Gli investimenti dovranno essere certificati. Ma al momento manca il decreto attuativo
Nel consiglio dei Ministri di qualche giorno fa il Governo ha limato ulteriori dettagli per il cosiddetto Piano chip, in cui compare anche un incentivo statale il cui obiettivo è sostenere la ricerca certificata sui semiconduttori. Sotto forma di credito d’imposta, beneficerà di un fondo da 530 milioni di euro (diminuiti rispetto ai 630 stimati in un primo momento). Come si legge sul Sole 24 Ore la novità potrebbe tuttavia scontrarsi con alcuni problemi di carattere burocratico: per accedervi le imprese dovrebbero certificare quelle attività di ricerca e sviluppo stando alle regole del decreto 73 del 2022 che si applicano al “bonus ricerca e innovazione” già esistente. Il problema è che manca il decreto attuativo.
Come è stato stabilito dal Cdm, l’incentivo del Piano chip non può essere cumulativo con altri. Gli investimenti sui semiconduttori che contempla riguardano personale, attrezzature e brevetti, mentre non sono ammessi costi relativi alla costruzione di stabilimenti per costruire semiconduttori, tema peraltro delicato in Italia dove ancora si attende di capire che intenzioni ha la Big Tech Intel sul piano per realizzare o meno una chip factory.
Possono accedere all’incentivo anche le aziende italiane che fanno parte di multinazionali estere, a condizione che la ricerca e lo sviluppo sui semiconduttori sia stata condotta in Italia. Il Governo ha infine stabilito la costituzione di un Comitato tecnico permanente per la microelettronica, tra i cui compiti ci sarà anche quello di verificare la situazione legata alle forniture di semiconduttori per prevedere eventuali situazioni di rischio e carenza nei magazzini.