarne alcuni – che stanno facendo investimenti importanti nella bioeconomia circolare, continua Bonaccorso. Non solo grandi imprese, «ma anche tutta una serie di PMI fortemente innovative, che si stanno affacciando in questo meta-settore».
Passi avanti, inoltre, sono stati fatti sul fronte della formazione di nuovi manager. In questo senso, è fondamentale il ruolo delle università e delle scuole chiamate a formare nuove figure professionali. Anche a livello istituzionale, le Regioni stanno portando avanti diverse misure, come conferma il Direttore del Cluster SPRING: «Nel 2022 siamo stati testimoni e protagonisti dell’aggiornamento delle strategie di specializzazione intelligente, molte Regioni le hanno aggiornate per inserire la bioeconomia come un pilastro delle politiche per far crescere la loro economia». E non bisogna dimenticare che la Regione Campania ospita il primo acceleratore sulla bioeconomia. Nel febbraio del 2022, infatti, è nato Terra Next, il programma di accelerazione per startup e PMI innovative operanti in questo meta-settore. Frutto dell’iniziativa di CDP Venture Capital, vede la partecipazione di Intesa Sanpaolo Innovation Center in qualità di co-ideatore e promotore e il supporto di Cariplo Factory che gestisce operativamente il programma.
Come rafforzare la bioeconomia circolare
Tra le priorità da affrontare, secondo gli esperti, è necessario supportare la ricerca innovativa, favorire il trasferimento tecnologico, lo scale-up, e quindi la commercializzazione dei nuovi prodotti. «Dobbiamo creare un mercato per la bioeconomia, per i bioprodotti, se questo non fosse realizzato rischieremmo di rendere vani investimenti ingenti. Ma c’è anche bisogno di tutelare questa innovazione una volta arrivata sul mercato», insiste Bonaccorso. Per adottare politiche adeguate, inoltre, bisogna predisporre una cornice regolatoria ad hoc. «Ad esempio, mancano i codici ATECO e un sistema di Life Cycle Assessment che tenga conto delle peculiarità dei prodotti biobased rispetto ai prodotti fossili», precisa il Direttore del Cluster SPRING.
«Noi siamo di fronte a quella che possiamo definire la rivoluzione industriale del terzo millennio e ogni rivoluzione industriale è accompagnata da una rivoluzione culturale, che implica un cambio di mentalità, la necessità di capire che il mondo non può più essere governato come è avvenuto nello scorso secolo», spiega Bonaccorso. «Oggi c’è l’urgenza di mitigare gli effetti drammatici dei cambiamenti climatici che sono sotto gli occhi di tutti e quindi dobbiamo avere politiche coerenti, stabili, una visione chiara di come vogliamo il nostro Paese tra 10, 20 e 30 anni, e poi un piano d’azione che ci porti a raggiungere gli obiettivi prefissati».
Sulla stessa lunghezza d’onda è Elena Sgaravatti. «La bioeconomia circolare è oggi un paradigma imprescindibile per evitare sprechi e valorizzare gli scarti. Dai cambiamenti climatici alla perdita di biodiversità, le crisi che stiamo affrontando sono le conseguenze dirette di un modello economico che è rimasto lo stesso dagli albori della rivoluzione industriale», sottolinea la Vicepresidente di Assobiotec. «Occorre ripensare profondamente il modo in cui si crea valore, allontanandosi dall’economia lineare, sostanzialmente estrattiva, ed è necessario un profondo cambiamento trasformativo: abbiamo bisogno di un’economia circolare e rigenerativa su larga scala in piena coerenza con l’approccio ‘One Health’ che oggi ormai tutti riconosciamo come indirizzo strategico per una crescita sostenibile».
Un nuovo paradigma in cui le biotecnologie possono offrire un contributo fondamentale. «All’interno di questo meta-settore, le biotecnologie hanno certamente un ruolo strategico e sono lo strumento per lo sviluppo di un’economia prospera, sostenibile e rispettosa dell’ambiente», evidenzia Sgaravatti. «Mai come in questo momento è dunque necessario e urgente riportare all’attenzione dei decisori questo nuovo paradigma, promuovendo la definizione di piani d’azione che possano tradurre l’enorme potenziale presente da Nord a Sud dell’Italia in applicazioni innovative e sostenibili nell’industria così come nell’agricoltura».